La proposta del presidente della direzione della Posta di eliminare il limite delle ore 12.30 per la consegna dei quotidiani ha suscitato un ampio dibattito, che ha giustamente portato da più parti ad avversare l’evenienza in quanto lesiva della qualità del servizio postale. Questo annuncio, entrando nel solco di numerose altre “misure di efficientamento” del Gigante giallo, permette a mio avviso di rilanciare una più ampia riflessione in merito allo stato di quella che fu una prestigiosa regia federale.
A seguito del processo di aziendalizzazione e di liberalizzazione avviato alla fine degli anni 90, abbiamo assistito infatti a una serie di riforme che hanno smantellato il servizio universale e la coesione sociale storicamente assicurati dalla Posta. Una tendenza che, se da una parte affonda le radici nella sua trasformazione in Sa di diritto speciale (precondizione di un minore controllo pubblico sull’impresa), dall’altra discende anche alla cessione delle sue attività più redditizie ai privati.
In quest’ottica appare esemplificativo il drastico ridimensionamento che, a fronte di un’alternativa non altrettanto completa e apprezzata come le agenzie, ha investito gli uffici postali (passati dai quasi 2’000 del 2010 ai pressoché 1’000 del 2020). L’adesione alla logica della redditività sì è tuttavia riflessa anche sulle condizioni di lavoro, che si stanno viepiù trovando sotto pressione per via degli accresciuti carichi di lavoro e delle esternalizzazioni attuate dalla Posta. A meritare un discorso separato è inoltre Postfinance, istituto finanziario strategico la cui privatizzazione è stata almeno per il momento sventata ma su cui grava ancora un oltremodo castrante divieto di credito e d'ipoteca.
Emerge ormai chiaramente che, alla base di un simile declino, vi sia una responsabilità diretta dell'Assemblea federale e del Consiglio federale (con a capo del Datec proprio dal 1995 al 2010 il socialista Moritz Leuenberger). Ciò detto, non si può ignorare come in questo ambito la Svizzera abbia inteso riprendere e fare propri gli indirizzi già attuati dall’Ue: è infatti notorio che nel settore postale, delle telecomunicazioni e dei trasporti la Commissione europea abbia promosso in maniera sistematica un'apertura al mercato e un indebolimento dei servizi postali nazionali (vedasi ad esempio la Direttiva 97/67/CE).
Per queste ragioni si rende sempre più necessario un ripristino dell’ex-regia federale della Posta, unitamente alla ripresa delle attività cedute al settore privato. Per intanto andrebbe invece istituita una moratoria sul ridimensionamento del servizio universale e sulla chiusura degli uffici postali, almeno laddove sussiste un’opposizione da parte dei Comuni interessati. In controtendenza a un progetto d’integrazione europea che sostiene e incoraggia i piani di privatizzazione, occorre insomma rilanciare la centralità del servizio pubblico come fattore di coesione sociale, economica e nazionale del Paese.