Viviamo in tempi pericolosi. Mai tante persone hanno avuto accesso a tanta conoscenza e tuttavia resistono a un vero apprendimento di qualsiasi cosa. Internet è un magnifico deposito di conoscenze, eppure è anche fonte e facilitatore di disinformazione. I social sono sede di “odiatori” (haters) seriali. L’uno e gli altri sono luoghi in cui in realtà molti, troppi, vanno alla sola ricerca di media che non fanno altro che confermare le proprie convinzioni e i propri pregiudizi. Mai come oggi è necessario che ognuno di noi (per essere migliori cittadini) si dia il compito di accedere giornalmente ad almeno un mezzo di comunicazione che la pensa diversamente da noi1.
Il 13 febbraio voteremo se aumentare il sostegno ai media regionali e locali. Come ticinesi e svizzeri abbiamo almeno tre valide ragioni per votare sì. La situazione di partenza è piuttosto evidente: i media svizzeri sono in difficoltà. La crisi finanziaria a cui si è aggiunta quella pandemica non ha certo aiutato ad aumentare gli introiti pubblicitari che invece confluiscono solo nelle grandi piattaforme internet internazionali e nei quattro grandi gruppi mediatici svizzeri di cui ovviamente nessuno è ticinese. Dal 2003 sono scomparsi più di 70 giornali indebolendo l’informazione locale. Anche il Ticino ne ha risentito (vedasi GdP e Il Caffè).
La prima ragione per votare sì è quindi la tutela delle realtà locali esistenti in Ticino e indirettamente anche della difesa della lingua italiana in Svizzera. Infatti, a beneficiare di questi maggiori aiuti sarebbero i nostri due quotidiani (La Regione, il Corriere del Ticino) oltre alle radio e tv private (Teleticino, Radio 3iii, Radio Ticino). Inoltre, i maggiori aiuti previsti garantirebbero la formazione (anche continua) di giornalisti – in particolare per quanto di nostro interesse – competenti, etici e di lingua italiana.
La seconda ragione è sia ticinese che svizzera. Viviamo in un Paese (a differenza di altre Nazioni) con moltissime associazioni che vivono di volontariato. Tra queste, alcune pubblicano riviste per i propri soci e per un pubblico più ampio. Mi riferisco alle associazioni sportive (e avendo presieduto l’Associazione cantonale di ginnastica ho toccato con mano le difficoltà della rivista Il Ginnasta per fronteggiare i costi di stampa e spedizione, il calo degli sponsor) e a quelle culturali e ambientaliste. Le sovvenzioni andrebbero anche a loro vantaggio.
La terza ragione è che la pluralità dell’informazione e la capillarità della stessa in tutte le realtà locali garantiscono da sé anche l’indipendenza: due giornali locali con visioni di società diverse quando si trovano a commentare un fatto o una decisione politica, si “controllano” a vicenda. Quindi la tesi secondo cui gli aiuti statali renderebbero i media dipendenti dalla volontà dello Stato è fuorviante. Intanto perché sono previste nella legge garanzie di indipendenza di editori e giornalisti e poi perché il rischio è piuttosto che se scompariranno altri giornali regionali e locali, oltre ai posti di lavoro persi, a trarne vantaggio saranno i grandi gruppi mediatici, tutti privati e per questo legati a gruppi di interesse, agli sponsor e comunque di certo meno garanti della pluralità e di una libertà di stampa. Gli altri vincenti sono già oggi le grandi piattaforme internet e social che condizionano ma non informano sui fatti locali. Questi sì che potrebbero risultare interessati a restringere la concorrenza facendo sparire i piccoli. Chi domina i media condiziona la democrazia. Lo Stato finora si è dimostrato più garantista del liberismo più sfrenato dei grandi gruppi.
1 La conoscenza e i suoi nemici: L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia di Tom Nichols.