A Lugano, tra il 22 agosto e il 4 settembre, quindici dei migliori videoartisti internazionali accendono il tessuto urbano. A colloquio con Eva Fabbris, curatrice.
Le coordinate: Piazzetta San Carlo; Boschetto Parco Ciani, Lugano. Nella stanza dei bottoni c'è l'Associazione fare arte nel nostro tempo (Nel), in collaborazione con il LongLake Festival e l'Usi. La rassegna d'incontri è intitolata ‘È per rinascere che siamo nati’ e vedrà a cavallo tra 2021 e 2022 Dominique Bourg (Università di Losanna), Jacques Dubochet (Nobel 2017 per la chimica), Niccolò Scaffai (Università di Siena). L'appuntamento più vicino è però ‘Illuminating’, rassegna di videoarte internazionale in programma il 22 e 23 agosto dalle 21 in Piazzetta e il 4 settembre alle 20.30 al Boschetto. Quindici i videoartisti che ‘espongono’, portando l'arte nel tessuto urbano per un'analisi della natura come specchio emotivo ed elemento di conforto e simbiosi. Quindici tra pionieri del genere e nuove generazioni. Quindici: Uri Aran, Giorgio Andreotta Calò, Alex Cecchetti, Kiluanji Kia Henda, Joan Jonas, Pauline Julier, William Kentridge, Jieun Lim, Adrien Missika, Pipilotti Rist, Mathilde Rosier, Vanessa Safavi, Roman Signer, Bill Viola, Jala Wahid.
‘Illuminating’ si deve a Eva Fabbris, curatrice e storica dell’arte di base a Milano, dove lavora alla Fondazione Prada come Exhibition Curato. È lei che con Giovanna Manzotti ha curato ‘Illuminating’. È a lei che chiediamo questa personale visita guidata.
Eva Fabbris, partiamo da ‘È per rinascere che siamo nati’?
Sì, è un verso di Pablo Neruda scelto da Cristina Bettelini, presidente, per raccontare il nuovo corso di ‘Nel’, visto che anche l’associazione vuole celebrare con tutta l’attenzione e la prudenza del caso il fatto che usciamo da un periodo molto complesso e, in qualche modo, abbiamo capito che dobbiamo re-immaginare il nostro rapporto con la natura, in un senso che ‘Nel’ vuole vedere come positivo. E all’interno di questa rassegna ha pensato di offrire alla città la presenza dell’arte nello spazio pubblico, per celebrare un ritrovato modo di vivere lo spazio collettivo. All’interno di ‘È per rinascere che siamo nati’, ‘Illuminating’ ha la responsabilità di offrire, attraverso il medium del video, la presenza di arte che racconti, affronti e discuta questi stessi temi.
E la videoarte, quando si parla di ambienti urbani, in essi è calata da sempre...
Le arti visive, l’arte contemporanea sono in realtà molto più legate alla tecnologia di quanto non si tenda a volte romanticamente a pensare. Figure come Pipilotti Rist, una delle protagoniste della serata inaugurale, non appena vengono a sapere che esistono macchine per riprendere accessibili economicamente se le procurano e iniziano a usarle in maniera diversa. Lo stesso è vero per le pareti, inizialmente nate per la pubblicità e non per l’arte, che invece possono essere usate, grazie alla tecnologia, come pareti retroilluminate, ledwall, e Pipilotti è proprio una campionessa di questo uso ambientale del video. Nel caso di Lugano, avremo una situazione un po’ più classica, e cioè due schermi, uno per location, con video che non necessariamente sono stati concepiti per essere proiettati all’aperto, ma che hanno messo d’accordo tutti gli artisti coinvolti nella decisione, entusiasti di poter immaginare il proprio lavoro comunque nello spazio pubblico, con lo schermo a fare da diaframma.
Videoarte che in questi mesi di chiusura è stata spesso la migliore soluzione d’emergenza...
