Anche nella Svizzera tedesca e francese è giunta da qualche anno la notizia che nel Canton Ticino vi è un progetto per la costruzione di un centro educativo chiuso per minori ad Arbedo-Castione (Cecm). Il fatto stupisce anche perché in molti Cantoni, quali Zurigo, Berna, Turgovia, Vallese, Vaud e Ginevra, dopo aver realizzato strutture per giovani “delinquenti”, con celle di sicurezza, si è, o si sta per rinunciare definitivamente a un concetto di privazione della libertà carcerario e repressivo.
Allora ci si domanda come mai il Ticino intenderebbe abbracciare un progetto di per sé destinato a fallire perché si richiama a un’ideologia punitiva, repressiva e di conseguenza non adatta ad analizzare i problemi del singolo giovane e del disagio giovanile in generale, che purtroppo sta aumentando.
Nei Cantoni d’Oltralpe, osservando che l’80% e più dei giovani che hanno subito pene detentive sono recidivi, emarginati a livello personale, psicologico e sociale (fino a giungere al pericolo del suicidio), si è giunti alla conclusione che è molto meglio sostenere e potenziare le strutture di intervento e aiuto già esistenti. Assumere più personale specializzato, in grado di lavorare coinvolgendo tutto il campo sociale del singolo giovane in difficoltà (famiglia, scuola, amici, lavoro, tempo libero ecc.) con un intervento che possiamo definire “sistemico”.
L’alta recidiva viene osservata almeno da un ventennio pure a livello europeo e nordamericano, tant’è che numerosi esperti nel campo giuridico, criminologico, pedagogico, sono concordi nel denunciare la carcerazione e la detenzione di minori quale forma obsoleta, contraria alla prevenzione e al reintegro. Oltre a ciò si rimprovera alle autorità per i minori da un canto una mancanza di analisi autocritica e dall’altro un’impotenza (o mancanza di volontà) nel tentativo di voler risolvere il problema dei disagi giovanili seguendo modelli, appunto, non legati a un’ideologia vendicativa e illusoria nell’intento di diminuire dissuasivamente il tasso di «criminalità». Ogni privazione della libertà è un atto grave in sé.
Mi auguro che il Gran Consiglio ticinese non approverà il credito di oltre 3 milioni per il Cecm e che rifletterà e si deciderà a favore di soluzioni alternative.
Vorrei concludere citando Christian-Nils Robert, professore emerito di diritto penale all’Università di Ginevra: “La problematica della privazione della libertà è ancora più delicata quando si tratta di minorenni. I giovani sono per definizione ancora più vulnerabili ai rischi della detenzione. Ritengo che non si è mai abbastanza diffidenti nei confronti della prigione. Pensare di ristabilire una normalità comportamentale in un ambiente anormale mi sembra un’aberrazione. E l’ambiente penitenziario è per l’appunto un ambiente anormale, un ambiente patologico”.