laR+ Speciale Pino Daniele

Sono nato a Napoli, perciò mi piace il mare

Il nostro ricordo di Pino Daniele a 10 anni dalla morte comincia con ‘Nero a metà’, documentario di Stefano Senardi nelle sale italiane dal 4 al 6 gennaio

Napoli, 19 marzo 1955 - Roma, 4 gennaio 2015
(Lino Vairetti)
3 gennaio 2025
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In un mese imprecisato del 1987, il batterista Ludovico faceva quello che tutti dovrebbero fare in una band: dare una mano. Scaricati piatti e tamburi, si era preso cura del vecchio Marshall di Giancarlo detto Il Presidente, un amplificatore dal peso spaventoso confrontato a quelle buatte (a Napoli ‘scatole’) che oggi fanno lo stesso baccano con venti chili di meno. Sempre come direbbero a Napoli, Ludovico il Marshall l’aveva uscito dalla macchina per portarlo verso un vecchio edificio dentro il quale provavano i gruppi. In quelle stanze umide come l’autunno, Pino Daniele ci arrivò a piedi dalla stazione, chitarra in spalla; Ludovico se lo trovò di fronte come una Madonna del Carmine che avesse deciso di apparire di notte: dall’emozione gli caddero il Marshall con tutte le valvole dentro, un rumore sordo quanto l’imbarazzo, metallico quanto la sorpresa.

Il 1987 era l’anno di ‘Bonne soirée’; quella sera Pino Daniele chiese a Ludovico dove provassero “le ragazze” e nel 1987 a Brescia “le ragazze” erano le Squeezers, quattro predestinate a sfondare che malgrado un singolo inciso a Carimate, là dove furono incisi ‘Nero a metà’ e ‘Vai mo’’, non sfondarono mai. Pino le aveva conosciute in quegli studi, o forse in televisione l’anno prima a Discoring, e col suo tipico interesse disinteressato verso ogni forma di musica, nel loro misto di rock & roll e new wave doveva averci visto qualcosa, perciò si era fatto dare l’indirizzo della stanza prove e così come promesso era andato a trovarle. Suonarono del blues insieme, poi Pino chiese dove mangiare una pizza (non è una macchietta, anche ai napoletani viene voglia di pizza) e il Presidente lo accompagnò nella migliore pizzeria della città il cui nome era Piedigrotta, quale sennò. Nel 1987, portare Pino Daniele in una pizzeria di napoletani al nord cercando di garantirgli l’anonimato era un po’, detto con uno dei suoi album, come mangiare un gelato all’equatore: quando il cameriere si accorse di lui, dal piano di sotto iniziò una processione di autografi e fotografie con la Kodak usa e getta. La pizza la offrì la Piedigrotta, o forse pagò il Presidente.

Musicanti

A dieci anni dalla sua morte, ogni città avrà un ricordo di Pino Daniele, piccolo come questo o grande come i momenti di chi vi ha lavorato a fianco. E se quanto sopra fosse accaduto a Napoli, forse sarebbe quotidianità, vista la vicinanza da musicista, anzi da ‘Musicante’ (album che nel 2024 ha festeggiato i quarant’anni) che l’artista scomparso dieci anni fa ha sempre riservato ai propri simili. «Ne abbiamo parlato tante volte io e lui. Pino ha sempre considerato in maniera molto alta il sacrificio dei giovani musicisti per affermarsi e crescere, le difficoltà economiche vissute in prima persona o dalla famiglia. Conosceva la pessima abitudine di alcuni a non prendere sul serio chi vuol fare il musicista, lo scambiare il desiderio di suonare con la mancanza di voglia di fare altro. Li viveva perché, è noto, lui è riuscito a toccare un livello altissimo di successo di pubblico e critica non solo italiani nonostante i problemi economici, personali e di salute». Forse anche per questo, «Pino è sempre stato curioso, ha ascoltato, prodotto e aiutato, lo so con certezza, tanti giovani che volevano provarci e meritavano».

