Calano le commesse pubbliche e cresce la concorrenza tra aziende. Isabella (Ocst): ‘È il sintomo che alle imprese viene a mancare la liquidità’
Bagnovini (Ssic): ‘I Comuni stanno investendo poco’
Gargantini (Unia): ‘La riforma fiscale toglierà altre risorse’
«Porto un esempio per far capire la situazione. Una commessa pubblica dal valore stimato di 2,5 milioni di franchi è stata aggiudicata a una ditta che ha presentato un preventivo di 1,1 milioni. È emblematico della concorrenza al ribasso che c’è nel settore dell’edilizia in questo momento». È un quadro decisamente preoccupante quello che dipinge Claudio Isabella, sindacalista di Ocst e granconsigliere del Centro. Il numero di commesse pubbliche – ovvero i concorsi pubblicati sul Foglio ufficiale per aggiudicarsi un appalto – sono ancora molto bassi. È quanto lamentano con unità d’intento impresari costruttori e sindacati, che forniscono le cifre: ogni settimana vengono pubblicati in media sul Foglio ufficiale 1,8 concorsi. Lo 0,2 in più dello scorso anno, è vero, ma ben distante dai 3,2 del periodo 2017-2020. «Ogni piccolo miglioramento è ben accetto. Ma un incremento di questo tipo non basta certo a salvaguardare i livelli di lavori e di impieghi», afferma Isabella. «La dinamica che si sta creando è il sintomo del bisogno di liquidità che hanno le aziende e cosa sono disposte a fare per andare avanti e salvaguardare i propri impieghi, magari lavoratori qualificati che non vogliono perdere perché scarseggiano sul mercato».
L’allarme era stato lanciato da impresari e sindacati già lo scorso anno. Ma nonostante gli appelli la situazione «resta molto delicata. Per quanto tempo le aziende vorranno e potranno andare avanti in questo modo senza dover rivedere i propri effettivi? Per un breve periodo qualche appalto di questo tipo, ovvero che ha un margine di guadagno molto risicato, si può anche metterlo in agenda. Ma a lungo andare non è sostenibile. Crea una distorsione importante e anche pericolosa nel mercato», dice il sindacalista di Ocst. Al momento non ci sono state grosse perdite di posti di lavoro. «Le aziende hanno preferito non sostituire i partenti e c’è un ricorso maggiore al personale interinale. Le aziende non sanno quello che succederà in futuro e quindi tendono a non correre rischi assumendo un lavoratore con un contratto stabile».
Torniamo all’esempio portato da Isabella. Cosa comporta un preventivo dimezzato rispetto alla stima del valore dell’appalto messo a concorso? «Ci sono due rischi. Il primo: tramite altri lavori a regia si arriva comunque a fatturare un cifra più alta del preventivo. Un sistema ai limiti della legalità se fatto coscientemente perché ci si avvicina alla concorrenza sleale. Il secondo: qualità dei materiali e degli impieghi sono al ribasso. Si mette fretta sul cantiere per chiudere in tempi brevi e ridurre i costi».
Isabella solleva un altro problema: «La ‘ricorsite’ che prende sempre più piede tra le imprese. Prima era presente soprattutto tra chi opera nel settore delle cave. Ogni gara si portava dietro un ricorso. Ora invece il fenomeno si è allargato anche agli impresari. È un diritto sancito dalla legge – sottolinea Isabella – ci mancherebbe, ma non fa bene al settore se per ogni appalto assegnato c’è un’altra ditta che ricorre e rallenta o blocca i lavori».
Il problema del calo di commesse pubbliche pubblicate sul Foglio ufficiale era stato ribadito negli scorsi giorni anche da Nicola Bagnovini, direttore della Società svizzera impresari costruttori sezione Ticino, in occasione della conferenza stampa di bilancio dell’Associazione interprofessionale di controllo. «La lieve ripresa che c’è stata riguarda soprattutto lavori di piccole dimensioni – aveva spiegato Bagnovini –. Non c’è stata nessuna inversione di tendenza e questo ci lascia poco tranquilli. È possibile che le ditte dovranno fare degli interventi sul personale». Tra chi ha tirato maggiormente il freno agli investimenti «ci sono i Comuni. È un dato di fatto».
Proprio da questa constatazione parte Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia. «Se si vanno a diminuire i budget delle collettività pubbliche, con esercizio di freno all’indebitamento a livello cantonale o anche sui budget delle collettività comunali, come con la riforma fiscale, sarà difficile riportare gli investimenti ai livelli del passato». Il riferimento è chiaramente alle manovre di rientro del Cantone per il 2024 e il 2025 e alla riforma fiscale in votazione il 9 giugno, che andrà a incidere anche sulle casse dei Comuni. «È evidente che se gli enti pubblici devono effettuare dei risparmi si andrà a toccare anche la voce degli appalti. È logico», sostiene Gargantini. «Mi stupisce sempre vedere qualcuno dirsi a favore delle riduzioni di spesa e poi lamentarsi delle sue conseguenze».
Per quanto riguarda la dinamica di concorrenza, il segretario di Unia afferma: «La corsa al ribasso dei prezzi è un fenomeno che c’è da anni purtroppo. Magari si è accentuata, ma non è qualcosa di nuovo. Sappiamo che le aziende hanno principalmente due modi per ridurre le spese: ridurre il numero di lavoratori impiegati su un cantiere o cercare di ridurre i tempi il più possibile. In entrambi i casi – prosegue Gargantini – aumentano la pressione sui dipendenti e i ritmi di lavoro». Lavoratori che, aggiunge il segretario di Unia «sono preoccupati per l’erosione del potere d’acquisto, visto che il riconoscimento del rincaro quest’anno è stato un fenomeno più unico che raro in Ticino».