Già, avete letto bene, ho scritto proprio collutorio: perché da qualche tempo questa parola si trova sulla bocca di troppi che non le danno, a mio modo di vedere, la giusta connotazione.
Non ho mai nascosto che uno dei miei sogni per Mendrisio sarebbe quello di vederle attribuire la nomina di Città dell'inclusione.
Quando dico questa cosa piace a tutti ma poi, a conti fatti, ci ritroviamo una piazza (ma è provvisoria, cosa credete?) con una decina di posteggi e quello per disabili è il più lontano da tutti i commerci ed è anche quello che meglio si presta ad avere chi ci parcheggia accanto in modo improprio. C'è poi via Gismonda, dove uno dei pochi posteggi rimossi è l'unico che permetteva ad un conducente disabile di scendere senza dover affrontare uno scalino.
Ma “inclusione” non dovrebbe essere riferito solo alle barriere architettoniche. Credo infatti che in una Città polo (e sarebbe ora di tornare ad esserlo veramente) dovrebbe diventare un modo di essere, un fattore di educazione.
Un concetto di educazione che oggi più che mai, visto quello che stiamo vivendo da un anno a questa parte, dovrebbe essere ribadito da più fronti e soprattutto da chi siede in una stanza dei bottoni, piccola o grande che sia.
Trovo infatti inconcepibile che nel 2021 ci siano ancora persone che, per mascherare la loro mancanza di idee, usino epiteti e ingiurie indirizzandole a chi fa parte di altri schieramenti politici.
Io per esempio ho scelto il Ppd per i valori su cui si fonda e non per avere la possibilità di "lottare" per una poltrona. Ma forse la penso così perché la mia poltrona ce l'ho con me tutti i giorni.
Concludendo mi auguro che presto a Mendrisio e non solo, pensieri “diversi” come l'inclusione diventino un fattore di arricchimento culturale e non uno status-symbol dei leoni da tastiera.