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Divieti e visioni

(Depositphotos)

Da un anno nel comune ginevrino di Vernier è vietato affiggere pubblicità commerciale che risulti visibile dal suolo pubblico. Ciò ha portato allo smantellamento di 132 delle 172 pareti pubblicitarie presenti. Contro questa proibizione aziende e privati avevano fatto ricorso, sostenendo che si trattava di una violazione della libertà economica e della garanzia della proprietà. A inizio luglio una sentenza del Tribunale federale ha però respinto i ricorsi, affermando che il divieto non crea alcuna interferenza con i diritti fondamentali e che, anzi, esso mira a proteggere il paesaggio urbano, a migliorare la libertà di movimento delle persone negli spazi pubblici e a combattere l’inquinamento visivo, tutti obiettivi ambientali e sociopolitici di interesse collettivo. Secondo il Tribunale, le aziende e le imprese di cartellonistica avrebbero inoltre innumerevoli altre opportunità per pubblicizzare i propri prodotti o servizi.

Lo scorso febbraio a Berna il Consiglio comunale ha votato, seppur a stretta maggioranza, a favore di una proposta di divieto simile. In altre città, come Zurigo o Losanna, il tema è attualmente oggetto di dibattito. Il fatto che un simile approccio utopistico stia entrando nel discorso pubblico, trovando addirittura il favore delle massime istituzioni giuridiche del nostro Paese – una cosa fino a pochi anni fa impensabile – indica che ci troviamo davanti a un bivio, alla possibilità cioè di cambiare finalmente il corso di una società, quella occidentale, che ha spinto l’intero globo a imitarla in una gara sempre più frenetica verso il successo economico e lo sfruttamento dell’ambiente e degli esseri umani. Ormai si sa che la crescita infinita è una chimera. Ogni anno la Terra esaurisce molto prima del 31 dicembre le risorse naturali che sarebbe in grado di produrre in 12 mesi: quest’anno la data è fissata per il 1° agosto. E poiché stiamo entrando in un periodo di decrescita demografica, lo sviluppo continuo diventa ancora più insensato, dato che nel prossimo futuro mancheranno i giovani consumatori pronti ad acquistare gli eccessi del capitalismo.

Limitare la pubblicità con l’obiettivo di frenare il consumo è dunque un passo nella giusta direzione: un mondo in mutazione necessita di soluzioni innovative. Dobbiamo però essere pronti a liberarci da dinosauri come le multinazionali e le istituzioni finanziarie onnipotenti e predatrici, che intrallazzano con i governi compiacenti. La Gran Bretagna l’ha appena fatto: coraggiosamente ha fatto piazza pulita di chi sosteneva le élite e toglieva ai poveri per dare ai ricchi. Perché ciò continui a essere possibile anche in futuro bisogna sostenere l’educazione dei cittadini, primo pilastro per il buon funzionamento di una democrazia. Ce lo mostra molto bene la Cortellesi in ‘C’è ancora domani’, un film uscito già da qualche mese, ma destinato a diventare un classico per il suo messaggio universale di riscatto. Ce la possiamo fare.

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