Mentre Bitcoin continua la sua inarrestabile ascesa e probabilmente assisteremo al raggiungimento di nuove quotazioni record, nei mesi scorsi come nei giorni più recenti, sono successi fatti di importanza rilevante per il settore delle valute digitali. Da una parte l’adozione di Bitcoin come valuta legale (assieme al dollaro) per la prima volta da parte di uno Stato: El Salvador. Dall’altra la Cina che ha proseguito la sua battaglia senza sosta contro le criptovalute, bandendo e di fatto cacciando dal Paese i cosiddetti minatori (coloro che grazie alla enorme potenza di calcolo di cui dispongono fanno funzionare la tecnologia che sta alla base, la blockchain). Dietro questo accanimento c’è il chiaro intento di rimuovere eventuali potenziali competitors prima della creazione della Yuan digitale e di eliminare qualcosa che per lo Stato cinese non è controllabile. Infine la Sec, l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza dei mercati finanziari, che a precisa domanda, ha dichiarato di non avere nessuna intenzione di vietare le criptovalute. Secondo alcuni osservatori, qui c’è un approccio diametralmente opposto alla Cina dove invece, forse, si vuole attirare e promuovere questo settore intravedendo il suo enorme potenziale. Dulcis in fundo, proprio nei giorni scorsi abbiamo assistito al blackout di Facebook e della sua costellazione formata da WhatsApp e Instagram, provocando il panico dei suoi (circa) tre miliardi di utenti.
Ma cosa c’entra questo ultimo fatto con il Bitcoin e il mondo delle criptovalute? C’entra eccome.
Oggi il mondo tradizionale, i sistemi finanziari, la tecnologia stessa, Internet e tutto ciò che vive al suo interno, si basa prettamente su sistemi centralizzati. Per ciò che attiene ai colossi di Internet, la centralizzazione è diventata qualcosa di enorme e rischia di diventare fuori controllo. Oltre ai nomi già citati, pensate a Google o al da lui posseduto YouTube, oppure ad Amazon. Basta un problema tecnico, un errore all’interno di una qualche procedura, oppure un attacco hacker ben articolato, che tutto si blocca con conseguenze che non si limitano a qualche ora di salutare astinenza dai “social”. Vi sono ingenti perdite finanziarie (in borsa e anche per chi appoggia il suo business su queste piattaforme) o danni alla privacy e fuga di dati sensibili, dati che finiscono nelle mani di chi non dovrebbe averli, provocando ulteriori problemi a catena. Pensate allo scandalo Cambridge Analytica dove una mole impressionante di dati personali di utenti di Facebook furono trafugati e utilizzati nell’ambito delle precedenti elezioni americane.
Bitcoin e la sua tecnologia sottostante, la blockchain, risolve in parte alcuni di questi problemi grazie a una delle sue caratteristiche principali: la decentralizzazione. Come dice il termine stesso decentralizzato è qualcosa che è immune a un controllo centrale e per definizione i protocolli decentralizzati sono i più resilienti.
Nei quasi dodici anni di esistenza della blockchain di Bitcoin mai è successo che il suo funzionamento avesse un blackout o un qualsiasi blocco o problema e mai è successo che qualcuno riuscisse ad hackerarla o a modificare i dati in essa contenuta. Se ci sono state problematiche esse sono successe nelle piattaforme di scambio di criptovalute proprio perché esse sono centralizzate e nulla hanno a che vedere con la blockchain o in quelle dove vi è l’elemento umano, perché, ricordiamolo, l’uomo è sempre l’anello debole.
Un esempio di decentralizzazione sono Element, Matrix o Signal, applicazioni di messaggistica che chiunque può scaricare, basate sulla tecnologia peer-to-peer e open source. Queste difficilmente smetterebbero di funzionare per un problema come quelli esposti sopra, WhatsApp invece lunedì scorso è stato “down” per 6-7 ore e non è la prima volta.
Immaginate ora l’enorme potenziale della blockchain per infiniti campi di applicazioni e capirete perché le criptovalute e la loro tecnologia sono qui per restare per sempre e per portare beneficio a tutto e a tutti. Limitarsi a guardare le fluttuazioni di prezzo e la speculazione o a denigrarla solo perché si fa fatica a comprenderla, significa chiudere gli occhi al progresso e all’innovazione.
Agli inizi di Internet, nei primi anni 90, mai avremmo pensato che non avremmo più acquistato un giornale o che mai più avremmo noleggiato un dvd. Lo stesso impatto provocato da Internet, ancora più grande e potente lo avrà la blockchain, in settori come la finanza o la sicurezza informatica e in tantissimi campi di una lunga lista che è inutile menzionare ora per motivi di spazio.
Chissà se Satoshi Nakamoto, il creatore di Bitcoin, esiste davvero e se un giorno si manifesterà: sarà il momento per dirgli grazie per avere creato l’invenzione del secolo e per consegnargli il Premio Nobel per l’economia.