Stefano Senardi, dal 2023 presidente del Club Tenco, è tra i discografici più importanti di sempre. Gli si deve un po’ di tutto, dal pop alla scena indipendente. È autore de ‘L’alba dentro l’imbrunire’, libro dedicato a Franco Battiato così come il documentario ‘La voce del Padrone’, Nastro d’argento nel 2023. Il 4, il 5 e il 6 gennaio, nelle sale italiane c’è ‘Nero a metà’, un ritratto di Pino Daniele scritto insieme a Marco Spagnoli, che lo ha diretto. Girato interamente a Napoli, prende il titolo dall’album del 1980 e ha voce e volto narranti di Senardi, che dell’artista ricostruisce la nascita e l’ascesa, in un percorso che inizia emotivamente dalla prima chitarra, tocca il concerto di Piazza Plebiscito del 1981 e si spinge poco oltre, per una storia che è anche una vetrina di giovani napoletani che cantano la musica di Pino, oltre che l’affresco senza stereotipi né sentimentalismi di una città intera.


Anna Camerlingo
Stefano Senardi

‘Yes man, è tutto qui’

Incontriamo Senardi a Milano, a margine della presentazione del film. Non nega il suo passato di esterofilo al quale la world music di Pino ha reso la lingua italiana commestibile quando applicata alla musica. Era a San Siro il 27 giugno 1980, quando il napoletano aprì il concerto di Bob Marley, gli sarebbe stato ancor più vicino anni dopo, negli uffici della Cgd ad ascoltare le nuove canzoni voce e chitarra, dopo il primo stop imposto a Pino dai problemi di salute e l’incognita del poter tornare o meno a esibirsi dal vivo.

«Era un conoscitore profondissimo di musica, un divoratore, non solo di blues ma ancor più di fusion e funk». È da vero fan che, a metà anni Ottanta, Senardi fa la sua conoscenza: «Mi chiamò Michele Di Lernia della Emi, leggendario personaggio della discografia dei tempi andati. Mi disse: “Sono con Pino Daniele, ha saputo che c’è George Benson a Roma e so che tu sei con lui all’Hilton. Pino vorrebbe omaggiarlo, non sarà una rottura di scatole, non deve chiedere nulla di particolare”. Domandai al manager di Benson se si potesse fare, spiegai chi fosse Pino e organizzai una cena. George Benson era all’apice del successo, già oltre la fase di ricerca jazzistica, era l’anno di ‘20/20’, disco bello e raffinato, forse un po’ commerciale. Credevo di essere più emozionato io perché stavo per incontrare il mio idolo, ma mi resi conto che Pino, agitatissimo, era un devoto di Benson. Feci io da tramite con la lingua, Pino parlava il suo inglese tutto particolare. Alla fine, non solo voleva trasmettergli la sua ammirazione, ma aveva bisogno di chiedere a Benson come si facesse un certo tipo di ‘svisata’ con la chitarra, qualcosa che aveva a che fare con il mi cantino. Pino disse: “Ma è tutto qui?”; Benson rispose: “Yes man, è tutto qui”».

Monumentale

In dieci anni sono successe tante cose nella musica. L’hip hop già si stava prendendo tutta la torta prima che Pino morisse e lui aveva già sondato suoni nuovi, per esempio, nei duetti con Clementino e J-Ax. Chiediamo al discografico cosa farebbe oggi Pino Daniele in un mondo di dj, rapper e trapper: «Se fosse ancora qui gli consiglierei di fare un album come ‘Nero a metà’, ispirato, solido, monumentale, dai grandi suoni, testi e melodie. È un pensiero solo mio, ma tentare di realizzare un classico oggi potrebbe essere un gesto innovativo. Non posso ovviamente sapere cosa suonerebbe e canterebbe ma di certo, contrariamente a molti suoi colleghi illustri, prenderebbe posizione sulla situazione politica generale, perché anche se non si è mai schierato, ha sempre detto quello che doveva dire». Si riferisce a “questa Lega è una vergogna”? «Anche. L’album ‘Un uomo in blues’ lo pubblicai io con la Cgd e nel nord est, per via di ‘’O scarrafone’, noi avemmo seri problemi a distribuirlo e Pino a vendere concerti. L’Italia è un Paese strano».

