Una superficie grande quanto un campo da calcio è edificata ogni due ore in Svizzera. La causa di questo non sta solo nella crescita demografica o nel benessere economico, bensì nell’utilizzo poco parsimonioso del territorio anche a scopi speculativi. Diversi eminenti urbanistici affermano da anni che gli insediamenti disordinati (Urban sprawl o Zersiedelung) siano l’evidenza del fallimento della pianificazione territoriale nonostante l’art. 75 della Costituzione Federale imponga un’appropriata e parsimoniosa utilizzazione del suolo e un ordinato insediamento del territorio.
Per combattere efficacemente questa espansione disordinata, un provvedimento isolato non è sufficiente: occorre varare una serie di riforme. Un primo passo è stato intrapreso dal popolo svizzero anni fa (3 marzo 2013) accogliendo la revisione parziale della legge sulla pianificazione del territorio (Lpt) e la sua ordinanza (Opt) le quali sono entrate in vigore il 1° maggio 2014. Sono trascorsi molti anni da allora e non tutti i Cantoni hanno elaborato i piani direttori per perseguire lo sviluppo centripeto nel lustro che era stato fissato per questo approfondimento.
Le linee guida del Cantone Ticino sullo "sviluppo insediativo centripeto di qualità" pubblicate nel 2018 e aggiornate nel settembre 2021 hanno finalmente dato uno strumento idoneo, ma che al lato concreto non è ancora stato messo in pratica che da pochi.
Di fronte alla complessità e alla molteplicità degli operatori in gioco, è necessaria una collaborazione attiva tra le parti: amministrazioni pubbliche (attori attivi e promotori, non solo con funzione regolatoria), proprietari privati, enti responsabili, investitori, aziende, architetti, urbanisti e abitanti.
Fondamentale in questo percorso è che si dia una maggiore attenzione allo sviluppo territoriale a livello di regione ponendo ad esempio come strumenti primari i piani di utilizzazione (Puc), i piani del traffico regionale (anche transfrontaliero), i piani regolatori intercomunali o quelli regionali. A livello più locale i piani di quartiere dovranno assumere una maggiore importanza, in particolare spingendo sulla realizzazione di quartieri sostenibili che sono l’entità che permette al meglio di controllare le dimensioni dello sviluppo sostenibile.
La revisione deve però toccare anche i criteri quantitativi (ad esempio gli indici edificatori e le distanze dal confine) che sono stati fissati in un’epoca in cui non vi era la coscienza della limitatezza del suolo. Quali nuovi criteri sono da favorire quelli qualitativi che valutano lo sviluppo sostenibile a scala urbana o di quartiere. Ciò faciliterebbe la creazione di nuove disposizioni che mirano a una gestione parsimoniosa del suolo, evitando però che si inneschi una spirale di speculazione fondiaria.