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Le dieci nostre ‘fuoriserie’ dell’anno

Noi scegliamo ‘Hacks’, perché per fare una bella serie non servono per forza draghi, zombie senza naso o samurai: bastano due bei personaggi

A destra, Jean Smart in ‘Hacks’
28 dicembre 2024
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10. Fallout (Amazon Prime)

Una delle serie dell’anno, ancora, è una serie tratta da un videogioco. A conferma del fatto, se ce ne fosse bisogno, che i videogiochi sono anche una forma di narrazione contemporanea. Lo scorso anno era il caso di ‘The Last Of Us’, quest’anno si tratta di ‘Fallout’, una serie apocalittica con una protagonista ingenua. Lucy MacLean (Ella Purnell) è cresciuta in un bunker antiatomico in una versione perversa e molto ristretta di società ideale. Il padre, leader della sua microscopica comunità, viene rapito e Lucy decide di affrontare il mondo o quel che ne resta dopo, appunto, l’apocalisse atomica. Ci sono una specie di cowboy zombie (interpretato dal fantastico Walton Goggins) e dei robottoni che sono parte di un culto che venera la tecnologia passata. Lucy scopre la cattiveria, la violenza e tutto il resto, e non c’è niente che sembri non piacerle. Fallout è una serie di puro intrattenimento che, a differenza delle altre serie apocalittiche, non ha niente di angosciante. Si può vivere bene anche sotto forma di zombie senza naso con problemi di dipendenza.

9. Ripley (Netflix)

Se cercate una serie bella come la pubblicità di un profumo e lenta come un film del secolo scorso, ‘Ripley’ fa al caso vostro. Non è un caso se la più diretta conseguenza della messa in onda di questa serie è stato il fatto che Atrani, paesino della Costiera Amalfitana dove è girata la serie, è stato preso d’assalto dalle prenotazioni turistiche. Tratta dai romanzi di Patricia Highsmith, la serie posa quasi interamente sulle spalle di Andrew Scott, uno dei due o tre attori più sexy e ricercati del momento, nei panni di una vera e propria icona della cultura pop contemporanea. Il suo Ripley è un pezzo di ghiaccio cavo, vuoto, quasi del tutto privo di psicologia. Ma chi ha bisogno di psicologia quando ha a disposizione una splendida fotografia in bianco e nero?

8. Hanno Ucciso L’Uomo Ragno (Sky)

La nostalgia è la padrona assoluta della nostra cultura. Non ci credete? Allora come spiegate il fatto che sia stata prodotta, realizzata e che poi abbia anche avuto successo una serie tv sulla creazione di un gruppo musicale pop degli anni Novanta come gli 883, per carità di culto, interessanti, ma non proprio fondamentali per la storia della musica italiana o internazionale? ‘Hanno Ucciso L’Uomo Ragno’ racconta anche la storia di successo di un paio di simpatici sfigati, ma sono gli anni Ottanta e Novanta della provincia italiana i veri protagonisti della storia di Max Pezzali e Mauro Repetto. Sono i motorini coi pedali, gli zainetti di tela con colori sgargianti, i tessuti acetati, i completi jeans + giacca jeans, le giacchette di pelle. Una serie vintage, per dei tempi vintage.

7. Non dire niente (Disney +)

Dolours Price e sua sorella Marian sono figlie di due membri dell’IRA, ma credono nel pacifismo. Anziché mettere bombe, partecipano a una marcia non violenta per chiedere maggiori diritti per la componente cattolica in Irlanda del Nord. Vengono accolte da una sassaiola e poi aggredite da un’orda selvaggia che non sa che farsene del loro pacifismo. Dolours Price e sua sorella Marian si danno alla lotta armata. ‘Non dire niente’ è una serie complessa costruita bene, con dei bei personaggi (ispirati in parte a persone realmente esistite, tipo Dolours), che tratta un tema difficile come il conflitto nordirlandese. Al centro della storia c’è il mistero di una donna con dieci figli prelevata nella notte da casa sua, dalla propria vasca da bagno anzi, e sparita nel nulla. Ma c’è anche il ruolo delle donne nell’IRA: Dolours non vuole limitarsi a nascondere armi o mettere bende ai feriti come le altre donne del movimento, preferisce vestirsi da suora e rapinare una banca per raccogliere fondi. La serie è tratta da un libro d’inchiesta uscito qualche anno fa ed è una delle più profonde e originali dell’anno.

6. Mr. & Mrs. Smith (Amazon Prime)

Non sappiamo più come mettere in scena la crisi della coppia tradizionale. Ci provano, in questo caso, Francesca Sloane e Donald Glover (in arte Childish Gambino), già autori di una serie di culto come Atlanta. La serie è ispirata al film del 2005 con Brad Pitt e Angelina Jolie e racconta di una coppia di trentenni che, per ragioni diverse ma anche economiche, decidono di diventare delle spie. In ogni puntata ricevono istruzioni su una specifica missione di cui conoscono solo i dettagli essenziali: potrebbero benissimo stare dalla parte dei cattivi e non cambierebbe niente. È una serie d’azione, certo, che tiene spesso col fiato sospeso, ma è anche un contorto tentativo di mostrare le difficoltà delle relazioni uomo-donna. Gelosia, insicurezza, madri più o meno invadenti, fiducia reciproca. Una coppia di assassini che però potrebbero anche uccidersi a vicenda: è davvero questo il matrimonio?

