Il Gran Consiglio avalla lo stanziamento per il quadriennio 2025-2028. Sollievo tra gli istituiti, ma ventilato il referendum finanziario obbligatorio
«È un segnale molto positivo quello arrivato oggi dal parlamento. Un messaggio di fiducia e sostanziato anche da molti interventi in aula che hanno ribadito il valore del polo universitario per lo sviluppo del nostro territorio e delle prospettive di occupazione dei nostri giovani che intendono restare, tornare o venire in Ticino con delle prospettive di medio-lungo termine». Commenta così Franco Gervasoni, direttore generale della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi), l’avallo da parte del Gran Consiglio – sessantacinque voti a favore, due contrari dalla Lega e otto astenuti – del credito di 736 milioni di franchi per il periodo 2025-2028 per l’intero settore universitario ticinese, circa 40 milioni in più rispetto al quadriennio 2021-2024. Gli fa eco Giovanni Merlini, presidente del consiglio della Supsi, da noi avvicinato a margine della votazione: «Il dibattito – afferma – è stato molto interessante. È anche giusto che emergano preoccupazioni per il futuro degli istituti, soprattutto alla luce del quadro finanziario che potrebbe rimettere in discussione alcuni dati acquisiti. Penso soprattutto al pacchetto di risparmi ventilato a livello federale».
La proposta di stanziamento di oltre 700 milioni, lo ricordiamo, era stata condivisa dal Consiglio di Stato con il messaggio di Politica universitaria cantonale per il quadriennio 2025-2028 licenziato lo scorso 3 luglio. Messaggio che delinea gli obiettivi in ambito universitario che l’Esecutivo cantonale si prefigge di raggiungere e definisce i contratti di prestazione con l’Università della Svizzera italiana (Usi), la Supsi e il Dipartimento formazione e apprendimento/Alta scuola pedagogica (Dfa/Asp). “La crescita media annua della spesa cantonale per le università – aveva chiarito la direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs) Marina Carobbio presentando il messaggio a inizio luglio – è dell’1,91%, a fronte del 2,15% del quadriennio 2021-2024”.
«Questo – sostengono i correlatori del rapporto commissionale sul relativo messaggio del governo, il socialista Maurizio Canetta e la liberale radicale Diana Tenconi – è uno dei temi centrali del programma di legislatura». E spiegano: «Sull’importanza del settore universitario credo che siamo tutti d’accordo, come pure sull’impatto che ha sul tessuto sociale ed economico. Già solo il fatto di consentire a un buon numero di studenti ticinesi di studiare sul territorio in un momento di difficoltà economiche per le famiglie è sicuramente un plus. Ci sono poi le numerose ricadute positive legate alla ricerca e all’innovazione».
Come detto, la grande maggioranza dei granconsiglieri ha sostenuto lo stanziamento del credito. Iniziando dal presidente del Plr Alessandro Speziali: «Siamo convinti che il Ticino possa e debba affermarsi, anche, come Cantone della conoscenza». Evocando l’importanza dell’autonomia universitaria e della libertà accademica, Speziali ricorda come la politica accademica sia anche mercato del lavoro: «Le competenze generate da Usi e Supsi – evidenzia – non solo migliorano la qualità della forza lavoro locale, ma attraggono investimenti e creano nuove opportunità imprenditoriali da altri Cantoni e dall’estero».
Sulla stessa linea d’onda anche Maddalena Ermotti-Lepori per il Centro. «Mi pare finalmente acquisita nel nostro Cantone – osserva la deputata – l’importanza di avere sul territorio istituti come Usi e Supsi. Attirando studenti, svolgendo ricerca e offrendo posti di lavoro, generano ricadute positive per il territorio». Non solo. «Nella società attuale – aggiunge – la formazione è veramente un investimento a favore della società tutta».
Pur sostenendo il messaggio (nonostante alcuni franchi tiratori come abbiamo visto), è più prudente l’intervento del leghista Andrea Sanvido. «La formazione superiore – ammette – rappresenta un aspetto centrale della nostra società». Ma, mette in guardia, «ci sono alcuni punti da chiarire. Tra questi che nel prossimo quadriennio si faccia il possibile per attrarre studenti da Oltregottardo in Ticino o che si agisca per frenare la progressiva italianizzazione delle nostre facoltà». Simile la posizione dell’Udc: «Non siamo contrari – rileva il capogruppo democentrista Sergio Morisoli –, ma abbiamo delle osservazioni di cui si dovrà tenere conto nei prossimi anni». E illustra: «Un punto centrale è capire se una tale spesa, presto o tardi, vada sottoposta o meno a un referendum finanziario obbligatorio. È necessaria una proporzionalità tra la crescita di questi istituti e la situazione generale del cantone». In merito, dice Gervasoni, «sicuramente infastidisce che venga sollevata la questione del denaro in questo ambito. Bisogna però anche essere realisti, non si può pensare che il mondo accademico resti fuori dalle discussioni che toccano di fatto tutti i settori della nostra vita. Dispiace chiaramente quando la politica sottostima l’impatto per una conoscenza parziale delle varie dinamiche che stanno dietro a una realtà accademica».
Dalla sinistra arriva compatto il sostegno al credito. Secondo la socialista Tessa Prati, «Usi e Supsi hanno contribuito negli anni a formare un ambiente culturale positivo per il nostro cantone. Il nostro territorio si è potuto così aprire a nuove idee di scambio e di crescita. L’università rappresenta una possibilità concreta per chi già vive in Ticino». E sancisce: «Crediamo fermamente che finanziare queste realtà significhi dare continuità a quanto già ben radicato sul territorio». Nara Valsangiacomo per i Verdi: «Tagliare non è mai gratis, e le conseguenze arrivano in fretta».
Dal canto suo, anche la consigliera di Stato Marina Carobbio, alla testa del Decs, mette in evidenza l’importanza degli istituti universitari sul territorio ticinese: «I centri universitari sviluppano conoscenze direttamente applicabili sul territorio, attirando giovani e creando posti di lavoro, nonché servizi».