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La rivoluzione culturale animale

L'apprendimento sociale non è una peculiarità degli esseri umani, ma è diffuso in tutto il regno animale. Con conseguenze importanti

La cinciarella ha imparato ad aprire le bottiglie di latte.
5 aprile 2021
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A inizio Novecento, le cinciarelle di una cittadina inglese hanno imparato ad aprire le bottiglie di latte, così da mangiare la panna che si formava in superficie. Ma, soprattutto, quelle cinciarelle hanno insegnato ad altre cinciarelle questa pratica, tanto che nel giro di qualche anno l’apertura delle bottiglie di latte da parte di questi uccelli si è diffusa in altre parti del Regno Unito. Ed è forse questo l’aspetto più importante: non la dimostrazione di ingegno, ma l’aver diffuso una conoscenza, l’aver una cultura se con questo termine intendiamo tutto quello che è appreso da altri individui e trasmesso nella stessa maniera.

Le cinciarelle inglesi hanno quindi una forma di cultura, un comportamento che passa da un uccello all’altro per apprendimento. E non sono certo un’eccezione nel mondo animale, come scrive lo zoologo e psicologo britannico Andrew Whiten in una rassegna pubblicata su ‘Science’ (‘The burgeoning reach of animal culture’). Nel suo articolo Whiten fa il punto sulla situazione, riassumendo i principali studi sul tema e tracciando possibili sviluppi futuri.

La prima cosa da dire è che casi di cultura animale sono molto diffusi e non solo tra gli animali evolutivamente più vicini agli essere umani. Abbondano tra i primati – che comunque presentano le situazioni più complesse con varie “tradizioni”, ad esempio alimentari o nella scelta del partner, che si combinano –, come detto ne troviamo tra gli uccelli, ma anche tra insetti e pesci, con i bombi che scelgono i fiori in base alle preferenze degli altri bombi o gli spinarelli che imparano dai simili a riconoscere i predatori.

Che cosa può essere socialmente appreso, tra gli animali? Praticamente di tutto: dalle scelte alimentari alla collocazione del nido, dai percorsi migratori all’uso di strumenti alle pratiche di corteggiamento, dai ritmi circadiani alle pratiche di grooming (la “toelettatura” reciproca per rimuovere i parassiti) alle abitudini sociali.

A questo va aggiunto che secondo alcuni studiosi i comportamenti culturalmente appresi potrebbero essere addirittura sottostimati, dal momento che una pratica viene definita culturale solo quando è possibile escludere spiegazioni genetiche e ambientali, perdendo di vista quindi i casi “misti” con adattamenti di tipo culturali a situazioni ambientali.

Molti degli studi, osserva Whiten, sono svolti in laboratorio dove è più facile controllare l’introduzione di nuove pratiche sia escogitare test specifici, come una scatola di frutta il cui particolare meccanismo di chiusura può essere sbloccato in diversi modi. Non mancano tuttavia le osservazioni in natura che confermano la diffusione e l’importanza della cultura animale.

La trasmissione di questi comportamenti culturali avviene non solo tramite imitazione – che comunque può essere più o meno fedele, il che ha grande importanza per lo sviluppo di nuove pratiche – , ma anche mostrando come utilizzare alcuni strumenti, valutando le conseguenze positive e negative di certi comportamenti o richiamando l’attenzione su alcune caratteristiche dell’ambiente circostante. Quali pratiche di apprendimento sono attive dipende, ovviamente, dalle competenze cognitive a disposizione degli animali. Il che, scrive Whiten, mostra quanto antiche siano le fondamenta evolutive della cultura e dell’apprendimento sociale, un tempo ritenuti particolarità del solo essere umano. Il punto non è solo ricordarci che siamo animali come gli altri – le differenze sono di grado e non di qualità, scriveva già Darwin un secolo e mezzo fa –, ma comprendere il ruolo della trasmissione culturale. L’apprendimento sociale rappresenta un secondo livello di ereditarietà  che si aggiunge a quella genetica e può quindi dar luogo a processi di evoluzione culturale, anche se gli studi in questo campo sono ostacolati dalla scarsità di documentazione su cui fare studi: non abbiamo né fossili né scheletri di pratiche e usi degli animali del passato. Cultura e genetica, osserva Whiten, possono influenzarsi dando via a processi di coevoluzione, arricchendo il quadro dal momento che l’apprendimento sociale non avviene solo verticalmente, tra genitori e figli, ma anche orizzontalmente (tra individui della stessa età non imparentati) e obliquamente, tra gli anziani del gruppo sociale e i più giovani. Può quindi capitare che determinati comportamenti culturali esercitino una pressione selettiva su alcune caratteristiche genetiche oppure che differenze di tipo culturale portino all’isolamento di popolazione, dando il via allo sviluppo di nuove specie.

La conseguenza di tutti questi studi, conclude Whiten, è l’aggiunta di molti più dettagli nel già complesso quadro della vita sulla terra. Aprendo ad alcuni interrogativi molto importanti per quanto riguarda la protezione dell’ambiente. Data la sua importanza, l’apprendimento sociale deve essere preso in considerazione quando si tratta di liberare animali vissuti in cattività, per non parlare si chi vorrebbe clonare animali scomparsi per ottenerne la “de-estinzione”. Inoltre, come dobbiamo considerare, in termini di perdita di biodiversità, la scomparsa di una “tradizione culturale” animale?