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Offerta di centri extrascolastici, ‘c’è ancora lavoro da fare’

La Coff individua grandi differenze rispetto alla disponibilità dei servizi e dell’onere finanziario a seconda del luogo di domicilio

(Depositphotos)
12 agosto 2021
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Salti mortali fra lavoro e famiglia. È quello che si ritrovano spesso a fare genitori di uno o più bambini. Molti di loro, oltre ad amici e familiari, si affidano ad asili nido, centri extrascolastici o famiglie diurne per riuscire a far combaciare i vari impegni quotidiani. Un documento della Commissione federale per le questioni familiari (Coff), basato sullo studio dell’istituto di ricerca Infras, fa il punto della situazione nella Confederazione. Ne risulta una grande differenza in termini di disponibilità di servizi di custodia e di onere finanziario per le famiglie a seconda del luogo di domicilio e rispetto ad altri Paesi. Abbiamo chiesto a Marco Galli, capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani e a Roberto Sandrinelli, aggiunto al direttore presso la Divisione dell’azione sociale e delle famiglie, a che punto è il Ticino su questo tema.

Il modello ticinese di finanziamento è buono? Come si posiziona rispetto agli altri cantoni?

Galli: Secondo lo studio Infras il modello ticinese è piuttosto simile a quello di alcuni cantoni romandi dove c’è un finanziamento alle strutture e un aiuto soggettivo alle famiglie, con il coinvolgimento del Cantone, dei Comuni e delle imprese. Infatti, a seguito della riforma fiscale sociale, c’è un fondo alimentato dalle imprese: questo aiuta a investire nel settore.

Sandrinelli: Va detto che questi servizi sono ancora visti come elementi per rispondere a un bisogno conciliabilità tra gli impegni familiari e quelli professionali. Sempre di più però i servizi offerti – dalle mamme diurne, ai nidi, ai centri extrascolastici – risultano essere importanti e interessanti per lo sviluppo del bambino. In questo senso nei prossimi anni vi è da attendersi, come già avvenuto in alcuni Paesi europei, un’evoluzione del settore affinché il tutto diventi un’offerta di prestazioni e di servizi rivolti ai bambini per la loro crescita e formazione, e non solo per rispondere a problemi di conciliabilità. Quando e se avverrà questo cambio di paradigma, potremmo cominciare a immaginare che diventino delle prestazioni universali garantite dall’ente pubblico, o anche dall’economia. La partecipazione finanziaria dei genitori verrebbe dunque meno o meglio, si pagherebbero queste prestazioni con le imposte.

Com’è evoluto il settore negli anni?

G: Per quanto riguarda nidi e micro nidi l’offerta è quasi raddoppiata rispetto al 2010. Per i centri extrascolastici, siamo passati da 14 strutture nel 2010 a 29 nel 2021. Il contributo del Cantone per tutte queste strutture, comprensivo anche del fondo delle imprese, era di 5,9 milioni di franchi nel 2010, adesso siamo a 21,5 milioni. In più ci sono i contributi comunali tramite gli incentivi che sono ora altri 4,6 milioni.

S: Se per i nidi dell’infanzia stiamo arrivando a un buon equilibrio fra domanda e offerta, occorre invece ammettere che nel settore dei servizi extrascolastici c’è ancora molto lavoro da fare. Attualmente disponiamo di 29 strutture, ma si stima che il fabbisogno potrebbe essere di 60 o 70 per coprire capillarmente tutto il territorio. Il lavoro di sviluppo dell’offerta necessita circa una decina d’anni, perché il settore deve essere sviluppato di concerto con i Comuni.

E riguardo ai costi per le famiglie?

G: Con l’aiuto della riforma sono circa 6’600 le famiglie che ricevono gli aiuti soggettivi, di queste circa un terzo riceve anche quelli per l’assicurazione malattia. Queste ultime famiglie, nel caso ad esempio avessero precedentemente una retta a tempo pieno di 1200 franchi al mese per l’asilo nido, ne pagherebbero attualmente 660. Ciò ha reso più accessibili questi servizi anche alle famiglie con un reddito medio basso.

Si parla anche di qualità delle strutture.

S: La qualità è cresciuta tanto e passa attraverso vari indicatori: la formazione del personale, le strutture, le attività, l’impostazione pedagogica.

G: Il nostro Cantone ha vincolato dei sussidi a dei criteri qualitativi: coi tre quarti di personale formato si riceve un sussidio maggiore. Ora questo tipo di personale rappresenta più dell’85 dei lavoratori sul territorio. Il cantone interviene anche con dei sussidi tra il 30 e il 50 per cento per tutto quello che sono le infrastrutture. Questo permette di avere una qualità maggiore degli spazi, dei giochi e degli arredi. Inoltre tutto il settore ha investito nella formazione continua con Supsi, Atan e Cemea. Il focus va messo sul benessere del bambino che va garantito.

Per quanto riguarda sia l’extrascolastico che i nidi si parla nel rapporto di una grande differenza tra zone centrali e periferiche. In Ticino c’è questa differenza di servizi?

S: Sì, nelle zone cittadine si concentra la maggior parte della popolazione e dunque dei servizi. Col tema dello spopolamento delle valli c’è un problema di massa critica: non è sostenibile aprire un centro extrascolastico per 4 o 5 bambini. È pertanto necessario che più Comuni periferici si uniscano per realizzare questi progetti.

Cosa si sta facendo per rendere più accessibili nidi e centri extrascolastici?

S: Vengono dati degli incentivi a chi fissa le rette in base al reddito. Tra atti parlamentari, iniziative popolari, un controprogetto e Comuni che sviluppano progetti, si vede che sono temi di grande priorità nell’agenda politica. Inoltre questi servizi sono importanti per favorire l’integrazione: i bambini hanno occasione di vivere la realtà del nostro cantone e di conseguenza vengono coinvolti anche i genitori.

G: Stiamo lavorando sempre più anche sull’inclusione, in particolare di bambini con bisogni specifici: questo tipo di esperienza è benefica per tutti.

Quali sono gli obiettivi attuali?

G: I nostri quattro assi di sviluppo sono l’aumento dell’offerta, l’aumento della qualità e della formazione, l’accessibilità delle strutture con gli aiuti soggettivi e le rette in base al reddito e il miglioramento delle condizioni salariali del personale educativo impiegato. I dati mostrano quanto sta investendo il Cantone.

Dopo aver letto le raccomandazioni della Coff, avete qualche autocritica riguardo al Ticino?

G: Una lacuna che avevamo riguardava gli stipendi del personale educativo. Ora, col dibattito su un contratto collettivo e sussidi maggiori, si sta permettendo di creare dei posti più attrattivi per il personale residente e condizioni migliori per tutti. Poi dovremo continuare a diffondere maggiormente l’uso delle rette in base al reddito in modo da sostenere il più possibile soprattutto le famiglie monoparentali.

S: Con la nuova legge delle famiglie del 2006 è stato recuperato un ‘gap’ nel settore che prima era piuttosto importante rispetto ad altri cantoni. Oggi il Dipartimento della sanità e della socialità, unitamente al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio, ritengono lo sviluppo di questi servizi fra le priorità della politica familiare.