Il Ticino sta diventando una terra dove non si fanno figli e quindi una società pericolosamente ferma. Che fare?
Con il saldo naturale più basso degli ultimi 100 anni, il Ticino sta diventando una terra dove non si fanno figli e quindi una società pericolosamente ferma. Che fare? A fronte di un numero sempre più elevato di donne che lavorano (per scelta o necessità) e del ruolo dei padri che sta mutando (per scelta o necessità), occorre da un lato potenziare e rendere finanziariamente accessibili le offerte di custodia complementari, e dall’altro creare le giuste condizioni nel mondo del lavoro tramite orari flessibili, telelavoro, tempi parziali e congedi puntuali, trovando il giusto equilibrio tra libertà di lavorare o fare impresa e libertà di avere figli; tra responsabilità verso colleghi e datore di lavoro e responsabilità familiare ma anche sociale, perché una società senza figli non ha futuro, indipendentemente dalla ricchezza che crea.
Proprio perché vivo la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, ma soprattutto perché credo che questa sia una sfida di una generazione tutta (quella dei trentenni), da tempo sto tentando di portare il mio contributo. Dopo aver favorito l’introduzione di un congedo paternità di 10 giorni per gli impiegati del Cantone (con un mio rapporto favorevole all’iniziativa di Raffaella Martinelli Peter), ed averlo promosso per la Città Locarno (grazie ad una mozione inoltrata con Alessandro Spano), voterò quindi con convinzione SI il prossimo 27 settembre. La proposta in votazione – un congedo paternità di 10 giorni finanziato tramite le indennità di perdita di guadagno – è infatti un compromesso equilibrato e sostenibile rispetto all’iniziativa popolare (che ne chiedeva invece 20, di giorni). Certo, da sola questa misura non porterà giovani coppie a sguinzagliare il proprio desiderio di mettere su famiglia, ma costituisce un importante tassello per migliorare la conciliabilità lavoro e famiglia. A differenza del congedo di maternità, infatti, il congedo paternità può essere percepito in maniera flessibile entro sei mesi dalla nascita del bambino e permette – soprattutto a chi non ha la fortuna di avere vicino a sé i favolosi nonni – non solo di evitare di lasciare sole le madri dopo la nascita e di ridurre il rischio di depressione post-parto, ma anche e soprattutto di facilitare il rientro nel mondo del lavoro delle mamme una volta scaduto il periodo di maternità, o ancora per esempio di affrontare il periodo di ambientamento del piccolo nelle strutture di custodia. Il tutto, ovviamente, rafforzando modelli familiari egalitari e moderni, con lo sguardo volto al futuro.