Concerto dei Barocchisti, venerdì per la rassegna Voci e Not(t)e del Cinema Teatro. “Senza pubblico ci si sente un po’ persi, isolati” ha spiegato Fasolis
Era alla Fenice di Venezia, Diego Fasolis, con ‘Ottone in villa’ di Antonio Vivaldi: la prima opera del compositore veneziano e «credo la prima opera in teatro in Europa dopo il lockdown: un po’ duro tra protezioni, mascherine, distanziamenti ma ce l’abbiamo fatta» ci racconta Fasolis che venerdì alle 21.30 – sabato alla stessa ora in caso di brutto tempo – sarà in scena con i suoi Barocchisti per la rassegna Voci e Not(t)e del Cinema Teatro di Chiasso (prenotazione obbligatoria entro la mezzanotte di oggi sul sito www.centroculturalechiasso.ch).
La Fenice, il teatro distrutto dal fuoco e risorto dalle ceneri: un bel luogo per riprendere a fare musica.
È stato anche il motivo per cui, quando mi hanno chiesto di dirigere anche un concerto, ho proposto il fuoco e l’acqua di Händel, con le suite di ‘Water Music’ e ‘Royal Fireworks Music’. È stato emozionante: suonare nella platea libera da sedie, con il pubblico intorno e questo scheletro di una nave in via di costruzione… è venuta giù qualche lacrimuccia, diciamocelo!
E adesso a Chiasso, con un allestimento diverso ma comunque legato all’emergenza sanitaria.
Ci vuole il coraggio di ripartire. E come si va tutti al supermercato a fare la spesa, tutti al ristorante a mangiare, tutti su treni e aerei per viaggiare – non si vede perché i teatri, con le giuste protezioni, non possano funzionare.
Sono ben contento di poter ricominciare, anche per dare un po’ di speranza ai musicisti free lance che sono tra le categorie più maltrattate da questa pandemia. Aggiungo che come Barocchisti in febbraio ho fatto richiesta di sostegno, ma a oggi non ho ancora avuto risposta. Trovo preoccupante dopo aver pagato vent’anni di contributi neanche ricevere una risposta. O meglio: la risposta, se ho capito correttamente, è che le associazioni saranno le ultime a essere trattate… ma io ho decine di persone che da mesi non hanno lavoro e non mangiano.
Abbiamo i primi concerti, ma per un ritorno alla normalità ci vorrà tempo, immagino.
Come Barocchisti e Coro della Rsi, appena ci è stata data la possibilità di ritornare nell’Auditorio Stelio Molo abbiamo ripreso a lavorare “per l’antenna”: streaming e registrazioni sono il nostro ‘core business’ per cui non abbiamo strettamente bisogno di pubblico in sala. In questo siamo un po’dei privilegiati, ma è anche vero che l’influenza del pubblico sul risultato artistico è un dato di fatto. Anche in questi primi concerti: appena trecento persone in un teatro che ne contiene ben più di mille, ma applaudivano così calorosamente da far sentire la loro partecipazione.
Spero quindi di poter continuare: ho un impegno in Francia, in una zona non particolarmente colpita e spero vada tutto bene… è tutta una situazione un po’ paradossale, un po’ malata in cui si cerca di sopravvivere guardando il proprio vicino un po’ in cagnesco temendo ti possa contagiare. Non è una bella situazione.
La presenza del pubblico cambia così tanto, per un musicista?
Cambia enormemente: il pubblico è parte integrante di uno spettacolo, il musicista o il cantante che sta sul palco percepisce benissimo l’energia che il pubblico gli trasmette. Anche alla Scala, tante recite della stessa opera e da una sera all’altra la differenza è enorme e non dipende dall’impegno dei musicisti ma dalla reazione del pubblico. Il pubblico giovanile del pomeriggio, con i biglietti a prezzo contenuto, scatena un entusiasmo che magari non c’è alla prima, con le persone che pagano di più ma magari hanno un po’ di puzza sotto il naso. Il pubblico lo si sente moltissimo e senza pubblico ci si sente un po’ persi, un po’ isolati: sembra più una prova che un concerto. Ci vuole immaginazione per sentire il pubblico che magari ti sta ascoltando alla radio…
Vedremo il pubblico di Chiasso.
Abbiamo scelto una delle opere più straordinarie per la sua simpatia: ‘La serva padrona’. Non ci sono troppi cantanti, solo due più un mimo, l’orchestra piccolina però è una musica straordinaria. Non a caso Pergolesi è diventato un mito pur essendo morto così giovane. E questa è una delle opere sicuramente scritta da lui: Pergolesi si è visto attribuire decine di composizioni non sue, che non avrebbe neppure potuto scrivere nei pochi anni che la vita gli ha concesso, ma era talmente ammirato che bastava mettere “Pergolesi” al brano di un signor Pinco Pallino per avere un successo garantito.
Per usare un termine contemporaneo, era un ‘brand’.
Esatto. E sono riuscito ad avere due artisti straordinari; Rosa Bove, una mezzosoprano che ho conosciuto lavorando con Abbado, per un’integrale della musica sacra di Pergolesi; Riccardo Novaro che è stato anche il nostro Bartolo per il ‘Barbiere di Siviglia’, un professionista di primo piano. E un mimo, Jacopo Sorbini, un attore consigliato da Rifici del Lac – a dimostrazione che anche in Ticino ogni tanto si riesce a unire le forze.
A lui sarà affidata la parte scenica?
Con queste opere non puoi stare fermo a leggio, ma c’è un’azione. Ed è indispensabile, per capire la storia, avere in scena il servo che fa la parte del pretendente della serva affinché il padrone la sposi: in alcune occasioni l’ho fatto io, ma mi sono detto che questa volta è meglio prendere un vero attore.
In programma avremo l’intera ‘Serva padrona’
Sì, è un’operina in due parti da mezz’ora l’una. Erano intermezzi che all’epoca venivano proposti in mezzo alle opere serie: tutto questo repertorio napoletano di “opere da ridere” venivano introdotte nelle pause: si stava sei-sette ore in un teatro, con i tre o quattro atti dell’opera seria inframezzati dalla prima e seconda parte dell’opera buffa. Un’usanza che ho vissuto ancora, ma oggi impraticabile.
E poi due concerti per mandolino.
SÌ: avendo a disposizione un mandolinista straordinario come Duilio Galfetti, eseguiamo a mo’ di ouverture e intermezzo della ‘Serva padrona’ dei brani di musica napoletana con mandolino, proprio per dare una luca ancora più gioiosa a questo evento: il mandolino è uno strumento che dà il sorriso, incanta ma al contempo alleggerisce.