Ci sono stati ed esistono tuttora no-vax, no-mask, terrapiattisti, persone che negano il cambiamento climatico. Non che esista una coerenza interna tra i negazionismi. Ognuno può, volendo, prendere dal sapere scientifico ciò che più gli risulta utile a confermare e rinforzare la sua personale e soggettiva visione del mondo, rifiutando le altre conoscenze riconosciute come vere quando non gli convengono. Non tutti i no-mask sono per forza terrapiattisti, così come si può credere che il cambiamento climatico esista negando al contempo l’efficacia di una vaccinazione.
La negazione dei fatti, della loro dimostrazione e interpretazione da parte dei saperi e delle scienze socialmente riconosciute solleva però due ordini di problemi strettamente connessi tra di loro: uno di carattere conoscitivo, di ciò che crediamo essere vero e reale, e uno di carattere etico e politico.
Non si vuole negare l’opportunità di discutere pubblicamente se l’obbligo d’indossare la mascherina e di essere in possesso del certificato Covid siano misure eticamente giustificabili e proporzionali in una pandemia. Il dibattito e il confronto democratico può però diventare costruttivo solo se vi sono dei presupposti conoscitivi condivisi e reputati perlopiù veri, quali ad esempio l’utilità delle mascherine e della vaccinazione per affrontare una malattia infettiva, l’inefficacia di altri metodi di prevenzione e cura alternativi, il fatto che un virus possa non essere una semplice influenza stagionale e che una pandemia non sia una costruzione sociale e politica.
Questo vale anche per la questione ecologica. Possiamo dibattere e confrontarci sul futuro nostro e delle nuove generazioni, decidere quali misure implementare, come modificare le nostre abitudini e limitare certe libertà solo se crediamo che il cambiamento climatico esista e sia causato dall’uomo.
La discussione pubblica forse sarebbe meglio non basarla solo sulle nostre percezioni e intuizioni soggettive. Rischiano infatti sempre di esserci delle persone che sosterranno che per le loro percezioni e intuizioni il problema non sussiste ("questo inverno, così come la scorsa estate, non era poi così caldo…"). Le percezioni e intuizioni soggettive non ci permettono infatti di cogliere sempre la realtà delle cose, altrimenti avrebbero ragione i terrapiattisti, visto che quasi nessuno, tranne gli astronauti, percepisce immediatamente la terra come rotonda.
Se in democrazia la posizione di chi basa le sue valutazioni etiche e politiche su delle conoscenze il più possibili oggettive e dimostrate dovesse avere lo stesso valore di verità della posizione di chi nega che queste conoscenze siano vere, la verità e la giustizia sarebbero solo l’opinione della maggioranza, anche se questa fosse falsa e sbagliata. A scuola si potrebbero così iniziare a insegnare le "verità" del terrapiattismo, del creazionismo religioso al posto dell’evoluzionismo darwiniano, la credenza che il cambiamento climatico non sia causato dagli esseri umani e che quindi si può anche non fare nulla.
È proprio all’interno di questo processo radicalmente egualitario e individualista, nel quale ogni opinione ha lo stesso valore di verità, che la liberal-democrazia potrebbe rovesciarsi nel suo opposto e trasformarsi, questa volta realmente, in una società autoritaria e dittatoriale.
Se non si crede che possano esserci conoscenze oggettivamente vere, in quanto conformi a una realtà dei fatti indipendenti dalla nostra soggettività, allora rischiano di vincere le ragioni dei più furbi e/o dei più forti, di coloro che riescono a convincerci meglio manipolando con la loro propaganda la realtà. Possono così venire negate, in nome d’interessi personali, economici, politici e ideologici, l’esistenza di un virus e/o della sua pericolosità, e del cambiamento climatico (nota bene: non che dietro alla produzione e distribuzione di mascherine, vaccini, batterie elettriche, pannelli solari non vi possano essere interessi economici e politici, ma queste non sono ragioni sufficienti per negare la realtà con i suoi problemi e i possibili metodi disponibili per risolverli).
Ciò non significa arrivare al punto di limitare la libertà di credenza, espressione e azione ai vari negazionismi, perlomeno fino a quando il male e il danno lo causano principalmente a sé stessi, e non agli altri e alla collettività, e fino a quando rimangono minoranze. Altrimenti lo stato non avrebbe il dovere d’intervenire per proteggere i nostri diritti, la nostra salute e il nostro benessere attuale e futuro restringendo sempre di più le nostre libertà?
La speranza è che per avere fiducia nei saperi e nelle scienze dimostrate e socialmente riconosciute continueranno a essere sufficienti una corretta, adeguata ed efficace informazione, educazione e trasmissione della cultura e delle conoscenze. Altrimenti l’ideale illuminista potrebbe rovesciarsi nel suo contrario, e non ci resterebbe che auspicare l’avvento di una dittatura illuminata.