Approvata la Pianificazione ospedaliera. Regole uguali per tutti e numeri minimi, De Rosa: ‘Non possiamo chiudere gli ospedali a piacimento’
Senza grandi entusiasmi, e con un’infinita carrellata di «si poteva fare di più», è stata approvata dal Gran Consiglio – 46 favorevoli, 7 contrari e 12 astenuti – la Pianificazione ospedaliera da qui al 2032, ovvero il documento che fissa gli indirizzi strategici per il settore sanitario cantonale. Una pianificazione «di transizione», come è stata definita dai suoi sostenitori, che ha come principali novità lo stabilire regole d’ingaggio uguali per tutti gli attori sanitari presenti sul territorio (attualmente non è così) e l'introdurre il concetto delle “quote minime” per ottenere un mandato. «La pianificazione è soprattutto un esercizio di resistenza a preoccupazioni, tentazioni e critiche di vario tipo», afferma il relatore del rapporto Matteo Quadranti (Plr) che nel suo documento aveva parlato di “selva oscura dei molti interessi, spesso contrastanti e sempre rilevanti”. «L’obiettivo di questa Pianificazione – riprende Quadranti – non è quello di decidere quali strutture devono rimanere aperte e quali chiudere. Questo lo determinano i criteri stabiliti, che danno a tutti la possibilità di partire con le medesime opportunità. Sia enti pubblici che privati. Senza dimenticare che va garantita la qualità e l’accesso alle cure».
Lo strumento dei numeri minimi prendo spunto dal ‘modello Zurigo’ che «fissa criteri qualitativi molto rigorosi e precisi. Serve infatti massima trasparenza», spiega il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa. Tra le novità, come detto, anche i numeri minimi. Uno strumento «a favore della qualità» che permetterà di concedere il mandato solo agli attori che dimostrano una determinata casistica. La nuova pianificazione, inoltre, farà in modo che tutti gli attori siano chiamati a rispettare gli stessi paletti. «Ora ci troviamo con alcuni enti che sottostanno alla pianificazione del 2005, altri del 2015. Un’evidente disparità».
De Rosa rispedisce poi al mittente le accuse di “scarso coraggio” per mantenere i costi. «Per limitare i costi il Consiglio di Stato non può semplicemente chiudere gli ospedali. Nei confronti dei privati non abbiamo alcun potere mentre sull’Eoc la competenza è semmai del Gran Consiglio. È vero, il numero di letti sembra sovradimensionato – riconosce il direttore del Dss – ma gli ospedali oggi sono strutture dinamiche e la pianificazione non si basa più sul numero di letti. Questo dato è quindi un po’ fine a sé stesso se non addirittura fuorviante».
Dai banchi della Lega la proposta di affidarsi, in futuro, a un ente esterno. «Resto convinto che si poteva e si doveva fare di più – dichiara Alessandro Mazzoleni –. Spero che al prossimo giro la pianificazione sia trattata da un organo esterno e oggettivo, con una perizia che faccia confronti con altri cantoni e ci dia una chiara visione economica. Dobbiamo essere ben coscienti che se non mettiamo mano all’offerta i costi della sanità non diminuiranno e quindi nemmeno i premi».
Per il Partito socialista il problema resta invece quello del finanziamento. «Se guardiamo al rapporto col Pil, la spesa sanitaria in Svizzera è in linea con gli altri Paesi. Il problema – spiega Danilo Forini – sta nel fatto che noi chiediamo una tassa uguale per tutti invece che premi proporzionali al reddito». Sui costi, invece, il Ps spinge anche per l’introduzione di numeri massimi, «lo facciamo in tutti gli altri settori… perché qui no?».
Per il deputato Claudio Isabella (Centro) «diversi passi sono già stati fatti». Il riferimento è alle moratorie in alcune specializzazioni mediche e nel settore delle cure a domicilio. «Il nostro cantone, per divisione culturale e geografica, ha più difficoltà nel trovare sinergie».