Tutte le guerre sono terribili, in termini di sofferenze dei civili, distruzione, annientamento dei valori umani e imbarbarimento generale, per cui, come dice giustamente il Papa, e prima di lui hanno sostenuto esimi pacifisti, non andrebbero mai avviate, perché sono una sciagura per tutti, aggrediti ed aggressori.
Detto questo, se in caso di aggressione armata è certamente legittimo difendersi, la difesa non va perseguita in maniera sproporzionata, perché altrimenti essa non risulta più dissimile dall’aggressione contro la quale ci si difende, e si passa dalla ragione al torto. È un principio che vale per i singoli individui, in caso di legittima difesa, ma a maggior ragione esso deve valere per gli Stati, soprattutto se si definiscono democratici.
Quello che sta accadendo a Gaza, dopo l’inqualificabile carneficina del 7 ottobre 2023 a danno della popolazione israeliana, da molto tempo non ha tuttavia più a che fare con la difesa e con la prevenzione di aggressioni future, ma appare sempre più come una serie di crimini contro l’umanità. Lo statuto della Corte penale internazionale definisce come tali segnatamente gli omicidi, lo sterminio e i comportamenti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale, se commessi nell’ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili e con la consapevolezza dell’attacco, e a me pare che qui siamo ampiamente dentro questo concetto.
In quasi tre mesi la popolazione di Gaza, che conta circa 2,3 milioni di abitanti, ha visto morire di morte violenta un abitante su cento e ferirne almeno il doppio senza nessun riguardo per nulla e nessuno. L’equivalente per la Svizzera di 87’000 morti e di poco meno di 200’000 feriti in condizioni di mancanza di infrastrutture, mancanza di cibo, mancanza d’acqua, mancanza di cure.
Come si fa ad assistere a un orrore di questa portata senza indignarsi? Non c’è difesa che possa minimamente giustificare un massacro simile, dopo le prime comprensibili reazioni alla terribile operazione di morte di Hamas.
Faccio parte di quella generazione nata a meno di 20 anni dalla liberazione dei campi di sterminio nazisti alla quale è stato insegnato cosa ha prodotto la disumanità contro gli ebrei nel corso della II guerra mondiale, affinché non succedesse più. Come per moltissime altre persone, il giorno della memoria non è mai stato per me una ricorrenza qualsiasi; anche le visite ai vari luoghi che raccontano ancora oggi quella tragedia incredibile, tra cui Auschwitz, non sono state delle passeggiate. Per questo, dopo aver sentito dal ministro della Difesa israeliano Gallant paragonare i palestinesi ad “animali umani”, assistere al massacro sanguinario di cui i media ci riferiscono con orrore tutti i giorni è intollerabile. E come me sono certo che siano tantissimi i cittadini che non sopportano più di vedere quello che stiamo vedendo, perché nessuna lotta ai violenti può giustificare la carneficina che, giorno dopo giorno, sta assumendo proporzioni gigantesche.
Per mettere fine a questo orrore gli Stati si devono muovere, e se non lo fanno sono le popolazioni a dover far sentire la propria voce, scrivendo, manifestando, oppure partecipando al boicotto dei prodotti israeliani e delle imprese internazionali che sostengono questo orrore (la loro lista la si trova facilmente in rete). Come accadde a suo tempo per il Sudafrica dell’apartheid su richiesta degli oppressi di allora, come fecero a metà degli anni 50 i neri afroamericani a Montgomery (Alabama) contro la compagnia dei bus che imponeva a loro la segregazione, almeno finché si giunga a far tacere le armi ed a soccorrere le migliaia di vittime che necessitano di aiuti urgenti.
La peggior cosa, come insegna il memoriale alla stazione di Milano sulla deportazione degli ebrei durante il fascismo, è l’indifferenza.