laR+ IL COMMENTO

‘Ticino’s flat tax’, un’operetta in quattro parti

Appare evidente che in questa versione di riforma fiscale sarebbe il ceto medio a dover finanziare lo sgravio a favore dei più benestanti

In sintesi:
  • Il beneficio di maggiori deduzioni per spese professionali verrebbe praticamente azzerato dal ripristino del coefficiente d’imposta al 100%
  • Ma la fiscalità: è o non è l’elemento centrale grazie al quale le persone facoltose decidono di rimanere domiciliati in un determinato cantone?
(Ti-Press)
14 luglio 2023
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Atto primo. Seduti attorno a una grossa scrivania di marmo, mentre sorseggiano un drink estivo, i deputati liberali Cristina Maderni e Alessandro Speziali leggono la risposta del governo alla loro interrogazione sui globalisti. Si soffermano, offuscati, sul passaggio in cui il Consiglio di Stato scrive che “all’origine delle partenze di contribuenti facoltosi non vi sono unicamente motivi di natura fiscale. Così come non è solo la leva fiscale che attira contribuenti benestanti in un determinato cantone”.

Atto secondo. Il direttore del Dfe Christian Vitta apre la presentazione della proposta governativa di riforma della Legge tributaria. Spiega che l’eventuale approvazione della modifica, concepita su quattro pilastri – aumento delle deduzioni forfettarie per le altre spese professionali; riforma dell’imposta di successione e donazione; adeguamento dell’imposizione della previdenza; riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito – avrà un impatto neutro per il Cantone, in quanto sarà utilizzato lo spazio finanziario dato dalla riduzione temporanea del coefficiente d’imposta. Sottolinea poi che il coefficiente è uno strumento di politica finanziaria, adattabile al contesto, “da abbassare quando lo Stato fa utili (si dice avanzi, direttore); da ritoccare al rialzo quando ci sono delle perdite”.

Atto terzo. Accanto al consigliere di Stato, in conferenza stampa, si trova il professor Samuele Vorpe. L’esperto sostiene che per le persone benestanti “la fiscalità è l’elemento centrale” al momento di definire il proprio luogo di domicilio.

Atto quarto. Rispetto ai 33 milioni di franchi di gettito che verrebbero a mancare ai Comuni a partire dal 2025 (quando la riduzione delle aliquote massime entrerebbe pienamente in vigore), il sindaco di Lugano Michele Foletti, in collegamento video, si dice non particolarmente preoccupato: “Il vero rischio sarebbe non fare nulla”.

Uscendo dalla sala, ci si interroga sulle varie contraddizioni contenute nella messa in scena della proposta di riforma della Legge tributaria. Insomma, la fiscalità è o non è l’elemento centrale grazie al quale le persone facoltose decidono di rimanere domiciliate in un determinato cantone? Tendiamo a essere d’accordo con ciò che il governo ha scritto al duo Maderni/Speziali.

Spulciando tra le cifre, poi, appare evidente che in questa versione di riforma sarebbe il ceto medio (quello che tutti i partiti dicono di voler difendere) a dover finanziare lo sgravio a favore dei più benestanti, che avverrebbe tramite la riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito (“Flat tax del 12%”, l’ha definita il professor Vorpe). In effetti, l’ipotetico beneficio derivato dalle maggiori deduzioni per spese professionali dei lavoratori dipendenti verrebbe praticamente azzerato dal ripristino del coefficiente d’imposta al 100%. Per non parlare degli indipendenti, che non riceverebbero nemmeno il “contentino” di maggiori deduzioni. Anzi, per questa categoria ci sarebbe probabilmente un aggravio fiscale. Infine ci sono i Comuni, quelli che non sono ricchi come Lugano, che vedrebbero diminuire il loro gettito e che si troverebbero costretti ad alzare il moltiplicatore, oppure obbligati a scoprire un altro modo per assorbire questi nuovi “oneri” travasati dal Cantone.

Tra l’altro, a proposito di aumento d’imposte e riversamento di oneri sui Comuni: cos’è che diceva il ‘Decreto Morisoli’?