Spettacoli

Tutto in una notte. Ma che emozione con ‘Diplomazia’ al Lac

Elio De Capitani e Ferdinando Bruni hanno portato a Lugano lo scontro per salvare Parigi tra il generale nazista e il console svedese

(Laila Pozzo)
5 dicembre 2021
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Il filo attorcigliato d’un telefono a rotella che ballonzola abbandonato a se stesso, senza nessuno che risponda alla voce che chiede gracchiando: “Parigi brucia?”. È l’ultima scena dell’omonimo film (sceneggiatura di Gore Vidal e di un giovane di belle speranze di nome F.F. Coppola) firmato nel 1966 da Réné Clement, forse il primo a portare l’attenzione del pubblico su quella notte fatale del 24 agosto 1944. Una pellicola dal cast che sarebbe riduttivo definire stellare: J.P. Belmondo, Charles Boyer, Leslie Caron, Alain Delon, Kirk Douglas, Yves Montand e Simone Signoret, Anthony Perkins, Michel Piccoli, Gianluigi Trintignant e, tanto per non farsi mancare proprio nulla, Orson Welles!

Secondo i piani del feroce baffetto austriaco (è lui che chiede al telefono “Ist Paris verbrannt?”), la Ville Lumière all’alba del 25 agosto avrebbe dovuto essere ridotta a un cumulo di macerie, con l’effetto collaterale di uno o due milioni di morti. Tonnellate di tritolo sono state sistemate dagli artificieri nazisti ai piedi della Tour Eiffel, nelle navate della cattedrale di Notre Dame e sui tanti ponti parigini, escluso il Pont Neuf per garantire alle truppe svasticate una precipitosa ritirata, non troppo eventuale siccome le divisioni e i tanks del generale Leclerc possono già intravvedere la rotonda di Place de la Concorde e assaporare il trionfo che li aspetta sugli Champs-Élysées.

Perché quell’immane tragedia non si compì? È questo l’interrogativo sciolto dal commediografo francese Cyril Gély (classe 1968) con la sua pièce “Diplomazia”, portata in scena nei giorni scorsi al Lac di Lugano, che ha prodotto lo spettacolo in collaborazione con lo Stabile di Catania e il Teatro dell’Elfo. Dire “Elfo” significa dire soprattutto Elio De Capitani e Ferdinando Bruni. Abituati a confrontarsi/scontrarsi sul palcoscenico (“Frost/Nixon”, e più recentemente “Il vizio dell’arte”, dove interpretano il dramma di due artisti omosessuali come il compositore Benjamin Britten e il commediografo Wistan H. Audan), potevano questi due mattatori del teatro italiano lasciarsi sfuggire una occasione così ghiotta come il duello tra il generale tedesco Dietrich von Choltitz e il Console svedese Raoul Nordling? No, ovviamente e per nostra fortuna! Il loro duello di bravura è stato emozionante. L’uno in tenuta d’ordinanza della Wehrmacht, l’altro in un elegantissimo completo di lino bianco, i due si fronteggiano senza esclusioni di colpi. “Qui batte il cuore del mondo, lei non può distruggere Parigi!” esclama il Console. “Se disattendo gli ordini, la mia famiglia finirà a Ravensburg”, ribatte il generale. De Capitani ha una postura (spalle in fuori, petto in dentro) talmente sinistra da ricordare davvero la classica iconografia che rimanderà ai posteri i varî Göring, Himmler, von Ribbentrop e via gerarchi elencando.

Il Console svedese non agì di solo fioretto, sottolinea Gely: facendosi talvolta scudo della neutralità del suo Paese, Nordling mette alla corde il generale ricordandogli che la guerra, per la Germania, è ormai perduta (in Normandia sono sbarcati gli Alleati il mese prima, l’Armata Rossa ha travolto le truppe tedesche sul fronte orientale). “Perché un tale massacro? Vuole passare alla storia come il distruttore di una delle città più belle del mondo?”

Sappiamo tutti come fortunatamente andò a finire, ma cionostante – e nel rispetto dell’unità di tempo e luogo di ellenica memoria – la coppia De Capitani-Bruni ha portato il pubblico a un crescendo drammatico di incredibile intensità. Sicché, quando al termine dello straordinario duello von Choltitz si arrende al suo lucido disincanto, il palco è inondato dalle bandiere francesi e in sala si diffondono le note della Marsigliese, tutti in sala abbiamo tirato un sospiro di sollievo! E dunque i ripetuti, convinti applausi sono fioccati spontaneamente e… liberatori.

Per la cronaca, von Choltitz e Raoul Nordling, dopo quella drammatica notte, si sono incontrati una sola volta, nel 1955.

Il loro prolungato abbraccio, narrano le cronache, è valso più di mille parole.