Bellinzonese

Nuovo quartiere di Bellinzona, ‘posti di lavoro per giovani’

Il municipale Simone Gianini risponde alle obiezioni di natura politico-istituzionale rivolte al progetto ‘Porta del Ticino’

Il municipale Simone Gianini durante la recente presentazione del progetto in piazza del Sole (Ti-Press)
26 novembre 2020
|

Dopo aver raccolto alcune voci critiche sul progetto ‘Porta del Ticino’ presentato nelle scorse settimane da Città, Cantone e Ffs – vedi la ‘Regione’ del 27 ottobre (intervista a Gian Paolo Torricelli), del 31 ottobre (Ronnie David), del 7 novembre (Felice Zanetti) e del 14 novembre (Brenno Martignoni) – e pubblicato il 21 novembre le risposte tecniche dell’architetta Sabrina Contratto, presidente del collegio di esperti che lo ha selezionato al termine di una procedura di mandato di studio in parallelo, sottoponiamo oggi a Simone Gianini, capodicastero Territorio e mobilità, le obiezioni di natura più politico-istituzionale. Il municipale premette che si è ancora nella fase di studio pianificatorio, «e quindi ben lungi dal dettaglio architettonico di volumi ed edifici che scaturiranno dai concorsi di architettura per i singoli lotti da realizzare a tappe su un periodo di 30-40 anni». Inoltre «la pianificazione del comparto fa parte dell’accordo complessivo che comprende anche la costruzione della nuova officina Ffs a Castione».

I due temi «sono legati ed entrambi altrettanto importanti: dopo anni di stallo si è riusciti a trovare una soluzione che permetta la salvaguardia di oltre 200 posti di lavoro sul lungo termine per la manutenzione dei nuovi treni a Castione e parallelamente di pianificare, in base ai principi di un miglior utilizzo delle zone centrali ben allacciate ai servizi e alla rete di trasporto pubblico, un’area di 120'000 metri quadri a fianco della stazione di Bellinzona. Un comparto oggi interamente di proprietà Ffs, di cui oltre la metà diventerà di proprietà di Cantone e Città per la realizzazione di contenuti d’interesse pubblico, in particolare un polo dell’innovazione, oltre a servizi amministrativi, di ricerca e formativi. Contenuti tali quindi da dare ulteriori prospettive di lavoro qualificato ai nostri giovani che oggi, non di rado, sono invece costretti ad andare o restare oltre Gottardo».

Il ‘problema nel manico’, stando al geografo Gian Paolo Torricelli, sarebbe proprio l’accordo siglato da Ffs, Cantone e Città per la spartizione delle rispettive aree di competenza e loro utilizzo futuro. Una soluzione pianificatoria calata dall’alto che lascerebbe poco spazio a eventuali suggestioni della società civile nella fase in cui si andavano a formare le idee sui contenuti. Perché è stata scelta questa strada?

Chi afferma ciò - e spesso si tratta di chi era già contrario allo spostamento delle Officine a Castione - forse dimentica che quell’accordo sfociato nello stanziamento rispettivamente di 20 milioni da parte della Città e 100 da parte del Cantone (e il resto a carico di Ffs e Confederazione) per la realizzazione di un nuovo stabilimento industriale che ne costerà quasi 400, ma anche i futuri contenuti del comparto cittadino, sono stati sottoposti e poi approvati sia dal Consiglio comunale, sia dal Gran Consiglio, sia dalla popolazione ticinese (compresa quella di Bellinzona) che nel maggio 2019 ha respinto l’iniziativa popolare ’Giù le mani dalle Officine’. I contenuti sono inoltre in linea con quanto prevede il Piano regolatore di Bellinzona in caso di riconversione del comparto.

Insomma altre vie virtuose, come quella citata dall’ex vicesindaco Felice Zanetti riferita a Zugo che ha preliminarmente coinvolto la popolazione per definire il recupero di un vecchio comparto industriale, non potevano essere prese in considerazione?

