Maurizio Vandelli per la Fondazione del Patriziato. Il 5 dicembre al Sociale le canzoni dell'album ‘Emozioni garantite’, tributo all'amico Lucio
Quali canzoni di Lucio Battisti avresti voluto scrivere? «Se vuoi faccio prima a dirti cosa non avrei voluto scrivere. E comunque c’era Mogol in una forma smagliante, che scriveva cose da pelle d’oca. Ai tempi di Lucio, Mogol non sfornava testi per canzoni, ma sceneggiature per film. È incredibile come cantandole o ascoltandole vedi le immagini. ‘La luce dell’est’, ‘Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi’, ‘Emozioni’, versi come “e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire”. In quei testi c’erano cose mai sentite prima».
Maurizio Vandelli non sostiene più di avere scoperto Lucio Battisti, “altrimenti mi denunciano”, disse tempo fa in tv. Preferisce limitarsi al fatto che fu lui a presentarlo al discografico Mariano Rapetti, padre di Giulio Rapetti, in arte Mogol. Qualunque sia la vera verità, Vandelli rende omaggio a Lucio giovedì alle 20.30 al Teatro Sociale, nella Bellinzona dei Beatles Days di cui l’ex Equipe 84 è amico da tempi non sospetti. Protagonista del concerto di fine anno della Fondazione del Patriziato di Bellinzona, aperto quest’anno dalla ticinese Martina Capozzi, Vandelli porterà sul palco l’album-tributo ‘Emozioni garantite’, dove i garanti sono Battisti e Mogol.
Il tuo è un tributo a Battisti ma se Battisti fosse vivo lo dovrebbe lui un tributo a te…
Una volta mi disse: “Sì, io in fondo qualcosa ti devo”. Gli chiesi: “In soldi?”, e diventò pallido, perché quando si parlava di soldi non li tirava fuori nemmeno per il caffè (ride, ndr). A parte questo, mi disse: “C’è una piccola differenza da quando hai inciso ‘29 settembre’: prima quando entravo in banca facevo la fila, ora mi stendono i tappeti rossi”.
Di Battisti si è detto di tutto e il contrario di tutto, scostante e affabile, di destra e di sinistra. Dove sta la verità?
Lucio era un tipo ironico, divertente, al contrario di quel che si è sempre pensato. Che ci sia stato un cambiamento in lui è certo. Ci siamo frequentati quasi tutti i giorni per un paio d’anni, poi di colpo è sparito, per motivi che non conosco. L’ultima volta in cui l’ho sentito è stato al telefono, dopo la mia vittoria in tv a ‘Una rotonda sul mare’ con ‘29 settembre’: “A Mauri’, questo è quello che intendo io per rivisitazione!”, mi ha detto. Fine, non mi ha fatto nemmeno dire ciao.
Come, quando arriva ‘29 settembre’ nella tua vita e in quella dell’Equipe 84?
Lucio l’avevo incontrato a metà anni Sessanta al night club di Sanremo durante il Festival, dove io facevo ‘attrazione’, come si diceva al tempo, e lui invece suonava nell’orchestra base con Roby Matano. Lì mi aveva fatto sentire, esagero, almeno cento canzoni. Avevo capito che nei brani che scriveva c’era qualcosa di diverso, ma non ne avevo mai incisi nemmeno uno. Quando Lucio firmò il contratto con la Ricordi mi chiamò nell’ufficio del direttore artistico, si mise al pianoforte e mi fece sentire ‘29 settembre’ preceduta da un “Oh, si nun me incidi questa, nun te saluto più!”. Quando arrivò a “poi d’improvviso lei sorrise”, gli chiesi di ricominciare da capo, perché volevo rivivere quel passaggio: un capolavoro. In quel periodo era una canzone diversa da tutte le altre, Arbore disse che con ‘29 settembre’ noi finalmente mettemmo uno stop al beat, e fu così perché quel brano cambiò il modo di cantare dei gruppi italiani.
