laR+ Ticino

‘Si punta il dito sul governo? Gli altri tre contro sé stessi’

Alla ripresa dei lavori commissionali, il presidente della Commissione della gestione Caprara a tutto campo su sfide, auspici e previsioni sul 2025

In primo piano Bixio Caprara
(Ti-Press)
7 gennaio 2025
|

Smaltite le feste è il momento di ricominciare a darsi da fare per tutti, anche in politica. A partire dalla Commissione parlamentare della gestione che, dopo le vacanze natalizie, torna oggi a riunirsi. Dopo le scorie del Preventivo 2025 e le varie, immancabili polemiche partitiche e non, il presidente della Gestione, Bixio Caprara (Plr), a colloquio con ‘laRegione’ parla dei suoi auspici, e della via che secondo lui bisogna percorrere: «Serve più cultura politica, e i deputati si ricordino che quando puntano l’indice contro il governo le altre tre dita sono rivolte verso di sé».

A dicembre abbiamo assistito a un Preventivo passato per il rotto della cuffia e tra i meno sostenuti degli ultimi anni, le premesse per il 2025 non sembrano buone. C’è spazio per l’ottimismo?

Churchill ricordava che la politica è l’arte di passare da una delusione all’altra senza mai perdere l’entusiasmo. In realtà conta il risultato e il Preventivo è passato meglio di quanto indichino i numeri considerando alcuni posizionamenti tattici di taluni deputati che hanno deciso sapendo che non avrebbero compromesso l’approvazione finale. La questione è alla fine piuttosto semplice: il Gran Consiglio, e lo stesso vale per il governo, deve rispettare il mandato popolare che ha chiesto di risanare i conti dello Stato dando la priorità alla correzione della spesa. Non invece aumentando le entrate e in particolare le imposte. È un compito che richiede impegno, coerenza e determinazione. Poi si può anche essere ottimisti.

Però in una fase politica dove ognuno sembra andare per conto suo. Quanto è importante per lei la ricerca del compromesso? E questa ricerca ha dei paletti che devono essere rispettati? Lei cita molto spesso l’articolo 34 della Costituzione, che dà la priorità al contenimento della spesa più che all’aumento delle entrate. Si sente un disco rotto?

In questa società liquida credo sia utile ricordare che le nostre istituzioni si fondano su basi solide quali la nostra Costituzione che, con tutto il rispetto, ha un valore ben maggiore di taluni effimeri decreti legislativi. In Ticino dovremmo recuperare con maggior risolutezza la cultura politica svizzera che fa del nostro Paese, lo dico ai più distratti, un modello a cui molti guardano con grande rispetto, per non dire invidia. Un modello in cui esistono vere pari opportunità di partenza, in cui chi è in difficoltà viene aiutato, in cui le cure sanitarie sono senz’altro costose ma di grande qualità e accessibili a tutti. Lo Stato ha però sempre avuto un ruolo sussidiario, non da protagonista, privilegiando la responsabilità del cittadino e fornendo prestazioni finanziariamente sostenibili in modo efficace ed efficiente. Questi elementi non sono né di destra né di sinistra, ma sono valori intrinseci della politica svizzera.

Nel suo rapporto sul Preventivo 2025, e dopo averci provato qualche tempo fa con un emendamento in Gran Consiglio, ha messo nero su bianco l’auspicio che quando viene formulata una proposta che prevede una nuova spesa venga anche assicurata una copertura. Speranza peregrina, eccesso dell’ottimismo di cui sopra o per lei è, davvero, tra le uniche soluzioni per correggere la rotta?

I deputati dovrebbero ricordarsi che quando puntano l’indice contro il governo le altre tre dita sono rivolte verso di sé. Nel nostro Stato di diritto il governo applica le leggi decise dal parlamento e se quest’ultimo non è consapevole del costo delle proprie decisioni, è piuttosto facile che la spesa sfugga di mano. Einaudi ricordava il principio “conoscere per deliberare” e mi sembra un principio sacrosanto da applicare in modo rigoroso per correggere l’attuale sbilanciamento strutturale della spesa pubblica. In questo contesto diventa pure irrinunciabile e urgente dare finalmente un senso alla revisione dei compiti tra Cantone e Comuni. La tendenza alla cantonalizzazione dei compiti deve essere corretta a favore di una maggior autonomia, responsabilità e indipendenza dei Comuni che però devono forzatamente essere di dimensioni maggiori.

Lei talvolta passa per sceriffo, molto attento alla salute dei conti pubblici. C’è però da dire che il Preventivo proposto dal Consiglio di Stato ha visto impennare di circa 24 milioni il deficit per lo stop a tassa di collegamento e progressione a freddo. Scelte di un Gran Consiglio che però dice sempre di voler risparmiare. Non stiamo assistendo a un cortocircuito che rischia di non essere compreso fuori dal Palazzo?

La tassa di collegamento, pur approvata in modo risicato dal popolo, causa pandemia non è mai stata applicata, ha sempre avuto un fronte di contrari piuttosto consistente e il controprogetto del Consiglio di Stato l’ha probabilmente ulteriormente indebolita. Inoltre la proposta governativa di correzione della progressione a freddo purtroppo non è stata capita. In entrambi i casi si trattava di aumenti delle entrate visti con sospetto dal parlamento. Come approccio ci può anche stare ma poi si dovrebbe appunto lavorare per trovare delle soluzioni alternative come proposto dal rapporto di maggioranza. La cronaca parlamentare dovrebbe forse sottolineare che in fondo alla fine solo due misure di risparmio non sono state approvate: la prima di competenza del governo relativa ai 4,4 milioni di sussidi per i docenti specialistici delle scuole comunali, la seconda la proposta di correzione della richiesta di aumento per la pedagogia speciale. Devo dire che mi spiace vedere una sinistra incapace di andare oltre il principio di voler a tutti i costi aumentare le imposte, sfuggendo all’evidenza che anche taluni aumenti di spesa sono eccessivi e devono essere discussi. Mi sembrano distanti i tempi di un consigliere federale socialista, Otto Stich, che a suo tempo si era fatto promotore di una drastica riduzione delle spese della Confederazione.

Più e più volte lei ha citato il filosofo e pedagogista Heinrich Pestalozzi e la necessità di agire seguendo “testa, cuore e mano”. C’è ancora spazio per il cuore?

Amare profondamente il proprio Paese significa, nella nostra politica di milizia, impegnarsi con grande energia per proteggere le nostre istituzioni. Mi è molto piaciuto il riferimento della neopresidente della Confederazione Karin Keller Sutter all’antico codice medievale, il Codex Abrogans, nel quale si citava che “la Svizzera è un Paese fondato sul compromesso e sull’umiltà”. Ma attenzione: umiltà non significa non avere ambizioni e al termine compromesso, spesso connotato in modo negativo, preferisco il concetto di ricerca di consenso. Ed è importante essere consapevoli che le soluzioni non si trovano, e difatti non le abbiamo trovate, sotto l’albero di Natale. Si devono mettere proposte sul tavolo con la volontà e la disponibilità di discuterle, senza forzature, aut aut e toni declamatori tanto per soddisfare la voglia di protagonismo nella nostra repubblica iper-mediatizzata mirando solo al presunto beneficio elettorale. È un approccio che richiede, appunto con grande umiltà, di rileggere le riflessioni del filosofo e pedagogista Pestalozzi sicuramente valide anche in politica.