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Il clero chiede perdono, i partiti propongono correttivi

Sulla richiesta di introdurre l’obbligo di segnalazione per reati commessi da un ecclesiastico la ‘posta in palio’ potrebbe anche allargarsi

La politica dice la sua
(Keystone)

C’è la richiesta di perdono. Ma se questa sia collegata al più recente fatto (il caso di don Rolando Leo), a quelli degli ultimi anni o sia da considerare come una presa di coscienza più generale resta di non facile interpretazione. Si può a ogni modo dire che è senz’altro un positivo passo avanti verso la necessità di piena trasparenza sul doloroso dossier degli abusi, anche sessuali, che ha visto protagonista, anche nel recente passato, la Chiesa cattolica e con essa anche la Diocesi di Lugano. L’occasione, espressa da preti e da diaconi ticinesi, è venuta martedì a conclusione della seconda Assemblea diocesana del presbiterio. Quattro paragrafi, diciassette righe, che hanno composto un messaggio inviato ai fedeli, e per conoscenza alla nostra redazione. “Siamo coscienti della nostra umana fragilità”, è l’incipit che anticipa il ‘corpus’ del testo: “Se a volte vi abbiamo feriti con parole o gesti, vi chiediamo umilmente perdono. Siateci sempre vicini in modo aperto e critico. Vogliamo assumere la nostra responsabilità pastorale con verità, umiltà e carità”. Abbiamo così rivolto all’amministratore apostolico, monsignor Alain de Raemy, che ha accompagnato questo scritto, alcune domande, anche raccogliendo lo spunto della proposta del Movimento per il socialismo di modificare la Legge cantonale sulla Chiesa cattolica per introdurre l’obbligo di segnalazione immediata all’autorità giudiziaria civile nel caso di reati che concernano un ecclesiastico.

È questa un’attestazione di colpa dei gravi fatti, anche recenti, che hanno avuto come protagonisti presbiteri ticinesi o perlomeno preti attivi nella Diocesi di Lugano?

Ritengo che sia un atto di umiltà e volontà di aiutarci a vicenda, coinvolgendo in questo cammino tutti indistintamente. Solo in una Chiesa vissuta con corresponsabilità, dove tutti, chierici e laici, trovano ascolto, possiamo condividere gioie e affrontare dolori della vita di ciascuno, guidati dal Vangelo.

Perché, proprio in questo momento, la volontà di chiedere perdono ai fedeli?

Questa Assemblea era già prevista da diverso tempo. È stata l’occasione per ritrovarci e vivere fraternamente tra ministri ordinati. Abbiamo quindi vissuto questo momento nell’attualità, e dal profondo del cuore abbiamo ritenuto di rivolgerci a tutti i fedeli con le parole del Messaggio che avete ricevuto.

La volontà di chiedere perdono porta, quindi, alla presa di coscienza di aver commesso eventuali sbagli, anche all’interno della Curia, nel gestire alcuni dossier/casi?

Come è noto, la Conferenza dei vescovi svizzeri ha affidato all’Università di Zurigo uno studio storico per ripercorrere le vicende di abusi che hanno toccato la Chiesa svizzera negli ultimi decenni. Oggi, abbiamo a disposizione dei regolamenti precisi e sempre più chiari per la gestione di questi casi. Noi ci impegniamo ad applicare queste direttive, anche con la consulenza professionale di esperti in materia.

Qual è la posizione della Curia in merito alla proposta dell’Mps?

Non entriamo in materia per due ragioni. Perché la domanda esula dall’Assemblea diocesana del presbiterio e con il messaggio conclusivo. Spetta al governo dare una risposta, per cui non è opportuno commentare ora la questione. Resta il fatto che papa Francesco è stato chiaro su questa tematica.