Sì, aiutati dal fatto che il video prevede una modalità di fruizione che può essere continua, giorno e notte, e i molti aspetti sia estetici che tecnici rendono la videoarte molto plasmabile, anche solo come risorsa che già alcuni musei avevano contemplato, quella di condividere, anche in tempi limitati, opere storiche o nuove di videoarte nei siti dei musei, risorsa importante perché, diversamente da altre soluzioni, il video di un computer non sarà un supporto ideale, ma è sicuramente meno ‘traviato’ di un olio su tela, di una scultura o di una installazione.
Il concetto ‘Illuminating’ assume ulteriore significato se affiancato a ‘Yellow’: ‘Yellow Illuminating’ è uno dei due colori scelti da Pantone per rappresentare l’anno 2021.
È qualcosa che a me incuriosisce sempre, il come esistano entità, in questo caso private, che si prendono la responsabilità di provare a definire per sintesi un determinato periodo storico. Quando ho scoperto che Pantone propone un colore dell’anno, per rendere cromaticamente il mood, la temperatura emotiva dell’anno, l’ho subito trovato un bel modo di sintesi a livello globale. E mi è rimasto in mente questo Yellow Illuminating, un colore che parla di energia, di futuro e di resilienza, parola sin troppo usata, sì, ma il motivo c’è ed è perché di resilienza c’è tanto bisogno. Da una parte, come ci ricordano i fratelli Lumière, cinema e videoarte non sono che immagini in movimento visibili grazie alla luce, da cui, molto semplicemente, ‘Illuminating’; dall’altra parte c’è anche questo aspetto più ‘culturalizzato’ di un colore che ci è piaciuto come piccolo spunto per il titolo.
Come sono stati scelti i nomi e quali particolarità regala questa rosa di 15 artisti?
Nel momento in cui questa presenza suscita una curiosità, per me era molto importante, stante il fatto che la gran parte del pubblico di ‘Illuminating’ sarà un pubblico di passanti, ben lontani dagli addetti ai lavori, che l’insieme degli artisti documentassero una eterogeneità generazionale e di provenienza geopolitica. E dunque ci sono pionieri come l’americana Joan Jonas, nata nel 1936, che fonde videoarte, performance, teatralità e danza. Un altro artista non solo dedito alla videoarte ma storicamente e socialmente fondamentale è William Kentridge, noto anche perché il suo lavoro, essendo egli nato in Sudafrica, è stato un importante mezzo di denuncia dell’apartheid. Ma allo stesso tempo ci sono figure molto più giovani: mi piace ricordare Jala Wahid, nata nell'88, artista britannica di origine curda che presenta un lavoro all’apparenza molto giocoso, ma da scoprire in tutti i suoi significati nascosti. Ovviamente, com’è giusto che sia, c’è un’attenzione alle figure che hanno dato particolare rilievo alla videoarte in Svizzera. Citavo Pipilotti Rist, con un lavoro recente, e cito anche Roman Signer, Pauline Julier, Vanessa Safavi.
Riassumendo: che importanza ha una mostra pubblica in questo momento?
Rispondo, innanzitutto, specificando che gli artisti sono stati molto coinvolti nel dialogo su cosa sarebbe stato mostrato. E rispondo anche con parole di Mathilde Rosier, artista francese sentita qualche giorno fa, il cui lavoro, ‘Le massacre du primtemps’, sarà proiettato nella terza serata. Mathilde mi parlava di una parola molto semplice, forse un po’ meno presente nel lessico quotidiano di ‘resilienza’, ma forse ancora più efficace, che è ‘energia’. Il suo è un lavoro all’apparenza molto sottile, delicato, in realtà intriso di una forza politica strabordante. Lei dice: “Mi guardo attorno e vedo una natura in difficoltà, e mi chiedo quale sia il mio ruolo come artista. E il mio ruolo come artista è suscitare energia”. Ho trovato che la sua fosse una verità assolutamente ispiratrice. Se attraverso queste proiezioni, che sono a tutti gli effetti proposte estetiche, sorgerà anche solo un senso un po’ diverso di guardare il mondo come si guardava il giorno prima, o un tentativo di trovare nuovi modi per entrare in relazione con esso, intenzione che mi rendo conto essere ambiziosissima, il risultato mi darà conferma del motivo per il quale ho scelto questo mestiere.