In attesa degli emendamenti su pedagogia speciale e sussidi di cassa malati, è iniziata questo pomeriggio la discussione in parlamento sulle finanze
Alessandra Gianella (Plr) parte dalla ricostruita cattedrale di Notre-Dame per spiegare quanto serva ragionare in ottica futura, Maurizio Agustoni (Centro) dice e non dice perché sia mai che butti male, Boris Bignasca (Lega) fa e disfa da solo finendo col chiedere aiuto al suo gruppo per «decidere come votare», Fabrizio Sirica (Ps) cerca di capire quale sia il vero Ticino tra statistiche e povertà. Le consuete citazioni vedono la vetta inesplorata raggiunta da Tiziano Galeazzi (Udc) che legge Abramo Lincoln, mentre Sergio Morisoli (Udc) gioca in casa e si affida alla madre spirituale Margaret Thatcher. Ogni Preventivo è diverso dagli altri, ma quello che oggi il Gran Consiglio ha cominciato a discutere è più uguale di altri. Grandi dibattiti, gruppi parlamentari che scrivono a raffica emendamenti al rapporto firmato da loro stessi nella commissione della Gestione, accuse di catastrofismo a vicenda, il mondo sembra finire domani e vien quasi da fare scorta di scatolame. Ma poi alla fine l’alba arriva, come sempre, a farsi beffe della classe politica tutta. È questo, in soldoni, il riassunto della prima giornata della consueta litania annuale che accompagna i conti preventivi del Cantone.
Base di partenza: siamo messi malissimo. «Il messaggio del Consiglio di Stato presentava un deficit di 64 milioni, salito a 102 dopo che il parlamento ha bocciato tassa di collegamento e progressione a freddo, e dopo che dopo l’incremento dei premi di cassa malati è aumentata la Ripam», snocciola il presidente della Gestione e relatore del rapporto di maggioranza Bixio Caprara (Plr). Mica finito: «Il debito pubblico galoppa a 3 miliardi, ci fa spendere 45 milioni l’anno per gli interessi e non stiamo rispettando il principio di operare in situazione di equilibrio come chiesto dalla Costituzione, non dal libretto della Migros». Caprara ricorda anche le aggiunte della Gestione, che dovrebbero – dovrebbero, eh – abbassare il deficit a una novantina di milioni: il taglio del 2% alla spesa per beni e servizi, la «correzione della crescita della spesa per la pedagogia speciale», l’auspicio che le spese per l’asilo si allineino a quanto concesso dalla Confederazione e non un franco in più, correzione del tetto massimo per gli investimenti abbassato a 260 milioni.
Caprara difende tutto – «la situazione è tutt’altro che semplice, e son state superate inevitabili diversità di opinioni» – e si concentra soprattutto sulla pedagogia speciale che tanto fa discutere dentro e fuori da Palazzo: «Non intendiamo, ripeto, non intendiamo mettere minimamente in discussione l’importanza e la delicatezza del tema. Il Cantone ha chiesto e sta chiedendo sacrifici molto importanti a fondazioni ed enti esterni che si occupano di situazioni altrettanto delicate, si tratta di coerenza e simmetria di sacrifici».
Rispedisce tutto al mittente il relatore del rapporto di minoranza della sinistra, il capogruppo Ps Ivo Durisch: «La narrazione governativa evidenzia difficoltà finanziarie e disavanzi, ma non ha un’analisi oggettiva sulle cause strutturali. Questi non sono risultati di eventi contingenti, ma colpa degli sgravi fiscali che ora pesano sui conti pubblici». Va da sé: «Scegliete di ridurre le entrate e il meglio che viene proposto è tagliare la spesa pubblica, alla faccia dei sacrifici! Saranno anziani, invalidi e giovani a pagare le conseguenze di tagli alla formazione, alle prestazioni sociali e alla sanità pubblica». La spesa, sottolinea Durisch, «aumenta perché aumentano i bisogni, e il problema non è l’aumento della spesa ma il fatto che i ricavi non crescono proporzionalmente». Perché? Semplice, «per gli sgravi fiscali». Insomma, non va bene: «È un Preventivo debole coi forti, e forte coi deboli: il contrario del motivo per cui è stato creato lo Stato moderno».
Il secondo rapporto di minoranza, quello dell’Udc che sembra piacere a Bignasca – si aspettano conseguenze magnetiche dello strano evento per il pianeta tutto –, è difeso da Roberta Soldati: «Dal governo mancano volontà e coraggio di decidere misure strutturali incisive a medio lungo termine per arginare il disastro, attendere la revisione della spesa è un alibi che fa perdere molti anni nell’inerzia. Essere responsabili oggi non significa approvare il Preventivo, ma chinarsi sulla spesa che è esplosa».
Col direttissimo Bellinzona-Parigi ci si catapulta davanti alla cattedrale di Notre-Dame, che la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella menziona come esempio: «Bisogna edificare il futuro, guardare al di là del momento presente, trascendere dai bisogni immediati pensando al lungo periodo». E in un non dichiarato ‘per fatto personale’ cui mancava il destinatario, parrebbe essere un noto politico ed editore valmaggese del Centro, si lancia contro «le pressioni dei tempi e gli emendamenti dell’ultimo minuto, presentati anche da chi a parole dovrebbe sostenere un compromesso già fragile», riferendosi all’emendamento che chiede di riassegnare i due milioni tolti alla pedagogia speciale. La carità cristiana di Notre-Dame ha l’effetto che ha: «Ognuno pensa alle sue sensibilità o al vento elettorale», rincara Gianella. Che, come il Plr, aspetta gli emendamenti in votazione – si spera – oggi per valutare il sostegno definitivo al Preventivo.
