Mostra-spettacolo itinerante vista lo scorso fine settimana al Lac, unione tra il drammaturgo Duncan Macmillan lo scienziato del clima Chris Rapley
Cosa sappiamo della crisi climatica? Tanto: i fattori che influenzano il clima sono ben studiati e monitorati costantemente grazie una grande quantità di strumenti e tecniche che ci permettono anche di ricostruire il clima del passato; siamo in grado di valutare su scala globale l’impatto delle attività umane sul clima e di fare proiezioni su quello che accadrà al clima terrestre in base a vari scenari.
Conosciamo i rischi, conosciamo le possibili soluzioni eppure questa grande quantità di conoscenze rimane perlopiù inerte. Perché? Da una parte c’è la complessità di queste ricerche: se è relativamente semplice capire che più energia viene trattenuta dall’atmosfera più le temperature si alzano, passare da un aumento della CO2 misurato in "parti per milione" all’acidificazione degli oceani mette già più in difficoltà e considerare che si parla di "effetti sistemici" e "aumento della frequenza di eventi estremi" disorienta un pensiero abituato alla linearità di causa ed effetto. In questo paghiamo anche anni di attività di quelli che – per riprendere il titolo del bel libro di Naomi Oreskes ed Erik Conway – possiamo chiamare "mercanti di dubbi" e che, spesso per interessi economici, sono riusciti a imporre l’idea di una certa incertezza dei risultati scientifici sul clima: ci sono prove che il clima non è cambiato, è cambiato ma l’uomo non c’entra, c’entra ma non dobbiamo preoccuparci…
Credo che le discussioni pubbliche sulla crisi climatica siano, purtroppo, la dimostrazione di quello che si sapeva già almeno dai tempi di Aristotele: per avere un consenso, per convincere le persone la conoscenza non basta: oltre al logos, al ragionamento logico e scientifico, servono il pathos, le emozioni, e l’ethos, il carattere e l’autorevolezza della fonte.
Questa lunga premessa ci permette di meglio inquadrate il progetto ‘2071. The World We’ll Leave Our Grandchildren’ del drammaturgo Duncan Macmillan e dello scienziato del clima Chris Rapley, uno spettacolo che ha debuttato nel 2014 e che lo scorso fine settimana è stato presentato al Lac di Lugano sotto forma di mostra-spettacolo itinerante con la regia di Angela Ruozzi e con protagonista, nel ruolo di Rapley, Graziano Sirressi. Prodotto da LacEdu, ’2071’ è stato selezionato per partecipare al Festival della scienza di Genova.
‘2071’ si presenta come un percorso attraverso gli spazi del Lac, ma il vero viaggio è nel tempo: le varie tappe ci portano a conoscere la storia profonda del clima e la storia delle nostre conoscenze sulla Terra. È impressionante confrontare i miliardi di anni trascorsi dalla Grande Ossidazione, quando dei batteri producendo ossigeno hanno trasformato l’atmosfera e il clima, e i pochi decenni necessari perché l’Antartide passasse da "terra sconosciuta all’uomo" a luogo nel quale scoprire, analizzando l’aria rimasta intrappolata negli strati di ghiaccio a chilometri di profondità, la composizione dell’atmosfera in epoche remote. Ad accompagnare il pubblico in questo viaggio nel tempo, il fisico britannico Chris Rapley: astrofisico di formazione, a un certo punto Rapley ha capito che si poteva andare nello spazio per studiare meglio la Terra, guidando diverse missioni dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, per studiare i ghiacci polari, la terraferma e le acque interne. Un importante lavoro di ricerca che si è accompagnato a un grande impegno civile e nella comunicazione della scienza, come dimostra questo spettacolo teatrale e la sua decisione, nel 2021, di lasciare il comitato di esperti dell’associazione britannica dei musei scientifici in seguito alla decisione di accettare finanziamenti dalle industrie petrolifere.
Graziano Sirressi è bravo nel raccontare quello sappiamo e come lo sappiamo, nel trasmettere la passione che anima Rapley. Abbiamo il logos della conoscenza scientifica, abbiamo l’ethos di una persona autorevole e che ha a cuore l’ambiente e l’umanità; abbiamo anche il pathos, ma le emozioni che troviamo, soprattutto alla fine, sono soprattutto negative, di paura e impotenza e non basta il decalogo di cose da fare per mitigare il cambiamento climatico consegnato all’uscita per trasformare queste sensazioni in qualcosa di positivo, evitando di restare vittime dell’ecoansia.