Diciamocelo: la vera Opera d’arte totale di cui si vaneggiava nell’Ottocento, la sintesi di tutte le dimensioni spirituali dell’essere umano, è Sanremo
In quel periodo – che a ripensarci adesso pare una perduta età dell’oro – in cui il problema politico e sociale dell’Italia era Silvio Berlusconi, Giorgio Gaber scompigliava le carte dichiarando che quello che davvero temeva “non era Berlusconi in sé, ma Berlusconi in me” (la frase in realtà non era sua, ma non è questa la sede per fare i filologi).
Ecco, quello che sorprende, in questo 2024 ormai senza Gaber e senza Berlusconi, non è tanto Sanremo in sé, ma Sanremo in me. Che in fondo Sanremo in sé sono un po’ di serate televisive – e chi la guarda più, la tv? –, qualche trascurabile polemica su ospiti e cantanti e un po’ di canzoni che gli algoritmi ormai assuefatti a Mahler e Battiato ignorano dalle playlist come un vegano ignora le costine di maiale dal menù. Sanremo in me, invece, è quell’evento che ti circonda, ti avvolge e ti entra nell’anima senza che tu te ne renda davvero conto. Perché diciamocelo, la vera Opera d’arte totale di cui si vaneggiava nell’Ottocento, quella che realizza la sintesi perfetta di tutte le dimensioni spirituali dell’essere umano, è Sanremo. C’è la musica, c’è il teatro, la poesia, l’arte, c’è l’epica della lotta per la sopravvivenza, ci sono le figure archetipiche del mito – l’eroe, il saggio, il ribelle, il mago eccetera –, ci sono la nostalgia per il passato e la speranza per il futuro, la razionalità e l’emozione, la tradizione e l’innovazione.
È abbastanza facile ignorare Sanremo in sé, grazie anche alla frammentazione di un’offerta mediatica digitale sempre più personalizzata. Ma non puoi fuggire a Sanremo in te. Intanto perché salta fuori quando meno te l’aspetti: mi è capitato di sentire citare una canzone di Sanremo a un convegno di chimica industriale – e tutti hanno capito a quale brano ci si riferiva. Ma soprattutto perché alla fine Sanremo racconta l’esistenza umana forse non con la profondità di un saggio filosofico o di un romanzo da premio letterario, ma con la forza dell’unico evento nazionalpopolare rimasto.