La politica risponde

A prendere posizione sulla proposta avanzata dal Movimento per il socialismo è invece il mondo politico. «L’iniziativa propone di considerare la Chiesa alla stregua dell’amministrazione pubblica, dove esiste un obbligo generalizzato di segnalare i reati constatati o segnalati nell’esercizio della propria funzione», afferma il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni. «Diversamente dall’amministrazione cantonale, il vescovo dovrebbe però segnalare unicamente i presunti reati commessi dagli ecclesiastici. Mi sembra un approccio poco coerente, che limita la protezione delle vittime. Se c’è un obbligo di segnalazione, questo deve valere indipendentemente dalla ‘professione’ del presunto autore». Insomma, la materia è decisamente delicata e per Agustoni va analizzata nel dettaglio. «Bisogna inoltre chiedersi se l’obbligo di segnalazione proposto per la Chiesa, non debba essere valutato anche per altri ambiti in cui sono attivi dei minorenni come ad esempio associazioni sportive o colonie». Il capogruppo del Centro suggerisce quindi di riflettere su un obbligo di segnalazione generalizzato per quanto riguarda i reati commessi contro persone minorenni, chiaramente sulla base di elementi concreti. «Già nel 2012 ero stato relatore a sostegno di una proposta formulata in questo senso. La competenza per un obbligo generalizzato è federale e Fabio Regazzi aveva formulato la stessa proposta a Berna, ricevendo parere negativo dal Consiglio federale secondo il quale un obbligo generale di denuncia mal si concilia con uno Stato liberale di diritto». Il discorso cambia per casi che riguardano persone adulte. «Una persona potrebbe avere il desiderio di aprirsi e condividere una propria situazione di disagio con una persona di fiducia, ma potrebbe essere frenata dal fatto di potersi poi trovare automaticamente coinvolta in un procedimento penale. È un aspetto estremamente delicato – rimarca Agustoni – che ci obbliga a riflettere con grande attenzione. Bisogna fare in modo che una norma pensata per tutelare le vittime non si trasformi in un ostacolo a chiedere aiuto». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Alessandro Mazzoleni (Lega): «Per tutte le figure professionali che hanno a che fare soprattutto con minorenni, come medici o docenti, penso che sia giusto avere un obbligo di segnalazione. Un obbligo che quindi deve valere anche per gli ecclesiastici». Per il granconsigliere e avvocato «la questione diventa però delicata quando qualcuno si rivolge alla Chiesa in un’ottica di confessione. Una circostanza che può essere ritenuta simile al segreto professionale che hanno alcune categorie, come ad esempio gli avvocati. Se qualcuno arriva da me e ammette un reato io purtroppo non posso, proprio per il segreto professionale, andare a segnalarlo al Ministero pubblico». Per Mazzoleni «l’aspetto interessante di questa iniziativa dell’Mps è quello di sollevare il tema dell’obbligo di segnalazione. La sua implementazione però va discussa con grande attenzione, magari preferendo il piano federale a quello cantonale. Senza dimenticare – aggiunge il deputato leghista – che non bisogna introdurre una norma che disincentivi la ricerca d’aiuto da parte di potenziali vittime. Bisogna infatti sempre offrire uno spazio dove ci si sente liberi di esprimersi con persone di fiducia. Persone non per forza obbligate a rivolgersi immediatamente alle autorità». «Nel merito della proposta penso si possa sicuramente entrare», afferma dal canto suo Matteo Quadranti (Plr). E illustra: «L’obbligo di segnalazione esiste in svariati campi. Nel settore sanitario, come pure in Gran Consiglio». A ogni modo, «andranno fatte tutte le considerazioni del caso, valutando eventuali accorgimenti, in particolare nell’interesse e a tutela delle vittime». «Il principio è positivo e so che a livello federale ci sono disposizioni simili. Fare qualcosa di analogo sul piano cantonale mi sembra una via che vada seguita». Anche per Laura Riget (Ps) il tema sollevato dall’Mps «deve essere affrontato, ma con un’attenzione accresciuta vista la delicatezza del tema. Bisogna fare di più per segnalare il più tempestivamente possibile gli abusi su minori. Non bisogna però dimenticarsi, e mi riferisco a casi che coinvolgono adulti, i desideri della vittima. È inoltre necessario considerare e rispettare un’eventuale scelta di privacy e di non procedere a livello giuridico».

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