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Culture diverse, la via obbligata dell’integrazione

Di fronte ai fenomeni di globalizzazione delle culture e dei comportamenti si possono assumere diversi atteggiamenti interpretativi e valutativi, che possono comunque essere concentrati in due linee di analisi e di progettualità: l’interculturalismo e il multiculturalismo.

Il primo pone l’accento sugli eventuali tratti comuni alle diverse civiltà, ma anche sul fatto che i soggetti sono considerati più a livello politico che umano, più come cittadini che come persone; in più, le divergenze che caratterizzano le varie identità culturali sono vissute aproblematico. L’interculturalismo propone un modello di dialogo fondato sul rispetto formale dovuto alle espressioni comunità-identità, sull’accettazione, sulla tolleranza. Ma lo stesso Charles Taylor individua i limiti di questa impostazione, focalizzandoli nella rinuncia al riconoscimento di principi universali non eliminabili, che rendono illegittime alcune espressioni e alcune manifestazioni culturali. Pensiamo ai fondamentalismi terroristici; pensiamo alle conflittualità che nascono dalle situazioni commerciali e produttive nei rapporti con la Cina o con altre nazioni, quando si instaurano linee di scelta interculturale, pensiamo all’India, che, per il momento, agisce con maggior cautela nell’ambito dei brevetti e dei prodotti, ma che incide con grande determinazione nello spazio della qualità e dei costi della manodopera.

E veniamo al multiculturalismo: esso pone l’accento sulla convivenza attiva di culture diverse; si preoccupa delle singole identità culturali salvandole da una globalizzazione soffocante; non fa riferimento a rapporti superficialmente contrattualistici e contingenti fra le culture, ma ha "transduzioni", interscambi che, accanto ai contenuti-saperi, includono anche la dimensione sensoriale, emotiva; rinforza la dimensione del rispetto reciproco rispetto alla precedente proposta; implica adattamenti pragmatici sollecitati dall’evoluzione dei fenomeni e dai loro possibili cambiamenti nel tempo: cambiamenti che possono essere addirittura prestabiliti, concordati, anziché vissuti come imposizioni, come sopraffazioni. L’economia "concreta" appoggia su due pilastri: la produzione, soprattutto quella industriale, e il mercato.

La cultura e le diverse culture possono agire come collante, come strumento di sintesi organica anche negli ambiti dei processi economici: purché si diano da fare nel profondo, purché accettino le istanze del secondo modello qui descritto, purché coltivino il progetto di capire, di assorbire, d’individuare i principi universali che consentano di mettere in luce quanto unisce più di quanto divide. I relativismi rigidi e inscalfibili hanno fatto tragicamente il loro tempo: hanno costruito muri di pietra o di gomma, ma non hanno consentito alcun passo avanti lungo la via dell’integrazione e della compartecipazione.

L’integrazione è viceversa, secondo una definizione dell’Onu, un processo progressivo verso la partecipazione attiva delle persone immigrate alla vita del loro nuovo Paese di residenza, grazie a una conoscenza, un adattamento e una comprensione reciproca da parte sia delle persone arrivate, sia di quelle autoctone.