Senza un’apertura al più presto per una ripresa ponderata, ci troveremo tutti in un bagno di sangue.
Il Consiglio federale ha decretato le note misure restrittive in materia di Covid-19 basandosi soprattutto sulla legge federale sulle epidemie, mentre le misure in materia di proroga dei termini per affitti e concessione dei crediti con ordinanze indipendenti basate sull’art. 185 cpv. 3 Cost. che regola lo stato di necessità per la sicurezza interna. Le misure dell’ordinanza Covid-2 del 13 marzo 2020 che poggiano sulla legge sulle epidemie e sull’accordo di libera circolazione con l’UE sono particolarmente incisive e ci si può chiedere se adempiono al rispetto della delega legislativa per quanto intaccano e condizionano in modo gravoso le libertà fondamentali quali quella economica (art. 27 Cost.) in particolare in punto al suo libero esercizio, la libertà di riunione (art. 22 Cost.), la libertà di movimento (art. 10 cpv. 2 Cost.) contrapposte in parte anche al precetto costituzionale della responsabilità individuale del singolo e sociale per rapporto al rispetto delle attività dello Stato e della società (art. 6 Cost.) perché tendono alla salvaguardia del sistema sanitario. Tali diritti possono essere limitati se giustificati da un interesse pubblico o dalla protezione dei diritti fondamentali altrui (art. 36 cpv. 2 Cost.) e devono essere proporzionati (art. 36 cpv. 3 Cost.) e le limitazioni possono avvenire senza che siano previsti nella legge stessa in caso di pericolo grave immediato e non altrimenti evitabile. Il criterio della proporzionalità esige una valutazione oggettiva e complessiva di tutte le circostanze. Dai dati divulgati dalle autorità e pubblicamente noti risulta che il 97% dei casi di Coronavirus è riconducibile a persone con malattie o disfunzioni pregresse, e di conseguenza anche l’incidenza della mortalità va – con tutto il rispetto e considerazione oggettiva– in parte relativizzato, perché non equiparabile ad un’epidemia indiscriminata che colpisce tutte le fasce della popolazione sana indistintamente, anche se si sono realizzati alcuni casi.bCon le misure adottate si è voluto principalmente ridurre i rischi per salvaguardare il funzionamento delle strutture sanitarie, per le quali il nostro Cantona ha saputo far opera da pioniere riconvertendo in poco tempo e preventivamente le strutture ospedaliere concentrando i centri Covid-19.
Con il raggiungimento del picco, fra l’altro nei tempi previsti dalle Autorità cantonali con ottima preparazione al riguardo e tenuto conto dei dati oggettivi emersi nonché la grave paralisi economica che ci ha colpiti, soprattutto nei settori ristorazione, turismo e servizi, con ancora incalcolabili conseguenze economiche del blocco delle attività decretato dal Cantone in modo autonomo e poco compatibile con il diritto federale, urge adottare misure di allentamento delle restrizioni. Sulla base dei dati oggettivi da valutare attentamente dal Consiglio di Stato per rapporto alle gravose conseguenze, facilmente prevedibili, che comporterebbe un ulteriore blocco delle attività con un ulteriore peggioramento insanabile della situazione economica e sociale del paese in cui si profilano fallimenti, disoccupazione, problemi sociali e sanitari maggiori (depressioni, suicidi, ecc.) l’esecutivo deve agire seppur con cautela ma in modo determinato per un’apertura. L’interesse alla salvaguardia e graduale ripresa economica delle attività deve ora essere considerata preminente e con maggior peso rispetto all’emergenza sanitaria, che sta rientrando sotto controllo, se non si vorrà provocare uno sfacelo sociale delle fasce più deboli su cui ricadrebbero le conseguenze più nefaste.
Le moratorie sugli affitti e l’ordinanza 25.3.2020 di concessione di crediti sono state decisioni importanti del Consiglio Federale, atte a prevenire situazioni economiche tragiche per aziende momentaneamente o parzialmente chiuse, Il Consiglio Federale è però andato oltre la logica economica non pretendendo la valutazione delle singole situazioni di bilancio delle richiedenti per la concessione dei crediti garantiti dalla Confederazione. Il rischio che attività già traballanti prolunghino una lenta agonia grazie al denaro pubblico è grande, poiché il rischio di non poter rimborsare i crediti ricevuti non è da sottovalutare e potrà ricadere sulle future generazioni. Ogni decisione di oggi deve essere improntata anche alla sopportabilità nel prossimo futuro e non solo nell’immediato. La richiesta di esame dei bilanci 2018 e 2019 delle richiedenti crediti sarebbe stata assolutamente necessaria. Solo attività sane e con riserve, previste ed accumulate per tempi difficili meritano infatti il sostegno. Confortanti sono perlomeno le recenti dichiarazioni di Ermotti secondo cui le aziende che hanno chiesto l’erogazione dei crediti sono aziende sane.
È ora impellente, per evitare un tracollo dell’economia cantonale, che il Consiglio di Stato, che finora ha agito in modo encomiabile, circospetto e prudente, allenti in modo ponderato, graduale ma veloce, le drastiche misure prese per permettere una graduale e rapida ripresa, che lascerà comunque gravi ferite, causate dal blocco obbligato delle attività. Senza un’apertura al più presto per una ripresa ponderata, ci troveremo tutti in un bagno di sangue. Qualsiasi ripresa sarà comunque lenta perché comporterà necessariamente importanti riduzioni di investimenti e spese perché la gente avrà realizzato che per tempi grami occorre avere delle riserve e degli accantonamenti, Negli ultimi anni troppo poco si è accantonato, complici i bassi tassi di interessi bancari, un sistema sociale avanzato, i contratti leasing ed il piccolo credito, che hanno ridotto il senso di responsabilità personale, di famiglie ed imprenditori. Questa crisi potrà avere risvolti anche positivi solo se servirà a rafforzare la responsabilità singole nel tessuto sociale, come la saggia norma dell’art. 6 Cost. prevede.
In questo contesto anche lo Stato non può tutto e deve limitarsi sia negli interventi restrittivi sia negli interventi economici perché anche sole garanzie e fideiussioni possono comportare grossi rischi. Sta nella nostra responsabilità non lasciare ai nostri figli fardelli di cui non sono responsabili creati da valutazioni errate della nostra generazione. Non tutto è prevedibile e non tutto può essere salvaguardato, in ogni caso non ad ogni costo e lo Stato non può assumere oneri e rischi che non gli competono se vuole rimanere stato liberale e stato di diritto e non diventare assistenziale e mortificare così la responsabilità e la libertà individuale, che è in primis assunzione di responsabilità. Alle nostre latitudini il Consiglio di Stato deve quindi considerare che lo stato di necessità non è più tale allorché la situazione rientra in fase controllata, anche se con situazioni ancora acute, e non può certo attendere la cessazione completa dei rischi. Se non è più data la situazione oggettiva (e non di optimum) di situazione eccezionale misure restrittive violerebbero la proporzionalità e le libertà fondamentali e di conseguenza non è più rispettato lo stato di diritto. Il Ticino è stato esemplare nella riconversione ospedaliera e nella tempistica delle misure iniziali. Lo sia altrettanto ora nell’allentamento delle misure per evitare il collasso dell’intera economia e delle finanze pubbliche, che già subiranno gravissime perdite.