La recensione

L'uomo Anton il geniale Bruckner

Terzo appuntamento per ‘Osi al Lac’ con la Seconda sinfonia del compositore austriaco, Scelsi e Braunfels: Poschner sul podio ed esperimento riuscito

Visti e ascoltati il 9 novembre in Sala Teatro
(© OSI / F. Fratoni)
10 novembre 2023
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Anton Bruckner è quell’amico geniale che inviti a cena, per un’oretta ti parla di massimi sistemi dicendo cose interessanti e toccando temi alti, nasconde con un’aura di mistero il vero senso finale di quel che vuol dire, e diventa comprensibile solo alla fine, dopo averlo amichevolmente scosso tenendolo per le spalle. Accade sovente, è accaduto anche seduti comodi in sala ascoltando la sua Seconda sinfonia, tornante del percorso compositivo bruckneriano.

La fortuna, e parte integrante del rischio calcolato che ha portato al successo, giovedì sera, il terzo appuntamento della stagione al Lac dell’Orchestra della Svizzera italiana, è che affidare alla bacchetta di Markus Poschner una sinfonia di Bruckner significa mettere gli ori di famiglia in una cassetta di sicurezza.

Eseguita nella versione del 1877, dopo modifiche e rimaneggiamenti, la Seconda – che però tecnicamente è il quarto lavoro sinfonico di Bruckner – porta il compositore austriaco a muoversi verso il rigore formale e conservatore che caratterizzerà la sua opera ma senza ancora ‘cedere’ all’imponenza della Terza – che Richard Wagner preferì alla Seconda –, alla poesia naturale della Quarta o alle più monumentali prove del sinfonismo bruckneriano che si ascoltano nella Settima e nell’Ottava sinfonia. A differenza di queste, la Seconda ascoltata giovedì al Lac non segue uno scorrere d’insieme, non ha un fluire verso l’ascesi o un percorso graniticamente logico. La composizione, e quindi l’ascolto, va per episodi, con accelerate gagliarde che si uniscono, quando arriva il secondo movimento, a uno dei più sognanti Adagio. Lo Scherzo, il terzo movimento, con leggerezza stempera l’emozione e la tensione accumulatesi per portare all’ultimo movimento che, riprendendo uno dei temi portanti del primo movimento, conduce a una ben più che rutilante fanfara finale. Con la verticalità dell’uomo Anton e del geniale Bruckner, con un caleidoscopio di temi primari e secondari, è essenziale il direttore. E Poschner – cultore della materia e impegnato con la Bruckner Orchester di Linz nella registrazione di tutti i suoi lavori sinfonici in vista del duecentesimo compleanno del compositore che cadrà nel 2024 – ha governato il tutto davvero ‘à la Poschner’: tempi velocissimi, soprattutto nel primo e nel quarto movimento, e una direzione energica che però è riuscito a bilanciare gestendo con altrettanta perizia le parti più delicate dell’Adagio. Il finale, esattamente come con la registrazione pubblicata un paio di mesi fa assieme alla Bruckner Orchester, è approcciato ad altissima velocità – soprattutto paragonando le altrettanto recenti interpretazioni di Christian Thielemann coi Wiener Philarmoniker e di Paavo Järvi con i Berliner Philarmoniker, anche se si parla di altri mondi –, ma il vigore, la forza, l’esplosione sono state calibrate da Poschner al punto da evitare il rischio che trombe troppo squillanti – è successo in passato con altri direttori – si imponessero crepando il muro abilmente costruito col crescendo degli archi appoggiato sulla base degli altri ottoni e chiuso dai timpani. Al netto di qualche piccolo pasticcio, l’esecuzione è piaciuta molto a una sala arrivata così alla seconda ora di concerto.

Già, perché si deve tornare al rischio calcolato di cui scrivevamo prima. La prima parte del programma, che ha preceduto il salvifico intervallo e Bruckner, ha visto protagonisti due nomi (ed è un peccato) poco conosciuti ai più. L’esordio è stato ‘Anahit’, brano composto da Giacinto Scelsi nel 1965 per violino e 18 strumenti, dove la parte solista è stata affidata al Konzertmeister Robert Kowalski. Un brano breve, ‘Anahit’. Ma in 13 minuti si è rimasti avvolti nella complessità e in un mistero dove il solista non si incarica di virtuosismi o protagonismi, ma produce lunghissime note che avvolgono i suoni degli altri strumenti e nel lento incedere coinvolgono l’ascoltatore suscitandogli, anche senza un’intenzione precisa, una concentrazione massima sui suoni eseguiti, con gli occhi fissi sul palco. Non sempre accade con persone non avvezze alla musica contemporanea, ed è da considerarsi come un pregio.

Un bel segnale

Dopo Scelsi, l’Osi, accompagnata dal solista tedesco Nils Mönkemeyer, ha suonato un’altra pagina sconosciuta ai più: la ‘Fantasia scozzese’ per viola e orchestra di Walter Braunfels. Composta nel 1933, anno in cui in Germania salì al potere Adolf Hitler, fu bollata dal nazismo come ‘arte degenerata’ – le dittature si somigliano un po’ tutte –. L’ispirazione scozzese arriva – ci soccorre il programma di sala – da una canzone popolare e nell’uso frequente dello ‘Scottish snap’, una particolare figura ritmica. Fantasia in movimento unico, questa composizione di Braunfels trasmette tutta l’inquietudine del periodo, la provvisorietà e il camminare con gli occhi anche dietro la testa da parte di chi stava vedendo il proprio mondo stravolgersi e diventare luogo ostile. Un insieme di emozioni trasmesse bene dalla viola di Mönkemeyer, limpida nella complessità del proprio ruolo nella composizione, e dall’orchestra soprattutto con l’arpa, la tuba e il flauto, non a caso le parti fatte alzare da Poschner per ricevere un primo applauso che ha preceduto quello corale dedicato a tutti.

Il terzo appuntamento di Osi al Lac è stato un bel segnale, perché se è vero che le sale si riempiono con l’“Eroica” di Beethoven o con programmi che fanno dire “Ah sì bello la conosco, andiamo”, altrettanto importante per un’orchestra è spaziare, esplorare e proporre un repertorio che per qualcuno può rappresentare una novità, a costo di qualche poltrona vuota. Senza essere pesantemente pedagogici e inutilmente intellettuali, svestendo quindi la musica classica di una boria che non ha ragion d’essere, questo è uno dei compiti di un’orchestra. Ben vengano quindi Scelsi e Braunfels, pure se si vuole suonare l’ottocentesco Bruckner.