La bellezza del nostro paesaggio va vieppiù scomparendo. Gli agglomerati urbani informi hanno invaso il territorio perché i piani regolatori e i fiumi di denaro che stanno dietro pesanti investimenti hanno fatto sì che questo si compiesse. Ma è anche con una perdita totale del senso estetico e di sensibilità che si possono spiegare la costruzione di grandi zone industriali e commerciali, progetti di torri megalomani nel bel mezzo di centri storici e autostrade che spaccano in due bucolici villaggi.
I nostri paesi sono però molto di più che meri accostamenti di edifici. I paesi siamo noi. E noi siamo chiamati a trovare un nuovo senso della misura, a dare più valore alla bellezza per ritrovare la nostra identità: conservare, ristrutturare, abbellire per ridefinire il rapporto con il territorio e, in ultima analisi, con noi stessi. Oggi i centri storici reagiscono come possono a una situazione disorientante perché sono contornati da altre realtà urbanistiche che, a loro volta, sono diventate dei centri. Questo è successo perché la pianificazione dei centri storici è sempre stata il parente povero della pianificazione del territorio ed è qui che occorre metter mano.
Un bel nucleo completamente libero dal traffico, strade ben curate, piazze e piazzette, piante e fontane, invitano il cittadino a trovare piacere nel passeggiare, nel sostare. E dove arriva la gente arrivano anche i commerci e le piccole attività artigianali. E il sabato pomeriggio, per trovare un po’ di vita in un bel centro città senza sentire rombare le auto circumnavigando tra i parcheggi, resteremo qui a Mendrisio, perché sarà diventato un piacere, dopo avere fatto gli acquisti, fermarsi in piazza su una panchina a mangiare un gelato mentre guardiamo in nostri bimbi giocare. Per fare un esempio.