Nella sua autobiografia ‘La musica è un lampo’, Stefano Senardi regala altre intimità col napoletano. Gli consegniamo un ricordo nostro, quello di Pino Daniele special guest di Ligabue nel Moon and Stars di Locarno prima della colonizzazione svizzerotedesca. Era il 5 luglio del 2012, l’anno del definitivo ‘La grande madre’, non proprio il suo momento di massima popolarità, ma il set, grazie anche al pianismo di Rachel Z, fu quello di un main act. Ospitato od ospitante, di supporto oppure principale, prima o dopo qualcun altro, quella sera Pino Daniele era lì per suonare, come sempre. Per dirla con Senardi: «Penso che in tutta la sua vita non abbia mai appoggiato la chitarra un secondo. L’aveva sempre con sé, come una coperta di Linus».


Anna Camerlingo
Tullio De Piscopo

Tullio De Piscopo

‘Non c'erano prove, suonavamo e basta’

“Fu mio padre, che suonava nell’orchestra di ‘Senza rete’, a farmelo conoscere. Mi disse: ‘Tullio, ci sta ’nu guaglione troppo forte! Dice cose che anche tu hai detto, ma lui ha avuto più coraggio di te. Dice che Napoli è ’na carta sporca, e canta degli scippi, insieme a un ragazzo con i bonghetti”. L’esibizione di Pino Daniele in ‘Auditorio A’, varietà televisivo che veniva registrato nell’Auditorium Rai di Napoli, lo stesso di ‘Senza rete’, è una delle chicche di ‘Nero a metà’. Anch’egli figlio di quel neapolitan power così ben ricostruito da Senardi e dai suoi stessi protagonisti, Tullio De Piscopo, al terzo piano dell’Anteo di Milano, dove il film è stato presentato, è un fiume di ricordi: “Avete visto la foto in cui mangiavamo quell’anguria rossa come il fuoco? Era luglio del 1981, al campo sportivo di Cesenatico prima del concerto. Avevamo suonato tutto il pomeriggio. Perché noi non abbiamo mai provato: suonavamo e basta”.

‘Quanta musica!’

Poco dopo la conferenza, insieme al grande batterista ricordiamo il suo ‘Around Pino’, un tributo suonato al Teatro del Gatto di Ascona nel 2022 per la stagione del Jazz Cat Club, ma c’è della Svizzera anche nel documentario, perché le immagini di apertura vengono dal concerto di Pino Daniele per l’allora Rtsi, finito anche in un prezioso Dvd. Vista l’estrema attualità del documento televisivo, rappresentativo di uno dei momenti di massimo splendore nella carriera del cantautore, la domanda su cosa suonerebbe oggi Pino è anche per Tullio, che quella sera del 1983 a Zurigo stava dietro la batteria: «Me lo immagino sempre con la chitarra in mano, in giro a suonare, come l’ultimo concerto che abbiamo fatto il 22 dicembre 2014, l’ultima immagine che conservo di lui». E in regalo abbiamo altri dettagli sulle angurie: «Quando andavamo in tournée, negli stadi, soprattutto negli anni di ‘Vai mo’’, arrivavamo sempre verso le quattro del pomeriggio. Suonavamo, inventavamo, poi andavamo a cambiarci ed era come riprendere da capo il concerto. In quei pomeriggi nascevano idee, soluzioni armoniche o di testo per lui, io m’inventavo dei ritmi. Erano session in cui un pezzo poteva durare venti minuti, e in quei venti minuti... quanta musica!».


