L’approccio ideologico alla fiscalità, il direttore Ritzer lo esemplifica quando immagina i due sottoscritti parlamentari liberali radicali “seduti attorno a una grossa scrivania di marmo, mentre sorseggiano un drink estivo”. Il riferimento è all’estroso editoriale di venerdì scorso ‘Un’operetta in quattro parti’, critico verso la riforma fiscale cantonale e ironico verso coloro che, convinti della sua urgenza, la sostengono con maggiore vocalità. Si trattasse di un sequel, la prossima puntata racconterà dell’acquario alle nostre spalle in cui nuotano alcuni dipendenti e le sedie in pelle umana (tutto questo da recitare con l’indimenticato tono sospirato di Ugo Fantozzi).
Per nulla “offuscati”, né dai Daiquiri agrumati né dalla risposta del Consiglio di Stato a una nostra interrogazione, ci preme invece riflettere su temi concreti e sulle riforme che sono necessarie per stimolare posti di lavoro e la qualità di vita dei cittadini. Fra queste, di grande attualità, è la fiscalità delle persone fisiche, senza dimenticare l’importanza di quelle giuridiche, ovvero le aziende: l’indotto fiscale permette allo Stato di investire ed erogare servizi.
Una questione complessa, da analizzare con i dati alla mano e razionalità, così come fa il recente Messaggio 8303 sulla modifica della Legge tributaria – senza altri fervori che, loro sì, annebbiano. Della recente proposta del governo, condividiamo innanzitutto il metodo, che individua aree prioritarie di intervento, per poi declinare i provvedimenti necessari per dare al Cantone un codice tributario moderno, in linea con i tempi e con l’evoluzione del concetto di famiglia nella società.
Al termine della conferenza stampa sulla riforma, Ritzer sembra disturbato dall’analisi delle motivazioni che portano i grandi contribuenti a scegliere la propria residenza, dubbioso circa l’opportunità di ridurre l’aliquota marginale massima dal 15,076% di oggi al 12% nel 2025, polemico sul venire meno della riduzione temporanea del coefficiente d’imposta. I grandi contribuenti, però, non sempre seguono i consigli degli editoriali. In Ticino, si limitano a lasciare il cantone per andare a risiedere altrove, un fenomeno pericoloso che va arrestato. Parliamo di chi, costituendo il 2% della popolazione, contribuisce per il 34% al gettito dell’imposta sul reddito, oltre che per larga parte a quello sulla sostanza. Che la fiscalità sia solo uno dei fattori che determinano la scelta della residenza, è certamente vero: un elemento non unico, ma di sicuro piuttosto determinante. Per una conferma, basterà porre la domanda direttamente agli interessati, oppure ai loro fiscalisti, che del fenomeno sono incolpevoli testimoni. E perché poi non dar fede al prof. Samuele Vorpe, quando sostiene che “la fiscalità è l’elemento centrale” al momento di scegliere il domicilio?
Del resto, le statistiche parlano da sole: nel biennio 2020-2022, il numero dei soli globalisti è calato di 129 unità o del 15%. Per i maggiori contribuenti assoggettati a tassazione ordinaria, in prevalenza ticinesi, la situazione potrebbe non essere migliore, anche in conseguenza di quella eccessiva onerosità delle prestazioni in capitale della previdenza che il progetto si propone di plafonare.
E qui ci permettiamo anche noi di esprimere delle preoccupazioni per il ceto medio. Lo abbiamo dimostrato sottoscrivendo e sostenendo l’introduzione della deduzione fiscale dei premi cassa malati per i figli a carico e proponendo l’iniziativa volta a facilitare la successione aziendale verso terzi, ricordando che il tessuto economico del nostro cantone è composto per il 90% da aziende di piccole dimensioni. Più in generale, nel caso continuasse la fuga della minoranza di contribuenti che assicura buona parte delle entrate fiscali, su chi ricadrebbe l’onere di assicurare il livello del gettito fiscale? Essendo che in Ticino i meno abbienti non pagano un franco di imposte, tutto ricadrebbe sulle spalle, ohibò, proprio del ceto medio.
Il fatto è che gestire le finanze di qualunque organizzazione significa pianificare il futuro. L’impatto netto per i conti del Cantone sarà determinato anche, forse soprattutto, dai benefici in termini di gettito derivanti dal saper trattenere sul territorio quel 2% di grandi contribuenti, le loro aziende, il loro indotto, il loro know-how. O addirittura dall’aver convinto nuovi contribuenti a venire a risiedere in Ticino, una volta che sarà passato, per le fasce alte di reddito, dal 21° al 16° rango nell’ambito della concorrenza fiscale intercantonale. Stiamo quindi portando il Ticino nella media svizzera, ben lontano dal diventare una Panama rossoblù.
Forse questi conti li avrà fatti anche il sindaco di Lugano, quando afferma che “il vero rischio sarebbe non fare nulla”. Un rischio da evitare, per scongiurare che un’operetta in quattro parti si tramuti in una tragedia greca.
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Cari Maderni e Speziali,
più presto che tardi è probabile che questa vostra versione ultraliberale del Plrt debba fare i conti con la realtà. Anzi, avete già cominciato a farli alle ultime Cantonali: ragionando e comportandovi da fiduciari durante l'esercizio della funzione pubblica qualche grosso cliente (pardon, contribuente) forse riuscirete a trattenerlo. Ma i voti dei ticinesi andranno ineluttabilmente persi.
Daniel Ritzer