Bellinzona: attenti agli appartamenti, rischiano di essere troppi nel comprensorio cittadino
Sul futuro del sedime industriale ottocentesco di Bellinzona ne abbiamo lette ‘di ogni’. La maggior parte degli interventi riguardavano l’ipotesi di destinare una grande fetta all’edificazione di un nuovo quartiere abitativo promosso dalla Ffs Immobili Sa. Affidare a una società anonima l’edificazione di una così estesa area residenziale è però un azzardo. Se ai suoi 250 appartamenti aggiungiamo quelli di competenza della Città, e quelli nuovi già sorti alla Geretta, nonché quelli immaginati alle Ferrerie Cattaneo, oltre a quelli ai lati del nuovo svincolo autostradale, e altri previsti qua e là nella regione, il parco alloggi aumenterebbe di circa 10'000 unità. Sproporzionato! Se il settore immobiliare vuole garantire investimenti di tale portata, andrebbe perlomeno invitato dalla politica a diversificare l’offerta.
Preferendo concentrarmi su altri contenuti, ripenso ad alcune coinvolgenti idee dibattute nel tempo. Penso al centro congressuale appoggiato al vetusto Teatro Sociale disegnato da Aurelio Galfetti che sollevò un polverone e rischiò lo scisma: finì in un cassetto anche se sostenuto dalle autorità. Il tema tornò d’attualità quando Mario Botta presentò il suo progetto di albergo congressuale in Piazza del Sole. Fra i promotori c’era Migros Ticino. A quei tempi parecchi studi parevano indirizzare la destinazione Bellinzona, ancora sotto choc per la perdita della caserma, verso uno sviluppo turistico che a detta dei più era una delle poche opzioni per il rilancio economico della città. In questo senso la prospettiva ‘turismo congressuale’ era condivisa, anche perché complementare a quella prevista a Lugano, rivolto al mercato dalla sua albergheria di lusso. La città-capitale, faro dell’italianità in Svizzera, mirava invece a una clientela istituzionale: assemblee nazionali, convegni e seminari legati alla lingua, alla cultura, allo sport, alla ricerca. Non dimentichiamo che era il periodo in cui nasceva l’Irb.
Ma poi l’ostruzionismo politico affossò il progetto. E allora, perché non recuperare quei progetti? Perché non immaginarsi un centro congressi nella grandiosa ‘cattedrale’ del nuovo Quartiere Officine, una piazza coperta, sobriamente restaurata e scevra di interventi tipo aiuole e fontanelle? È un po’ quanto realizzato con la Viscose di Emmenbrücke e con la Maag Halle di Zurigo. L’officina potrebbe accogliere svariati eventi istituzionali, ricreativi e commerciali: assemblee, congressi, concerti e spettacoli di ogni genere. La nuova struttura non dovrà ovviamente cannibalizzare quelle già attive nella regione.
E poi penso ai recenti dibattiti sul ‘vecchio ospedale’ di Ravecchia e mi chiedo se taluni attuali padiglioni che verranno abbandonati non potrebbero ospitare alcuni di quei propositi: centro giovanile, sale espositive, alloggi e atelier per artisti, spazi dedicati alla multimedialità, all’artigianato, alle startup e via dicendo. Una cittadella della creatività. Gli edifici storici salvati diverrebbero un itinerario sull’archeologia industriale. E l’albergo congressuale dove lo piazziamo? A me sembra evidente che, a rigor di logica, l’unico stabile che dovrebbe svettare oltre i quattro piani di tutta l’area delle ex Officine dovrebbe sorgere vicino alla stazione ferroviaria e quindi di competenza della Ffs Immobili Sa. Perché non una nuova torre? Riuscirà la città a convincere i partner a investire in settori che non siano esclusivamente residenziali?