La campagna elettorale ha il pregio di stimolare il dibattito pubblico ed è il momento di massima espressione del nostro sistema di politica di milizia, perché in qualche modo chiunque si sente coinvolto nelle dinamiche elettorali (già solo per vicinanza a dei candidati). Il rovescio della medaglia sta però nella forzatura del confronto sui temi a ridosso delle elezioni, che in campagna trovano convergenze o spaccature innaturali fra le forze politiche.
A Lugano la storia più recente lo dimostra. Senza voler tornare sul tema del Pse o dell’ex Macello (di cui si è detto fin troppo), ci sono stati nell’ultimo anno almeno altri due messaggi che hanno subìto la pressione elettorale nel processo di approvazione.
Il primo – e più prossimo alla scadenza elettorale – è stato quello, bocciato dal Consiglio comunale, riferito al prelievo di 117 milioni di franchi (ripeto: 117 milioni!) di contributi per le canalizzazioni, dove il confronto politico si è limitato al solo principio se sia giusto o meno prelevare ora (in piena pandemia) quei contributi. Tale diatriba ha tuttavia distolto l’attenzione sul vero punto della questione, ossia della correttezza della somma del prelievo (tanta o poca che sia), perché l’unica competenza che spetta al Legislativo è infatti di determinare l’aliquota da applicare e non tanto di decidere sul prelievo.
Un altro tema “inflazionato” dalla campagna è stato quello dei posteggi in stazione. Anche in questo caso il dibattito è stato ridotto a un dettaglio (i posteggi appunto), quando in realtà il problema era un altro: colmare un vuoto pianificatorio di decenni. In politica ci sono tematiche che fanno gola mediaticamente, ma la responsabilità del politico sta nel dare il giusto peso pure agli aspetti meno interessanti per il grande pubblico.