Le misure di risparmio e rientro dal deficit presentate dal Consiglio di Stato scontentano, a dir poco, i partiti da destra a sinistra e le associazioni
La manovra è arrivata, e la reazione della politica e delle associazioni è fredda. Anzi, gelida. La bocciatura arriva anche, a sorpresa se non nei contenuti sicuramente nei modi, dal Plr. «Si sapeva che l’esercizio di mantenere le finanze sostenibili e sane andava fatto, perché lo dicono la costituzione e il freno ai disavanzi», premette da noi raggiunto il presidente liberale radicale Alessandro Speziali. Che però aggiunge come «sapevamo anche che un cantone fermo da anni in troppe riforme e nel modo di gestire alcune politiche pubbliche è problematico, e ovviamente a un certo punto arriva il conto». E adesso è arrivato? «Sì – risponde Speziali –, alcune misure che vanno a toccare, in questo momento già delicato, il ceto medio e i giovani ci colpiscono e ci deludono, bisognerà lavorare per evitare questo impatto». A «deludere» Speziali è anche «l’incapacità di mettere delle priorità sulla spesa, di tutti i messaggi governativi che si potevano congelare è successo con un solo».
Pure la questione dei dipendenti pubblici preoccupa Speziali, che chiede: «Perché diciamo sempre di tenere un occhio all’ampiezza dello Stato? Per evitare di arrivare a una macchina troppo grande che penalizza le condizioni di lavoro. Questa macchina si gonfia sempre di più, peggiorando la situazione dei dipendenti: questa logica va invertita». Insomma, quella del Plr è «una presa di distanza», soprattutto «da un modo di far politica che si protrae da anni. In Commissione lo scopo non sarà pestare i pugni, ma prendere misure meno dolorose per ceto medio e giovani, lavorare e vedere se con la collaborazione di tutti si riuscirà ad arrivare a soluzioni alternative».
«È sicuro, se non si rinuncerà a questo risparmio fino all'ultimo centesimo, lanceremo un referendum». A confermare le intenzioni del Partito socialista rispetto alla prospettata riduzione dei beneficiari dei sussidi di cassa malati è il presidente Fabrizio Sirica. «Si tratta della misura che più di tutte dimostra il nonsenso di questi tagli perché arriva in contemporanea a un aumento dei premi di oltre il 10%. Questo vuol dire indebolire il ceto medio-basso, ovvero quello che già più di tutti soffre per l’erosione del potere d’acquisto». Estremamenti gravi, secondo Sirica, sono anche i risparmi sugli enti sussidiati: «Si smentiscono le rassicurazioni fatte dai sostenitori del Decreto Morisoli per cui non sarebbero state toccate le fasce più fragili della popolazione. Si taglia invece su istituti per persone con disabilità, anziani e giovani in difficoltà in un momento in cui le problematiche sociali stanno esplodendo». Il presidente socialista critica aspramente anche il non adeguamento della scala salariale al rincaro e la richiesta del contributo di solidarietà col quale «da un lato, per fortuna, chi guadagna sotto i 60mila franchi non è chiamato alla cassa. D'altro canto però, rispondere alle difficoltà tagliando sui salari è anche un messaggio decisamente sbagliato dato all’economia privata, considerando che tra i più grandi problemi di questo cantone c'è proprio la stagnazione dei salari». A fare arrabbiare Sirica è inoltre «l’enorme ipocrisia del centrodestra. Siamo in questa situazione non a causa dell'andamento della congiuntura, ma per il fatto che dal 2017 a oggi sono stati fatti sgravi fiscali ad aziende e a chi ha più sostanza per un importo di oltre 100 milioni, che corrispondono ai soldi che ora mancano. E con la nuova riforma fiscale si vuole continuare a seguire questa direzione. Si tratta di un'ulteriore sberla alla cittadinanza».
«Così a prima vista è un preventivo di tagli lineari che non prevede minimamente quello che avevamo chiesto come condizione per votare il Preventivo 2023. Ovvero, una revisione della spesa pubblica». È un Fiorenzo Dadò pronto alla battaglia quello che commenta la manovra presentata dal governo. «Siamo stati chiari già quando non abbiamo sostenuto il ‘Decreto Morisoli’: per noi tagli alle fasce più deboli non ci devono essere. Ci sono stati e ora tocca a Udc e chi l’ha sostenuto spiegare al popolo questi sacrifici». Dadò è lapidario, «così come presentato il Preventivo 2024 non possiamo votarlo, ma vediamo prima cosa esce dalla Commissione della gestione. Ma ripeto, chi ha voluto e votato il Decreto Morisoli ora vada fuori da Palazzo e spieghi alla popolazione perché invece di aiuti per cassa malati carovita riceve una bastonata. Noi non ci assumiamo responsabilità per misure volute da altri».
