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‘Un attacco al servizio pubblico e alle persone che ci lavorano’

Sindacati pronti alla battaglia contro l'iniziativa consegnata oggi per ridurre il numero di dipendenti cantonali. ‘Non ci sono soluzioni facili’

Si annuncia una campagna infuocata
(Ti-Press)
8 gennaio 2025
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Sono pronti a fare muro contro una proposta «pericolosa e controproducente». I sindacati Ocst, Vpod e Sit respingono per direttissima l’iniziativa “Stop all’aumento dei dipendenti cantonali”, le cui firme – circa 11mila – sono state depositate questa mattina dal comitato promotore composto da esponenti di Plr, Centro, Lega, Udc, nonché da Aiti e Camera di Commercio.

«È un attacco al servizio pubblico e all’intera amministrazione cantonale. Amministrazione dietro la quale ci sono persone e famiglie». Non ci gira intorno Davina Fitas, responsabile del settore servizio pubblico e docenti dell’Ocst. «Se ci fosse davvero un problema, e su questo punto ci sarebbe da discutere, non è sicuramente con questo genere di iniziative che lo si risolve». Continua Fitas: «L’acqua che riceviamo a casa, le strade su cui ci spostiamo e molto altro ancora. Sono davvero tanti i servizi che diamo per scontati ma che funzionano grazie ai dipendenti pubblici. Dipendenti che, tra l’altro, sono quasi tutti cittadini svizzeri del ceto medio. Persone che vivono e pagano le tasse nel nostro cantone». A essere contestato da parte della responsabile Ocst per il settore pubblico è anche «il ribaltamento di prospettiva che questa iniziativa propone. Un ribaltamento pericoloso. Si mettono infatti al primo posto le risorse e solo dopo i bisogni. Servirebbe invece prima capire cosa serve da parte dell’ente pubblico. Questo senza dimenticare che il Ticino ha una condizione di isolamento geografico e culturale dal resto della Svizzera che gli impedisce di stringere facilmente collaborazioni con altri Cantoni».

Parte dai numeri il segretario cantonale dei Sindacati indipendenti ticinesi (Sit) Mattia Bosco. «L’aumento dei dipendenti dell’amministrazione pubblica è un fenomeno generale. A livello di Confederazione i lavoratori statali sono cresciuti del 20% in vent’anni. Negli altri Cantoni del 30%». Logica quindi la conclusione: «Il Ticino non fa altro che seguire un trend. È sbagliato pensare che il nostro Cantone abbia dinamiche tutte sue». A proposito di tendenze, «in Ticino la popolazione è cresciuta e pure il numero di occupati. Sarebbe semplicistico e sbagliato guardare solo l’aumento del numero di lavoratori dell’amministrazione cantonale, senza considerare un contesto che va tutto nella stessa direzione». Per Bosco «il rischio è quindi di trovare soluzioni facili a problemi complessi, andando a tagliare risorse dove servono». Altro punto: «Si rischia di andare verso l'esternalizzazione dei servizi offerti dall’ente pubblico. Magari è proprio quello che auspicano i promotori dell’iniziativa, ma i rischi sono molteplici e dubito si vada incontro agli interessi del cittadino».

Tra gli argomenti detti e ridetti dai promotori dell’iniziativa c’è lo studio Idheap, che rimarca come il costo dell'amministrazione ticinese sia del 33% superiore rispetto alla media degli altri Cantoni. «È un dato da prendere con mille pinze, che va contestualizzato», avverte Giulia Petralli della Vpod. «Primo, questa analisi ingloba sia Cantone che Comuni. Il dato andrebbe quindi scomposto e analizzato solo per l'amministrazione cantonale. Secondo, il contesto ticinese è complesso e necessita di uno Stato forte per sopperire, per esempio, alle mancanze dell’economia che paga salari ben al di sotto della media nazionale». Aggiunge Petralli: «Limitare senza un criterio preciso e un’analisi dell’apparato statale il personale amministrativo non è sinonimo di efficienza, ma di disservizi».

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