Il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni si lancia in piatti della bilancia e pesi tra entrate e uscite che si spostano come le scale di Harry Potter, fondamentalmente per dire che «le vigorose reazioni del mondo economico e della società civile hanno reso evidenti i limiti di un esercizio che non rinneghiamo ma non può entusiasmarci». L’appello è a proteggere i giovani: «La loro tranquillità e serenità, come quelle di tutta la popolazione, ci deve interrogare come membri della comunità prima ancora che politici».
Boris Bignasca, si diceva. Bell’intervento: «Ci sono delle leggi, e vanno rispettate». E invita la sinistra «ad approvare il rapporto di Caprara, che prevede spese per 4,5 miliardi mentre bocciandolo si torna al Preventivo 2024 che di spese ne aveva 4,3 di miliardi». E tra dubbi e ironia, presenza scenica sempre invidiabile e bisogno di tenere unito un gruppo e un movimento, chiede allo stesso di aiutarlo a decidere dopo «aver visto il risultato finale».
Il copresidente socialista Fabrizio Sirica non fa prigionieri: «Mai avuto un Pil così alto, la ricchezza cresce, mai incamerate così tante entrate fiscali dalle persone fisiche nonostante gli sgravi... ma siamo maglia nera sui salari, abbiamo il record di Contratti normali di lavoro quindi siamo pieni di dumping, abbiamo il record di lavori interinali: viene da chiedersi quale sia il vero Ticino. Mi sbalordisce che nessuno si assuma la responsabilità politica, tra un governo consociativo foglia di fico per la deresponsabilizzazione e questo rimpallo tra maggioranze di governo e parlamento».
Il capogruppo Udc Sergio Morisoli, andando oltre il lutto del novembre 1990 e le dimissioni della Thatcher vuole parlare «di libertà e moralità della finanza pubblica, più che di finanze in senso generale». Non c’è verso, è tutto un macello: «Tocca al governo tirarci fuori da questo disastro».
La co-coordinatrice Samantha Bourgoin chiede di allargare la coperta per chi è più in difficoltà e agendo belli incisivi, con il notevole effetto scenico di tirar fuori due ferri da maglia di diverse grandezze: «Chi conosce il lavoro a maglia sa che allargare la coperta con gli aghi numero 15 lo si fa molto meglio e più in fretta che con quelli del 2,5». E che freddo che fa a Bellinzona.
«Non stiamo parlando di tagli indiscriminati, ma di responsabilità e visione. L’obiettivo non è ridurre lo Stato, ma migliorarlo. Uno Stato più efficace concentrato sulle priorità essenziali». Sono questi i capisaldi che devono portare all’avallo del Preventivo 2025 secondo il vicepresidente del governo Norman Gobbi. «Senza conti pubblici in ordine – sancisce quindi – ogni azione di sviluppo è destinata al fallimento». Per Gobbi, il preventivo così come concepito dal governo, si basa su tre principi. Primo: «La sostenibilità finanziaria, visto che rispettare il freno al disavanzo non è facoltativo». Secondo, l’efficienza amministrativa: «Ogni franco speso – osserva – deve generare il massimo impatto. Nessun sacrificio sarà comunque imposto alla qualità dei servizi essenziali». Terzo, la responsabilità sociale: «La sostenibilità finanziaria – dice – non può essere disgiunta dall’equità sociale. Nei settori come la sanità e il sostegno alle famiglie, dove la spesa continua a crescere, è nostra responsabilità proteggere le fasce più fragili mantenendo però il rigore e la trasparenza necessaria». Non vanno però ignorate le sfide future: «Le misure di risparmio previste dalla confederazione – ricorda il consigliere di Stato – avranno inevitabili ricadute sui cantoni. Il risanamento delle nostre finanze non è un fine, ma un mezzo indispensabile per costruire un Ticino più forte, competitivo e soprattutto capace di affrontare il futuro con fiducia». Gobbi che, rispondendo alle domande poste sul Dipartimento delle istituzioni, infine dichiara: «Condivido le preoccupazioni sul funzionamento della giustizia, non solo quella penale. Evidentemente c’è bisogno di farla funzionare. Dal punto di vista della flessibilità devo dire che c’è una grande disponibilità nel trovare soluzioni immediate quando ci sono dei problemi. Come constatato ancora quest’anno, soprattutto con le varie supplenze che devono essere implementate a causa di partenze o malattie».
Non sono poche le incertezze in cui si inserisce il preventivo del Cantone. Ad affermarlo è il presidente del governo e direttore del Dfe Christian Vitta: «La politica finanziaria cantonale continuerà a essere condizionata anche in futuro da importanti fattori che non dipendono unicamente da scelte cantonali. Nonostante le difficoltà, il nostro ruolo non è quello di cercare alibi, ma proporre soluzioni». Rende però attenti Vitta: «Eviterei di banalizzare le misure prese in questi anni. Se lo scorso anno non avessimo adottato determinate misure, oggi saremmo in una situazione peggiore». Il Consiglio di Stato, sostiene il suo presidente, si assume dunque le proprie responsabilità. Ma: «Stiamo assistendo a un nuovo fenomeno. Di quasi ottanta emendamenti, oltre due terzi non sono di competenza del parlamento, bensì del governo. Ora, se il Gran Consiglio ci toglie anche la possibilità di decidere sulle misure che ci prendiamo la responsabilità di attuare nell’ambito delle nostre competenze, l’esercizio di riequilibrio finanziario diventa assai difficile».