5. Shogun (Disney +)

La prima serie in lingua giapponese a vincere degli Emmy Awards (tra cui quelli come miglior serie drammatica, miglior regia e miglior attore e attrice protagonista) è tratta dal romanzo di James Cavill, uscito nel 1975 e lungo di più di mille pagine, tutto riassunto in dieci puntate. Un successo talmente straordinario che si sta parlando di una seconda stagione anche se, appunto, il libro originale è finito. ‘Shogun’ parla del conflitto tra cinque feudatari che nel 1600 si sono dati guerra per controllare l’intero Paese, filtrato attraverso gli occhi di John Blackthorne, un marinaio inglese naufragato, unico superstite di una spedizione commerciale di centinaia di uomini, alla corte di Toranaga. Questa serie offre: splendidi paesaggi e costumi, combattimenti armonici, persone bollite vive e che fanno harakiri. Non è difficile capire perché Shogun sia piaciuta tanto tra una stagione e l’altra di House of the Dragon (che, per inciso, non è in questa classifica perché due soli episodi davvero soddisfacenti su otto non sono abbastanza).

4. Eric (Netflix)

Un bambino di nove anni sparisce nel nulla nella New York di metà anni Ottanta. Eric non è il nome del bambino ma della marionetta che il padre ha creato apposta per lui, in un tentativo disperato di farsi perdonare il suo terribile carattere. Vincent (Benedict Cumberbatch) è l’autore di una trasmissione per bambini ma è anche un uomo alcolizzato che ha difficoltà a gestire la rabbia. Dietro la storia di un figlio che scappa dal padre (e dalla madre, che non è molto meglio, interpretata però egregiamente da Gaby Hoffmann) si intravede una città corrotta in cui comandano i costruttori immobiliari. E se per qualche puntata pensiamo che davvero Vincent abbia potuto fare del male al figlio, no, ‘Eric’ non è quel tipo di storia.

3. The Bear (Disney +)

La terza stagione di ‘The Bear’ non è piaciuta a tutti anche se, in un certo senso, segna un ritorno all’azione dopo la seconda, più contemplativa. Carmy (il sempre più bello e celebre Jeremy Allen White) finalmente apre il suo ristorante ed è di nuovo un’esperienza limite, intensa, sadomasochistica. La sua socia Sidney (Ayo Edebiri) capisce di essere poco più di un’assistente. L’unico che se la passa bene è il cugino Richie (Ebon Moss-Bachrach), finalmente a proprio agio nei panni del cameriere da stellato. Si staccano dalla media e innalzano la serie almeno tre episodi, di cui due stand-alone, slegati dalla narrazione principale. Poche serie possono permettersi parentesi così raffinate e profonde senza perdere la tensione, ma insomma a The Bear manca magari qualcosa (un po’ di ironia in più, ad esempio) ma certo non la tensione.

2. Baby Reindeer (Netflix)

La serie di cui si è parlato di più quest’anno, però, è ‘Baby Reindeer’. Sia per il tema trattato – lo stalking, ma di una donna nei confronti di un uomo – sia perché si tratta della storia vera del suo autore e protagonista, Richard Gadd. Donny Dunn (nome fittizio del protagonista) è un aspirante comico che lavora in un pub di Londra, dove entra in contatto con Martha Scott, disperata megalomane che scambia la sua gentilezza per una promessa d’amore. Donny si accorge troppo tardi del pericolo che corre e quando chiede aiuto alla polizia non viene preso sul serio. Un uomo molestato da una donna? E dove sarebbe il pericolo? Paradossalmente è proprio portando sul palco la sua vergogna, trasformando il suo spettacolo stand-up fallimentare in una confessione, che Donny ha il successo che sognava. ‘Baby Reindeer’ è un’indagine psicologica a tratti difficile da sostenere e il personaggio di Martha, anche grazie all’incredibile performance di Jessica Gunning, ha scatenato la curiosità del pubblico. In poche settimane qualcuno è risalito alla vera Martha, che è finita per dare la propria versione ai giornali. Il che serve solo per ricordarci fino a che punto Baby Reindeer abbia avuto effetto.

1. Hacks (Netflix)

Le premesse di ‘Hacks’ sono piuttosto semplici. Ava Daniels è una giovane autrice comica che non può più lavorare a Los Angeles a causa di un tweet sbagliato, così la sua agenzia le procura un colloquio con Deborah Vance, una settantenne che vuole rinnovare il proprio spettacolo stand-up che va in scena in un casinò di Las Vegas. Il segreto di ‘Hacks’ è tutto qui, nella diversa energia tra due donne brillanti e divertenti – anche grazie alle interpretazioni di Hannah Einbinder e Jean Smart che le interpretano. Si amano e si odiano, Ava aiuta Deborah a scrivere uno spettacolo più sincero e contemporaneo, Deborah le restituisce la reputazione che le era stata tolta e contemporaneamente le insegna a lavorare insieme ad altre persone, per altre persone. Chi lo avrebbe detto che il rapporto affettivo tra due donne di età diversa sarebbe bastato a rendere speciale l’ennesima serie più o meno incentrata sul mondo della stand-up comedy, eppure Hacks è arrivata alla terza stagione (su Netflix al momento sono disponibili solo le prime due stagioni) e quest’anno ha vinto un Emmy come miglior serie comica. Jean Smart, da parte sua, ha vinto la sua sesta statuetta come miglior attrice. In fin dei conti ‘Hacks’ ci ricorda che per fare una bella serie non servono per forza di cose draghi, zombie senza naso o samurai: bastano due bei personaggi.