Sindacati preoccupati per la diminuzione di concorsi pubblici presenti sul Foglio ufficiale. Isabella (Ocst): ‘I prossimi mesi saranno decisivi’
«Siamo preoccupati. Il calo di commesse pubbliche è ormai una tendenza consolidata e i primi a rimetterci, se non si inverte subito la situazione, saranno i dipendenti». È un campanello d’allarme quello che vuole suonare Claudio Isabella, sindacalista di Ocst. Un campanello rivolto soprattutto alla politica. «Sono diminuite anche le commesse da parte del settore privato, è chiaro, ma qui agire è più difficile. Entrano infatti in gioco fattori macroeconomici come il rialzo dei tassi d’interesse e il rincaro delle materie prime. A livello di ente pubblico – afferma Isabella – è invece più facile intervenire per cambiare la situazione». Anche perché i numeri sono lì da vedere: «Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno la media di commesse pubbliche pubblicata quotidianamente sul Foglio ufficiale si è praticamente dimezzata. È un dato sul tavolo della commissione paritetica, e non lascia tranquilli». A segnalare per primi il calo e le sue possibili conseguenze erano stati gli impresari costruttori a marzo.
Preoccupazioni alle quali il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali aveva risposto affermando che non c’era nessuna strategia di risparmio in questo ambito.
La situazione, spiega il sindacalista di Ocst, non è in ogni caso ancora disperata. «In questo periodo siamo molto presenti sul territorio e le difficoltà nell’avere appalti pubblici si percepisce con forza. Con meno appalti a concorso aumenta la concorrenza tra le aziende, una dinamica che non è sempre sana e che può avere delle conseguenze negative anche per i dipendenti. Al momento – precisa Isabella – non siamo ancora in questa situazione, ma il rischio di arrivarci tra qualche mese c’è». Qualche esempio concreto: «Ci sono aziende che, al momento, prevedono per il prossimo anno di avere una mole di lavoro dato da commesse pubbliche del 50 per cento inferiore a quella del 2023. La paura è data dalla mancanza di stabilità e le imprese scelgono quindi di restare prudenti anche per quanto riguarda il personale».
L’attenzione del sindacato è ovviamente rivolta in primo luogo ai dipendenti. «Restare senza lavoro in questo periodo è difficile. Va poi detto che l’edilizia è un settore trainante dell’economia, sia cantonale che nazionale. Se rallenta le conseguenze ricadono anche su altre produzioni, come quella del vetro o del legname. Sono quindi diversi i posti di lavoro che rischiano di saltare».
Il momento decisivo arriverà nei prossimi mesi, quando con l’arrivo della primavera riprenderà a pieno regime l’attività dell’edilizia, storicamente più ‘ferma’ durante i mesi invernali. «La tendenza in atto non si cambia però in poco tempo. Per far tornare a pieno regime la ‘macchina’ alimentata dagli appalti pubblici ci vogliono mesi. Ecco perché è importante agire adesso. Altrimenti – conclude Isabella – si rischia di finire in una spirale negativa dalla quale è poi più difficile uscire».
«È una situazione preoccupante», dichiara subito Dario Cadenazzi, responsabile Settore edilizia Unia Ticino e Moesa. «È però difficile entrare nel merito in un contesto dove i conti cantonali sono un tema così tanto discusso». Il riferimento è alla situazione ancora incerta legata al Preventivo cantonale, ancora sui banchi della commissione parlamentare della Gestione, e alla riforma tributaria, con la sinistra (sostenuta pure da Unia e Ocst) che ha lanciato il referendum. «I risparmi non vanno fatti su settori necessari come quello della manutenzione stradale, che dipendono molto dalle commesse pubbliche». I lavoratori, secondo Cadenazzi, «sono già preoccupati dal mancato riconoscimento del rincaro. A questo – aggiunge il sindacalista di Unia – si lega come detto la situazione dei conti cantonali. Che potrebbero vedere da un lato, la diminuzione dei sussidi di cassa malati e di altre prestazioni, e dall’altro uno sgravio fiscale per le fasce più ricche della popolazione. I dipendenti in ogni caso sanno di essere una risorsa per le aziende. I prossimi mesi saranno però decisivi per capire in che direzione andrà il settore».