Meno Stato e quindi meno spese. L’idea è intuitiva e può sembrare seducente. Ma cosa significa concretamente per il Cantone Ticino risanare i conti in fretta e furia tagliando solo alcune determinate spese, come richiesto dall’iniziativa parlamentare Udc?
Nel testo si indicano tre voci su cui abbattersi: spese del personale, beni e servizi e spese di trasferimento “sussidi”.
Non entro particolarmente nel merito della riduzione lineare delle spese del personale che significherebbe di fatto ridurre la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese: più attesa, risposte meno accurate, meno salari versati e quindi meno imposte incassate e pericolo di disoccupazione.
Non entro in merito nemmeno dei tagli agli investimenti necessari per rilanciare l’economia del nostro Cantone, dopo una crisi congiunturale legata al Covid, e per correggere lacune strutturali ben più profonde: è il momento di investire, non di tagliare!
Cerco invece di esplicitare come potrebbero essere colpiti direttamente tutti gli Enti che svolgono importanti prestazioni a beneficio dei cittadini. Tutte realtà economiche che lavorano secondo norme di efficacia ed efficienza e che – avendo grattato il fondo – hanno unicamente tre margini a disposizione per ulteriori risparmi: o aumentare il prezzo a carico dei cittadini, o diminuire l’offerta o diminuire le spese di personale e quindi la qualità delle prestazioni.
Ecco alcuni esempi concreti:
• Le case per anziani dovranno ridurre il personale di presa a carico: meno attenzione alle cure, meno tempo per sostenere umanamente le persone, meno attenzione ai progetti di promozione del buon trattamento. Oppure, in alternativa, meno posti a disposizione e rette più alte.
• I servizi di cura e aiuto a domicilio, i servizi spitex e gli enti di appoggio subiranno una riduzione dei sussidi. L’invecchiamento della popolazione invece non si fermerà e così molti bisogni rimarranno scoperti. Penso ai bisogni di cure infermieristiche a domicilio, ai centri diurni Alzheimer, al sostegno ai famigliari curanti, ai trasporti per persone con mobilità ridotta, alle consulenze pediatriche, alle prestazioni di economia domestica, alle attività ricreative di volontariato, alla consulenza sociosanitaria alla popolazione.
• Gli istituti per invalidi potrebbero essere toccati pesantemente: meno personale di accompagnamento, meno possibilità di partecipazione sociale, meno integrazione e meno qualità di vita per le persone con disabilità. Meno attenzione alla prevenzione e i nuovi progetti innovativi inclusivi saranno verosimilmente bloccati.
• I centri educativi minorili, gli asili nido e i centri extra-scolastici potranno disporre di meno personale e quindi meno sicurezza dei bambini. I prezzi e le tariffe aumenteranno. Soprattutto, non sarà possibile incrementare l’offerta e quindi migliorare la conciliabilità lavoro-famiglia, così importante per le famiglie e per l’economia.
• Il contratto di prestazione con l’Eoc e i contributi alle cliniche private saranno rivisti verso il basso. Siamo veramente disposti a diminuire la qualità delle cure ospedaliere e ambulatoriali in Ticino? Cosa succederà alla prossima pandemia?
• I contratti di prestazione con le aziende pubbliche di trasporto saranno ridotti. I prezzi aumenteranno e l’offerta diminuirà. I collegamenti nelle zone discoste saranno i primi a essere toccati.
• I contratti con Usi e Supsi saranno ridotti proprio nel momento in cui occorre investire nella formazione di punta per fornire ad una nuova economia di qualità personale ben formato.
Questi, sono solo alcuni esempi concreti di cosa possa significare realmente concentrarsi unicamente su alcune spese in maniera rigida e vincolata. L’equilibrio finanziario va cercato, certo, ma esso deve essere il frutto di un lavoro approfondito, attento e curato che implichi la partecipazione anche della società civile. Agendo su spese e su entrate in maniera equilibrata.
Non basta uno slogan elettorale.