Christian Vitta (Dfe) esprime soddisfazione in merito alla decisione degli Stati di non abolire l'imposta sul valore locativo per le residenze secondarie
«Con questa decisione si riesce perlomeno a salvaguardare una cinquantina di milioni per il Ticino, ovvero attorno a una trentina sul piano cantonale e oltre una ventina su quello dei Comuni». La decisione a cui guarda con soddisfazione il direttore del Dipartimento finanze ed economia (Dfe) Christian Vitta è quella presa oggi dal Consiglio degli Stati di non abolire l’imposta sul valore locativo per le abitazioni secondarie, e questo andando contro il parere della Commissione dell’economia e dei tributi (Cet-S) della stessa Camera. Commissione che di recente si era allineata al Consiglio nazionale a favore dell’eliminazione di tale imposta per tutte le residenze, ossia anche quelle secondarie, legandola all’introduzione di una tassa reale ad hoc sulle ‘seconde case’ per non penalizzare eccessivamente i Cantoni turistici e di montagna – Ticino, Vallese e Grigioni in particolare – che ne contano un’elevata quota. Insomma, l’annosa controversia sembrava aver preso una strada in discesa per la sua risoluzione, ma oggi in aula c’è stato un nuovo altolà. D’altronde la Conferenza dei Cantoni alpini anche di fronte alla tassa di compensazione adottata dalla Camera bassa a settembre, e al compromesso che era parso in seguito delinearsi, aveva suonato i campanelli d’allarme: “Saremmo colpiti in modo sproporzionato, oltretutto in un periodo in cui si susseguono programmi di risparmio su tutti i fronti”, scriveva.
«Sì, da parte nostra, come Cantoni alpini, ci eravamo espressi in maniera molto critica sul fatto di voler togliere l’imposta sul valore locativo anche per le residenze secondarie perché questo avrebbe comportato delle perdite importanti per il Cantone ma anche per i Comuni su quelle case che peraltro sono occupate anche da persone non domiciliate nel nostro territorio e che costituiscono quindi una fonte di entrata che altrimenti non ci sarebbe – articola Vitta –. Gli Stati, abbiamo visto, alla fine hanno cassato questa proposta. Ora rimane la divergenza col Consiglio nazionale e bisognerà vedere il prosieguo dell’iter». Va specificato che il Ticino, come la maggioranza di tutti i Cantoni, è critico anche rispetto all’adozione della misura per le sole abitazioni primarie nel caso in cui questa avvenga senza una adeguata compensazione: «Rimane una questione di risorse pubbliche che vengono a mancare in un periodo già difficile», commenta Vitta.
L’imposta sul valore locativo è un reddito fittizio che va ad aggiungersi al reddito ordinario e da cui il proprietario può dedurre gli interessi passivi e i costi di manutenzione. I tentativi di abolirla, dopo la sua introduzione nel 1915, sono ripetutamente falliti alle urne e in Parlamento. Le Camere federali da qualche anno sono tornate alla carica con una revisione in materia che è già stata approvata sul fondo da ambo i rami, ma il pomo della discordia fra Nazionale e Stati resta quello relativo a se attuare una trasformazione totale di sistema oppure se modificare la prassi solo per le abitazioni principali. I “senatori” si sono sempre espressi per quest’ultima variante, mentre Consiglio nazionale e governo per il cambiamento totale. Per indorare la pillola, come detto, la Camera del popolo ha approvato l’introduzione di un’imposta immobiliare speciale che i “senatori” hanno oggi bocciato con 26 voti contro 15 e una astensione, respingendo poi la proposta di abolire il reddito locativo per le residenze secondarie con 29 voti contro 12.
Il dossier torna nuovamente sui banchi del Consiglio nazionale e, alla luce delle visioni diametralmente opposte tra Camera del popolo e dei Cantoni, è molto verosimile che finisca in Conferenza di conciliazione. Non è da escludere che qualcuno tenti di far saltare il banco, ovvero di affossare definitivamente la riforma. Se così dovesse andare, tutto resterebbe allo status quo. C.P./ATS