Riporto una tua definizione dell’Equipe 84: “Già è difficile stare con una donna tutta la vita, figurati con tre uomini”, concetto peraltro applicabile a tutte le band…
Vivere insieme per tanto tempo, viaggiare nella stessa auto con uno che ti fa gli scherzi tutte le volte che ti siedi davanti, tentare di andare d’accordo su cosa suonare… È difficile convivere in una band. La storia dell’andare in barca, quella cosa che dopo un po’ l’ospite puzza, è esattamente come stare in un gruppo. E il paragone con la moglie è sempre valido, la penso ancora così. Pensa che quando feci ascoltare ‘29 settembre’ agli altri, mi risposero “oh, bella ca****”.
Come li hai convinti a inciderla?
Nel modo più semplice: sono andato in studio e me la sono incisa da solo.
Vi hanno accostati ai Måneskin, o meglio, i Måneskin sono stati accostati all’Equipe 84. Questioni di trasgressione?
L’ho pensato anche io. I Måneskin hanno sfidato la moda, i suoni, il modo di scrivere, e mi hanno ricordato noi, nel nostro primo periodo. La differenza è che noi non abbiamo cominciato suonando per strada, ma per il resto vedo più di una somiglianza.
All’inizio hai suonato sulla riviera romagnola, la palestra dei musicisti, un bel banco di prova…
All’inizio sì. Da Modena, dove vivevo allora, non si andava mica a Catania o in Val d’Aosta come succede oggi, si faceva tutto restando in zona. L’Emilia Romagna poi voleva sentire cose buone, perché se non erano buone ai concerti non veniva nessuno.
Emilia Romagna terra di musicisti. Vasco ha scritto per te ‘Ladri d’amore’. Vi frequentate?
Vasco mi ha dato una canzone, l’ha scritta per me, mi ha fatto i complimenti ma non è che ci vediamo tutti i giorni. Non sto a disturbare, ha altro da pensare.
Wikipedia dice che nel 1962 avresti presenziato alle registrazioni di ‘I Saw Her Standing There’ dei Beatles e tu hai sempre negato. La cosa su Wikipedia c’è ancora…
È una c******, e la cosa ridicola è che io, Maurizio Vandelli, correggo l’informazione e una settimana dopo l’informazione torna quella di prima! Scrivano un po’ quello che vogliono…
Forse c’è qualcuno interessato a che resti così. McCartney?
Sì, forse è Paul McCartney che ha bisogno di me per far crescere la sua popolarità. Sì, magari…
McCartney l’hai conosciuto.
Sì, ma questa cosa è già stata scritta. Hai bisogno che te la dica ancora?
Detto da te è un’altra cosa.
Giorgio Gomelsky, produttore degli Yardbirds, manager dei primi Stones, mi invitò a Londra a sentire un gruppo che stava producendo. Mi fece sedere a un tavolo e al mio fianco avevo Paul McCartney, ma non me ne accorsi perché era girato di spalle. Quando Giorgio ebbe la buona idea di fare le presentazioni, disse a Paul: “Lui è Maurizio Vandelli, il cantante del gruppo beat più famoso d’Italia!”. McCartney nemmeno mi considerò. Si comportò da vero c********, magari questo scrivilo in svizzero-tedesco…
Ci sarebbe anche Lennon...
Con lui ho fatto una delle gaffe più grandi della mia vita. Ero stato invitato a una festa, in una casa piena di strumenti etnici appesi ai muri: è partita una jam session, ognuno si è preso uno strumento e l’atmosfera è diventata interessante, magica; a un certo punto una donna si è messa a urlare, a fare pernacchie, sembrava vomitasse, dei versi inascoltabili; mi sono girato sulla sinistra, ho chiesto in modo davvero vergognoso, lo confesso, chi fosse quella donna e quello di fianco a me era John Lennon. “È mia moglie”, mi ha detto. Non sono sicuro che avesse capito le mie parole, perché mi fece un sorriso. O forse pensava la stessa cosa.
Che musica ascolta oggi Maurizio Vandelli?
Accendo la radio e ascolto tutto. Prima che tu me lo chieda, dico subito che amo molto anche certi rapper. Non amo la trap, è violenta, incita al suicidio e all’omicidio e non posso sopportarlo.