Ogni progetto di tale portata fa storia a sé e ha già risposto bene l’architetta Contratto, indicando l’opportunità di una consultazione quando sono però anche disponibili punti di riferimento su cui discutere. Tenuto conto delle circostanze e delle tempistiche (qui piuttosto strette, data la finestra di opportunità da sfruttare per avere la manutenzione della nuova flotta Giruno a Castione), le procedure di concorso, informazione e coinvolgimento, tutt’ora in corso, vengono implementate al meglio possibile. D’altronde, sulla base di quanto votato dal Consiglio comunale e dal Gran Consiglio, è stato effettuato (per la prima volta a Bellinzona, ispirandosi a esperienze di successo d’Oltralpe, proprio anche a Zugo) uno studio in parallelo con cinque dei dieci gruppi interdisciplinari che, da tutt’Europa, hanno partecipato al concorso. Su queste prime visioni è stata allestita una mostra visitata da oltre 4'500 persone, vi è stata una serata di dibattito pubblico e a breve sarà avviata un’ampia consultazione sui principi del progetto vincitore che pure permetterà di calibrare la variante di Pr, in particolare per le tappe realizzative, il riutilizzo transitorio di edifici esistenti, il contenuto della Cattedrale, lo sviluppo del parco centrale di 25'000 metri quadrati e gli altri contenuti di sostenibilità ecologica e sociale del progetto.

Ma proprio pensando al coinvolgimento della popolazione, adesso non è tardi? Se in questa fase consultiva i bellinzonesi sollecitassero, come fatto da Brenno Martignoni da queste colonne, l’inserimento di un'area aperta per eventi pubblici a grande richiamo, sareste pronti a chiedere alle Ffs di rinunciare a loro edifici di reddito?

La vasta area per eventi pubblici, di carattere culturale e aggregativo, è prevista: oltre al parco centrale, la Cattedrale di oltre 3'000 metri quadrati sarà di proprietà della Città e i suoi contenuti saranno definiti dopo la consultazione. Letta la vostra intervista a Martignoni, posso tra l'altro preannunciare che l’Orchestra della Svizzera italiana, su nostro contatto di diversi mesi fa, ha già visitato la struttura e non escludiamo un primo puntuale assaggio già nel prossimo futuro, per iniziare a sognare le dinamiche culturali e sociali che si potrebbero aprire dal 2026 in quel comparto. Comparto che, lo ricordo, si trova in pieno centro e va quindi sfruttato al meglio per contenuti non solo aggregativi, ma in primis, pensando alla parte di proprietà cantonale, per l’insediamento della sede ticinese del Parco svizzero dell’innovazione il cui Consiglio di fondazione ha approvato proprio ieri la candidatura di Bellinzona, così come di istituti di ricerca e di formazione di livello universitario. La forza del progetto non dovrà essere soltanto la possibilità di svago e divertimento, ma soprattutto la creazione di posti di lavoro.

Tuttavia c’è chi sostiene che versando rispettivamente 20 e 100 milioni quale sostegno finanziario alla nuova Officina Ffs di Castione, e lasciando alle Ffs la parte più redditizia dell’attuale comparto industriale per appartamenti, uffici e negozi, in realtà Città e Cantone si sarebbero piegati al diktat delle Ferrovie.

Nessun ‘diktat’, ma una soluzione complessiva tra partner tesa a realizzare un moderno stabilimento industriale a Castione, finanziato con gli stanziamenti soprattutto di Confederazione e Ffs, parte dei quali da conseguire con i contenuti delle superfici che rimarranno di loro proprietà. Sui terreni che Città e Cantone riceveranno in contropartita sono previsti contenuti formativi, di ricerca, amministrativi, culturali e aggregativi. Proprio ciò che, coralmente, viene richiesto anche da chi ha sollevato quelle critiche. O, chi asserisce che la parte ‘redditizia’ sarebbe quella delle Ffs, intende forse dire che anche Città e Cantone dovrebbero costruire ulteriori appartamenti a reddito?

