I dibattiti

Una filastrocca per l’anno che verrà

In margine al Consiglio comunale dicembrino di Lugano dove culla la grande speranza di un ritorno alla normalità

Natale in Città
(Ti-Press)

L’anno 2021 se ne sta andando e con esso l’ultimo Consiglio comunale della città di Lugano lasciando in noi una grande speranza di un ritorno alla normalità. Senza scomodare il Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere di Leopardi, ricorro a una filastrocca del poeta ligure Angiolo Silvio Novaro; una filastrocca dal tono scanzonato, da recitare con i bambini la sera di Capodanno, per dire addio con un sorriso all’anno vecchio e salutare con allegria quello nuovo, così carico di promesse; la potrebbe recitare anche il Municipio ai cittadini di Lugano il 31 dicembre, sotto il maestoso albero di Natale di Piazza della Riforma. Riporto soltanto i primi versi, che già dicono tutto:

L’anno vecchio se ne va,

e mai più ritornerà.

Io gli ho dato una valigia

di capricci e impertinenze,

di lezioni fatte male,

di bugie e disubbidienze,

e gli ho detto: “Porta via!

Questa è tutta roba mia”.

Magari si potesse per davvero “portare via tutto, ma proprio tutto”!

Anche le macerie di un ex Macello, che ancora oggi stanno lì, a guardare le stelle.

E «Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella, se vedi cadere una stella e perché stai guardando il cielo e se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa» (cantava Bob Marley).

Ma cosa crede, oggi, il Municipio? Che tutto sia finito? Che l’“inadeguatezza e l’improvvisazione” (non è un mio giudizio, ma di una ex procuratrice liberale) della nottetempo improvvisata maggioranza dell’esecutivo possano essere portate via dall’anno vecchio che se va? O che il triplice fischio della Corte dei reclami penali chiuda una partita, quella giudiziaria, andata à bout de souffle ai supplementari? Gli errori del Municipio non hanno forse una rilevanza penale, ma rimangono errori, e non soltanto quelli riconducibili alle grottesche comunicazioni ‘claudicanti’.

Non di poco conto è la questione politica, che dovrà avere delle conseguenze perché quanto è accaduto nella notte tra il 29 e il 30 maggio scorsi, l’anno vecchio non può portarselo via. Rimarrà con noi, come le macerie.

Come ha detto il prudente capogruppo del Ppd in Gran Consiglio in una recente trasmissione televisiva: «Pare lunare che in un decreto d’abbandono ci sia scritto che uno stabile sia stato abbattuto per problemi comunicativi tra ‘tetto’ e ‘tutto’. Questo non è serio, è ‘bizzarro’. Ed è incredibile che il giorno dopo nessun l’abbia detto» (Cdt 20. 12.21).

Parzialmente vero. Fanno testo le non poche interpellanze che - come le macerie e gli errori - giacciono da tempo sul tavolo municipale, ma che (si spera prima che poi) dovranno avere delle risposte. Una su tutte: il Municipio ha ancora una sua credibilità e legittimità nel portare avanti una “comunicazione costruttiva” con chi domanda di poter disporre di spazi culturali autonomi nel territorio comunale? Il Municipio spiegherà perché durante la manifestazione NoVax al Tassino e l’occupazione con fumogeni della strada cantonale da parte dei tifosi dello Zurigo le forze di polizia non sono intervenute per far rispettare la legge? E perché chiese (la notte del 29 maggio) l’intervento delle forze di polizia da altri cantoni? Inoltre il Municipio svelerà a quanto ammontano finora i costi causati dalla demolizione del centro sociale all’ex Macello (compresi i vari indennizzi alla ditta di impianti elettrici, alla società di sicurezza privata dedita alla sorveglianza del sedime, ecc. ecc)?

Non credo, come mi disse l’altro giorno un amico bontempone, che il lodevole Municipio della nona città svizzera, del terzo polo finanziario e del principale centro urbano cantonale della Svizzera italiana continui a trincerarsi dietro a formalismi, ribadendo quanto già affermato in precedenza, cioè che «non può rispondere fino alla fine delle indagini condotte dalla magistratura» et similia. No, non lo credo, non lo voglio credere, non lo posso credere perché il Municipio è un organismo politico eletto dai cittadini, non un consiglio di amministrazione; e non lascerà che l’anno nuovo faccia spallucce e dica «Questa è tutta roba dell’anno vecchio, non è mia».

Le macerie stanno sempre lì, a guardare le stelle, come le interpellanze dei consiglieri comunali, a cui il Municipio deve rispetto.

Aurelio Sargenti, consigliere comunale PS