La superband di ‘Vai mo’’

Il miracolo

‘Nero a metà’ regala altre immagini preziose, quelle di Piazza del Plebiscito nel 1981, la Napoli del post-terremoto riunita in un luogo doppiamente simbolo per un concerto che la Rai avrebbe voluto registrare, ma l’entusiasmo dei napoletani le impedì di farlo. «Era il giorno di chiusura del tour di ‘Vai mo’’», ricorda Tullio, «era il 19 settembre, il giorno di San Gennaro, che fece il miracolo: duecentoventimila cristiani! Come dico nel film, se dal cielo fosse caduto uno spillo, non avrebbe toccato terra». Piazza del Plebiscito fu un punto di svolta per Pino Daniele: «Solo finito il concerto – ricorda Tullio – riuscimmo ad andare a mangiare qualcosa. Era l’una di notte e non lo trovavo; era rimasto sul pullman, gli chiesi se gli andasse di fare un brindisi ma non mi rispose, e capii che stava pensando a quello che era successo. Da lì mi fu chiaro che Pino era diventato il re di Napoli e che non era più libero di camminare nei vicoli della città e di andarsi a mangiare una pizza, che a lui piaceva tantissimo».

I cinque colpi

A parte i tanti concerti, Tullio De Piscopo suona con Pino Daniele nel sopraccitato ‘Vai mo’’ (1981), l’album di ‘Yes I know my way’, insieme a Tony Esposito, James Senese, Rino Zurzolo (1958-2017) e Joe Amoruso (1960-2020), ovvero la superband. Suona anche in ‘Bella ’mbriana’ (1982), l’album di ‘Tutta n’ata storia’ e ‘I got the blues’, con dentro il sax di Wayne Shorter (1933-2023), disco che per De Piscopo è una fusione perfetta tra la musica del mondo e i vicoli di Napoli: «Il nostro codice era la musica e il mio codice nella musica di Pino erano i cinque colpi». Segue piccola lezione di storia della musica...

«Pam - pam - pam pam pam”, erano i cinque colpi dei tamburi dei giacobini che a Napoli, dal Palazzo Reale fino alla Piazza del Mercato, portavano alla ghigliottina chi si era reso protagonista di qualche misfatto. Per arrivare a Piazza del Mercato, questo corteo faceva la via Marina costeggiando il porto, e quando la gente che scendeva dai vicoli sentiva i cinque colpi gridava “currimm’, currimm’!”, corriamo, corriamo, andiamo a vedere chi devono ammazzare! Il napoletano, col passare del tempo, ha preso questi cinque colpi e li ha fatti diventare tammurriata, tarantolata, anche per prendere in giro i giacobini. Questi cinque colpi li abbiamo usati soprattutto in ‘Bella ’mbriana’, ma nei concerti li abbiamo infilati un po’ dappertutto, erano la nostra personalità, il nostro ritmo. Al di là dello scimmiottare i batteristi d’oltreoceano, che mi veniva bene, è anche in questi cinque colpi, oltre che nelle mie origini, che io ho trovato la mia personalità».

Il film

La chitarra, ‘arma e scudo’

‘Nero a metà’ è un documentario atipico, perché in era di sintesi estrema si ascoltano finanche canzoni intere. Sono quelle dei suddetti giovani che la musica di Pino l’hanno fatta propria. Come Gabriele Esposito con ‘Yes I know my way’, Andrea Radice con ‘Chi tene ’o mare’, Chiara Ianniciello con ‘Je sto vicino a te’. Con loro, i veterani Enzo Gragnaniello (‘Cammina cammina’) e Fausta Vetere della Nuova Compagnia di Canto Popolare (‘Napul’è’).

Il ricordo di Senardi si muove tra Spaccanapoli, Rione Sanità, Palazzo Reale, Caffé Gambrinus e dintorni (“Abbiamo cercato di far vedere Napoli come personaggio indissolubile di questo lavoro”, dice l’autore) e coinvolge tanta gente di musica, da Tony Cercola (“il ragazzo coi bonghetti”) a Tony Esposito, da James Senese a Enzo Avitabile, da Teresa De Sio a Petra Montecorvino, da Gigi De Rienzo a Renato Marengo cui si deve la definizione ‘Napule’s Power’, generazione che ha incluso Pino. Grande assente del film, la retorica: “Non abbiamo spettacolarizzato la morte, abbiamo cercato di celebrare la presenza di uomo che ha passato la vita a perfezionarsi con la chitarra, usata come scudo o arma”. Senardi è certo che “Pino uscirà indenne anche da questa ricorrenza, Pino è presente in chi ama la musica e ama Napoli”.