Se da una parte si può apprezzare l’idea di vasto parco verde centrale e di apertura verso il quartiere San Giovanni, c’è chi teme l’effetto ghetto dovuto ai palazzi. Per relax e svago non sarebbe meglio la golena?

Se si esaminasse meglio il progetto e si leggesse il rapporto degli esperti, ci si accorgerebbe che il parco è sì il cosiddetto gesto forte di apertura del comparto attualmente inaccessibile alla popolazione; ma la permeabilità è poi garantita anche da altri elementi, come ad esempio i viali e le corti pubbliche tra gli edifici, i pianterreni dedicati a servizi e commerci, la Cattedrale a far da fulcro aggregativo e il viale Stazione completato verso nord con la stazione quale perno della mobilità. Insomma, una vasta area di relax e svago urbano, d’interazione con i contenuti pubblici, complementare e perciò ben diversa dalla golena, che confidiamo a quel momento essere tra l'altro già stata riqualificata grazie al progetto di parco fluviale.

Quali misure sono previste dal profilo urbanistico ed economico, magari pensando al Programma d’azione comunale (Pac), per evitare di avere un nuovo quartiere proiettato nel futuro e una immediata periferia (viale Stazione?) a rischio deprezzamento dei contenuti commerciali e abitativi? Infatti il consigliere comunale dei Verdi Marco Noi indica un Pac con al centro una grande incognita di nome ‘Porta del Ticino’ la cui variante di Pr rischia di venire ridimensionata da un referendum.

Il Pac, che affronta il tema della pianificazione su vasta scala a livello di nuovo Comune, ha concluso che lo sviluppo futuro, per risparmiare preziose aree oggi non edificabili, va in particolare previsto in cinque poli multifunzionali, tra i quali il comparto Officine. Questo permetterà anche di portare man mano ulteriore interesse nelle immediate vicinanze del centro storico e dei sui commerci, che non soffrirebbero, ma anzi al contrario approfitterebbero di ulteriore ‘massa critica’, la cui assenza ci viene spesso indicata essere uno dei motivi per cui oggi, Covid a parte, sono in difficoltà. Come già detto, il viale Stazione verrà prolungato verso nord, facendo da ponte tra il centro storico e il nuovo quartiere Officine.

Altro punto critico: l’attuale sfitto di Bellinzona salito al 3,6% e il calo demografico ticinese in corso. Va bene guardare alle esigenze delle future generazioni, ma restando al futuro prossimo la ‘Porta del Ticino’ non rischia di diventare esso stesso un problema anziché risolverlo?

La ‘Porta del Ticino’ non è un progetto ‘del futuro prossimo’, ma un processo di trasformazione sul lungo termine, con verosimilmente in una prima fase la realizzazione del parco centrale, il riutilizzo transitorio di edifici esistenti (Cattedrale in primis) e a tappe la costruzione dei vari lotti nell’arco di 30-40 anni. Rinunciare a pianificare oggi un’opportunità unica per il futuro della Città per contingenze che si vogliono appunto invertire, sarebbe miope nei confronti delle future generazioni.

Quindi cosa risponde a chi sostiene che la ’Porta del Ticino’ in realtà non aiuterebbe veramente Bellinzona a crescere economicamente?

Bisogna cogliere le occasioni che si presentano per continuare il trend di aumento demografico (Bellinzona è l’unica realtà urbana ticinese che negli ultimi anni ha visto crescere la propria popolazione), creare nuovi posti di lavoro e interesse verso il potenziale ancora inespresso della nostra regione, così da assicurare le necessarie premesse per finanziare la spesa pubblica e, in definitiva, l’alta qualità di vita offerta dal nostro Comune. Il nuovo Quartiere Officine è una di queste.

Leggi anche: