I dibattiti

La calata dei vichinghi

L’arrivo a Lugano di megacontribuenti norvegesi non si spiega con la questione dell’attrattività fiscale

In sintesi:
  • Globalisti in cerca non solo di tasse più basse
  • Letture superficiali dettate dal mito del trickle down
(Keystone)

Che per i contribuenti pagare meno imposte sia un desiderio universale è risaputo. Oddio, non proprio universale se è vero che sempre più ricchi, quelli che vanno a Davos, sembrano invocare un aumento delle imposte sulla loro ricchezza, magari per puro spirito di autoconservazione. Un felice effetto delle lotte sociali in corso? È pure risaputo che chi vuole pagare meno imposte e beneficia di una grande mobilità, fugge dal Paese dove la pressione fiscale è elevata per trasferirsi laddove si pagano meno imposte. Di questo si è parlato a proposito dell’arrivo di ricchi norvegesi in Svizzera e a Lugano in fuga dal loro Paese, reo di avere una fiscalità eccessivamente onerosa. Alla destra locale non è parso vero di poter usare questo fatto per reiterare, come se non bastasse, la sua filosofia fiscale, secondo cui l’unico modo per attrarre i ricchi è quello di sgravarli il più possibile. Le minori entrate per lo Stato saranno più che compensate da maggiori investimenti, maggiore occupazione, maggiore consumo. Naturalmente a condizione che i ricchi contribuenti, più ricchi ancora dal minore prelievo fiscale, destinino le maggiori disponibilità all’economia reale. Ma questo è scontato, dato che ai ricchi preme soprattutto l’interesse generale! Per chi ancora non lo sapesse, questa narrazione si chiama "trickle down", sgocciolamento della ricchezza dal cielo sulla terra.

Un po’ ammaliati di fronte a questa immigrazione di ricchi norvegesi, che finalmente sembra confermare empiricamente la fondatezza della teoria dello sgocciolamento dopo anni in cui nessuno ci era riuscito, abbiamo voluto rassicurarci. A maggior ragione dopo aver letto su un giornale locale che l’unico motivo di tale manna nordica sarebbe il pagamento di meno imposte. Le cose però non sembrano così nette. Secondo il plurimiliardario norvegese Kjell Inge Røkke, trasferitosi a Lugano, è che «abbiamo un trattamento fiscale abbastanza conveniente, ma questa non è l’unica ragione che può spingere uno straniero facoltoso a trasferirsi in Ticino. Abbiamo un bel paesaggio, c’è una qualità di vita superiore ad altri cantoni svizzeri, siamo la città più sicura della Svizzera e siamo al centro dell’Europa. Tutto ciò attira indubbiamente molte persone».

Non siamo ancora alle 500 ore di sole in media annuale che renderebbero la nostra regione irresistibile, ma bisogna ammettere che a spiegare l’afflusso di miliardari dai Paesi a ridosso del Circolo Polare Artico ci sono fattori extrafiscali. Sempre il nostro nuovo concittadino, in una lettera ai suoi colleghi azionisti e dipendenti, spiega come segue la sua partenza: «Ho scelto Lugano come nuovo luogo di residenza: non è né il più economico né ha le tasse più basse, ma in cambio è un posto fantastico con una posizione centrale in Europa».

Due cose ci sembra di poter dire. La prima è che il nostro Paese è effettivamente attrattivo con l’attuale sistema fiscale. La seconda è che la sua attrattività lo è in virtù di questo livello fiscale che permette di finanziare una serie di servizi e di infrastrutture che sembrano proprio quelle che tanto seducono i ricchi. Se il fattore fiscale fosse l’unico motivo, sarebbe legittimo chiedersi perché non emigrino verso destinazioni molto più attrattive.

Secondo i dati delle organizzazioni internazionali, tra le quali l’Ocse, in Svizzera le imposte sulla ricchezza colpiscono un’ampia fascia della popolazione, perché essendo basse le soglie di esenzione sono in tanti a doverle pagare. E già questo distingue la Svizzera da altri Paesi, come la Norvegia, che hanno soglie di esenzione più elevate. Il che forse spiega perché il nostro ricco norvegese abbia lasciato in dono la propria casa a Konglungen alla ex moglie e ai due figli.

Il nostro sistema fiscale, oltre alle imposte sulla ricchezza, è peculiare anche per altri aspetti non proprio marginali. La Svizzera non preleva imposte sulle plusvalenze – capital gains –, il che non è poco pensando alle rendite finanziarie realizzate sui mercati borsistici proprio da questi super ricchi. Inoltre, la maggior parte dei cantoni ha abolito le imposte di successione e di donazione sui trasferimenti ai discendenti diretti. In Ticino l’imposta di successione, salvo per i discendenti diretti, non è stata ancora abolita. Accidenti! A meno che i nostri zelanti consulenti fiscali abbiano sottaciuto quest’ultimo particolare, non sembra che questo balzello abbia scoraggiato l’arrivo dei nostri nuovi ricchi.

Un’altra specificità del sistema svizzero riguarda la tassazione dei cittadini stranieri che sono residenti fiscali in Svizzera (i famosi globalisti) e possono optare per un’imposta forfettaria in molti cantoni, a condizione che non esercitino alcuna attività lavorativa retribuita in Svizzera. Questa imposta forfettaria viene applicata sulla base delle spese e del tenore di vita piuttosto che sul reddito e sul patrimonio. Non sorprende che i globalisti siano così numerosi. Sarebbe interessante sapere quanto pagano alla luce dell’aumento della ricchezza dei più ricchi di questi ultimi anni.

Invece di sproloquiare sulla necessità di abbassare ulteriormente le imposte sui più ricchi, trascurando intenzionalmente gli altri fattori di attrattività, quegli stessi che durante la pandemia, a quanto sembra dall’andamento del mercato immobiliare, sono stati all’origine dell’afflusso di non pochi ricchi, meglio sarebbe fornire qualche dato in modo da poter svolgere analisi approfondite. Degli assistiti si sa quasi tutto, manca solo il numero di scarpe, e poi la stigmatizzazione è completa. Dei ricchi si sa poco o niente, ma tanto loro la ricchezza la fanno gocciolare verso il basso, sulle spalle dei cittadini che pagano le imposte.

Questo contenuto è stato pubblicato grazie alla collaborazione con il blog naufraghi.ch