“C’è la grande, silenziosa, continua battaglia: la battaglia tra lo Stato e l’Individuo; tra lo Stato che chiede e l’Individuo che cerca di evadere le sue richieste. Perché l’individuo, lasciato a se stesso, a meno che sia un santo o un eroe, si rifiuta sempre di pagare le tasse, obbedire alle leggi, o andare in guerra”. Questa frase, di un politico italiano di cui solo alla fine farò il nome, racchiude al suo interno tutto quanto è antitetico al mio modo di “fare politica”. Il mio approccio privilegia la sintesi dei bisogni, delle aspettative e delle disponibilità così da poter organizzare il consenso non intorno a dati particolari, benché importanti, ma intorno a un disegno globale, compiuto e stabile, nella sua complessità. Giungere al consenso comporta la comprensione delle cose, la visione d’insieme, la ricerca di giusti equilibri e un vero sforzo di organizzazione.
Contrariamente all’assunto del politico citato, questo è un modo di procedere che complica, rende scarsamente decifrabile, a volte addirittura irritante l’agire in politica, tanto che può far nascere quella diffidenza che contesta alla politica la sua funzione e i suoi meriti. Ponderare gli elementi in gioco, cercare le compatibilità, valorizzare l’unità nella diversità sono le dodici fatiche di Ercole della politica, così come la interpreto. Non si tratta di essere solo più efficienti, ma di essere capaci di comprensione, partecipi, pronti a cogliere non solo i segnali immediati, ma anche quelli meno intelligibili.
La politica oggi è estremamente complessa e difficile, è cambiata e sta mutando molto rapidamente. C’è una diversa società già trasformata, ma ancora impegnata in un rapido processo di evoluzione. Essa ha risolto alcuni problemi essenziali, ma ne vede emergere ogni giorno di nuovi in relazione a più complesse esigenze; ha raggiunto alcuni traguardi sociali e politici, ma registra la rottura del vecchio equilibrio e l’emergere in modo acuto della necessità che se ne stabilisca uno diverso, a un livello più alto. Questa è dunque la nostra difficile condizione odierna.
Ci troviamo a fronteggiare una società più esigente, l’iniziativa politica deve tenerne conto. Più ristretto è poi lo spazio in cui essa si esprime, più difficile il suo svolgimento, più incerto il suo risultato; quindi, richiede una grande sensibilità per non fallire alla prova dei fatti. E, insieme a tutto questo, si affaccia sulla scena l’idea che, al di là del cinismo opportunistico, al di là della stessa prudenza e dello stesso realismo, una legge morale, tutta intera, senza compromessi, abbia infine a valere e dominare la politica, affinché essa non sia ingiusta e neppure tiepida e tardiva, ma intensamente umana.
Da queste righe si evince che ho fiducia nel mio prossimo e nel mondo che mi circonda, pur essendo consapevole della difficoltà dell’impresa, fiducia che invece il politico citato all’inizio ovviamente non aveva. Tant’è che fallì miseramente. Era il pensiero di Benito Mussolini.