Sì siamo svizzeri, ma siamo più meridionali. Il fenomeno dello spostamento a nord per lavoro ci riguarda tanto quanto il sud dell’Europa. È evidente che i lavoratori provenienti dal sud sostituiscono i nostri che vanno a nord. Di questo passo tra 200 anni potrebbe nascere l’ultimo ticinese.
Un luogo per vivere non è fatto solo dal salario, che è ovviamente necessario per almeno sopravvivere. Ancora prima deve essere prioritario il benessere del lavoratore. Quest'ultimo non è un ingranaggio sostituibile a piacimento, ma un bene di qualsiasi azienda pubblica o privata che sia. È una considerazione che è venuta meno in tutti gli ambiti.
Nessun comune ticinese sfugge alla realtà che sta vivendo l’intero cantone. Vai di campagna in campagna elettorale, si espongono progetti, visioni e sogni quando si sa perfettamente che la realtà quotidiana della maggioranza dei ticinesi è quella di arrivare a fine mese. Ma non se ne parla. E non si parla soprattutto del fatto che se non si inverte la rotta dell’autocommiserazione, del far finta di niente e dell’avere poco amore per la propria terra e i suoi abitanti, che contraddistingue da decenni questo Cantone contrariamente a quanto accade al centro e al nord della Svizzera, non ne usciremo vincenti. Soluzioni? Cosa fare? È geopolitica. Non si tratta di indovinare il futuro in una sfera di cristallo, ma di provare ad anticipare ciò che potrebbe accadere. Non si può navigare a vista in attesa degli eventi. Prima di tutto è necessario avere politici che parlino al Paese con trasparenza, bella e anche complicata, la realtà che sia. Non c’è più l’assunzione di responsabilità, la colpa è sempre degli altri. Abbiamo una maestria in Ticino a imputare a terzi quelle che sono delle responsabilità tutte nostre. E fintanto che la penseremo così, sarà il fato a provvedere. Poi bisogna essere realisti delle proprie capacità. Non siamo Milano e non siamo Zurigo. Siamo il Ticino con macroscopici difetti, ma anche tanti pregi, sennò non sarebbe possibile che i nostri giovani trovino dei lavori e qualificati oltre Gottardo, con la concorrenza di milioni di loro coetanei e con l’italiano come madrelingua. Non siamo poveri, perlomeno non di capacità.