Il dibattito sulla scuola pubblica è recentemente riemerso in Svizzera, in particolar modo il tema della scuola inclusiva. In un contesto di rapido sviluppo giovanile, è cruciale riflettere sul sistema educativo per verificarne la rispondenza ai bisogni reali degli studenti. La scuola inclusiva rischia paradossalmente di generare esclusione: gli studenti con difficoltà spesso non raggiungono gli obiettivi minimi, mentre i più dotati non riescono a esprimere il proprio potenziale, creando un senso diffuso di inadeguatezza.
Inoltre, l’attuale implementazione spinge gli studenti verso standard medi, che non riflettono la realtà adulta, dove la specializzazione è essenziale e le persone affrontano sfide che richiedono competenze specifiche. L’inclusione scolastica, invece, soffoca le virtù di ciascuno – che sia nell’artigianato, nello sport, o in matematica – e compromette l’inclusione autentica.
Anche lo sforzo dei docenti e i costi sono rilevanti: classi eterogenee ostacolano un insegnamento efficace, mentre la codocenza eleva i costi senza benefici proporzionati. Più risorse renderebbero il sistema più adatto alle singole esigenze, ma attualmente ciò non è realistico.
Infine, nelle statistiche dei test Pisa, il Ticino, cantone fautore dell’inclusività, non ha mostrato miglioramenti marcati. La cosa più preoccupante è che in Ticino il 17% dei quindicenni fatica a comprendere testi di media lunghezza.
Considerato il ruolo cruciale dell’educazione per il futuro, è fondamentale continuare ad interrogarsi sull’adeguatezza del sistema scolastico per valorizzare le caratteristiche individuali e preparare i giovani alle sfide della vita. Senza un ripensamento del modello, c’è il rischio che la scuola inclusiva tradisca i suoi stessi obiettivi, promuovendo un’inclusione solo apparente e non concreta.