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Pandemia e libertà

Da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 molti filosofi si sono cimentati con il problema della compatibilità delle misure sanitarie adottate per contenerne la diffusione con i principi di libertà enunciati nelle costituzioni democratiche. Alcuni pensatori hanno espresso posizioni molto critiche che hanno trovato larga eco sulla stampa e nei programmi radiotelevisivi. Invece di esporre ponderati ragionamenti a sostegno delle loro tesi – che è quel che si dovrebbe esigere da un filosofo – costoro hanno sovente tirato conclusioni affrettate sui provvedimenti adottati dall’autorità politica: sulla raccomandazione dell’uso della mascherina; sul confinamento obbligatorio; poi sui pressanti inviti a vaccinarsi; infine sulla prescrizione del certificato Covid per accedere a determinati luoghi.

Le decisioni adottate per far fronte alla pandemia e per tentare di arginare le tragiche conseguenze della diffusione del virus sono state condannate senza attenuanti da queste filosofe e da questi filosofi. Abbiamo letto, anche alle nostre latitudini, giudizi impietosi sull’operato dei governi democratici. Le critiche prendevano di mira anche gli esperti: medici e scienziati a cui era stato affidato il compito di studiare una strategia di azione efficace e responsabile per combattere o contenere la pandemia. C’è chi ha parlato di dittatura, ritenendo che le limitazioni dei diritti di libertà delle persone fossero una sottrazione ingiusta e ingiustificata; si sono paragonate le scelte dei governi democratici a quelle compiute da uno Stato dispotico come fu l’Unione Sovietica.

La traduzione politica del verbo l’abbiamo ora sotto gli occhi nella propaganda di chi si oppone alla Legge Covid-19 in votazione il prossimo 28 novembre. Si paventa che con la prescrizione del certificato in taluni luoghi pubblici i cittadini siano messi sotto tutela e che coloro che non ne dispongono siano ingiustamente discriminati.

Non nascondo il mio stupore di fronte a questi giudizi. Sorprende soprattutto che chi dovrebbe avere consuetudine con i ragionamenti puntigliosi della filosofia abbia potuto equivocare tanto malamente sull’idea di libertà.

La considerazione più elementare che si può fare è che la libertà umana, in qualsiasi contesto sociale, non è mai assoluta: è sempre limitata. La limitazione viene dall’interferenza possibile di altre persone. È una considerazione che dovrebbe essere nota a chiunque. Fu John Stuart Mill a metà dell’Ottocento a esporla in una delle opere più importanti del pensiero politico occidentale: On liberty (Sulla libertà). Lo scopo di quel celeberrimo saggio era determinare il principio in base al quale regolare i rapporti di potere tra la società e l’individuo. Tale criterio è noto come principio del danno ad altri. Come Mill chiariva nelle prime pagine del libro “il principio è che l’umanità è giustificata, individualmente o collettivamente, a interferire sulla libertà d’azione di chiunque soltanto al fine di proteggersi. Il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri”.

Per quale ragione vige il divieto di fumare nei luoghi chiusi? La risposta è: “Per evitare danno agli altri”.

Per quale motivo dobbiamo esibire il certificato Covid quando ci rechiamo in visita ai nostri cari, degenti in una casa per anziani o in un ospedale? O quando frequentiamo una biblioteca o un museo? Oppure quando svolgiamo attività fisica in palestra o in piscina? Non si tratta di dittatura; né di discriminazione. È palese che lo scopo è di proteggere gli anziani, i malati e gli altri utenti di quei servizi. Lo facciamo per evitare a queste persone i possibili effetti nefasti della pandemia, “per evitare danno agli altri”. Insomma l’obiettivo delle misure introdotte in Svizzera dal Consiglio federale con la Legge Covid-19 non è una sottrazione ingiustificata della libertà dei cittadini. Il loro scopo non è “discriminare le persone” che non si sono vaccinate, bensì contenere il tasso di riproduzione del virus. Chiunque sia in buona fede può facilmente constatare i risultati ottenuti.

Nella sua analisi del concetto di libertà Mill non trascurava di mostrare quante e quali fossero ai suoi tempi le “malintese nozioni di libertà”, cioè le rivendicazioni della libertà in ambiti nei quali essa non può essere giustificata. Al catalogo allestito dall’autore del saggio Sulla libertà oggi dobbiamo aggiungere purtroppo una nuova voce: quella di coloro che, egoisticamente, si oppongono al certificato Covid e con ciò alla ragionevole limitazione della propria libertà personale onde evitare un presumibile danno agli altri; in particolare a quegli altri che, come i malati e gli anziani, sono la parte più vulnerabile della società.