Evidente la delusione nei Verdi, con la co-coordinatrice Samantha Bourgoin che esclama: «Le bugie hanno le gambe corte! Questo discorso semplicistico della destra che va tutto bene, possiamo rientrare dal deficit senza gravi danni e senza incidere nella carne viva è falso, sono bugie». E ancora: «Giustificare continuamente queste decisioni dicendo che la popolazione ha avallato il Decreto Morisoli sta in piedi solo a metà, perché alla popolazione sono state raccontate solenni bugie in quella campagna elettorale e il governo non si è mai veramente espresso». Adesso, «per le misure che riguardano il parlamento daremo battaglia, ognuna avrà la sua procedura di ricorso o di referendum e assieme alle altre forze decideremo il da farsi».
Presente a sentire le dichiarazioni del governo anche il segretario regionale dell’Ocst Lorenzo Jelmini, che a ‘laRegione’ subito dopo dichiara tutta la sua delusione. Ma non solo. «Siamo arrabbiati, perché dal governo non è arrivata alcuna misura per garantire un contenimento della spesa negli anni e si è usato il personale come salvadanaio e tagliando per giunta le prestazioni ai meno abbienti». Jelmini guarda al futuro, un futuro di lotta: «Sicuramente ci saranno proteste sindacali e chiamare in piazza la popolazione sarà uno dei primi obiettivi. Poi vogliamo cercare di capire formalmente come possiamo bloccare queste misure aderendo a referendum o altre iniziative che possano permettere di non far entrare queste misure». E hai voglia parlare di collaborazione… «La gente, soprattutto chi fatica di più, trova comunità d’intenti se coinvolta e con i propri bisogni compresi. Non con queste decisioni calate dall’alto», tuona Jelmini.
«La situazione finanziaria – osserva il leghista Michele Guerra, attuale presidente della commissione parlamentare della Gestione – è preoccupante a causa degli effetti della pandemia, oltre che di altri nuovi fattori. Si registrano e si prevedono perdite importanti. Debito pubblico e capitale proprio negativo sono in costante peggioramento. E la spesa è fuori controllo. In questo contesto, come Lega ci siamo sempre posti l'obiettivo di evitare che il peso della situazione ricada sulle spalle di un cittadino già tartassato, con l’aumento di tasse e imposte. Abbiamo perciò sollecitato, e concordato con il governo, un percorso di risanamento delle finanze cantonali che prevede di raggiungere il pareggio di bilancio entro fine 2025, tagliando gli eccessi di spesa, evitando aumenti di tasse e imposte, ed evitando carneficina sociale. Adesso il Consiglio di Stato ci ha presentato un primo pacchetto da 133 milioni riguardante solo il 2024, cui ne farà seguito un secondo con un'altra vagonata di milioni per il 2025. Le misure, di primo acchito, sembrano andare nella direzione del risanamento: bisognerà però che tutte colpiscano solo gli eccessi di spesa. Ora comunque il nostro gruppo parlamentare dovrà valutarle e non escludo che possa proporre delle modifiche anche importanti. Ricordiamoci che lo Stato nell’arco degli ultimi dieci anni ha aumentato la spesa pubblica di circa un miliardo, questo attesta il fatto che vi è un ampio margine di manovra per ottenere un risanamento delle finanze indolore, tagliando solo gli eccessi di spesa, come d’altronde ha chiesto il popolo con la votazione dello scorso maggio».
Nonostante quanto ventilato nell’omonimo decreto, nemmeno il capogruppo Udc Sergio Morisoli si dice soddisfatto. «Quanto comunicato – commenta – non può essere altro che una delusione, non tanto per i numeri, ma per il metodo e i contenuti». E gli argomenti non mancano: «Presentare una manovra di rientro di 134 milioni, su un solo anno, con dentro di tutto e di più, nonché a un mese e mezzo dal voto sul Preventivo non è possibile. È impensabile che un’operazione del genere possa essere approvata in così poco tempo e soprattutto avere effetto sul 2024. Una buona parte di questa manovra è destinata a fallire». Non usa mezzi termini Morisoli: «In materia finanziaria, il governo non fa il governo da anni. Sapeva che, indipendentemente dal decreto, questo rientro andava fatto, dato che è la legge stessa a prevedere il pareggio di bilancio. È una manovra che andava lanciata molto prima, in questo modo sono stati sprecati due anni». «Noi l’abbiamo sempre detto, siamo stati facili profeti – conclude Morisoli – invece di un freno della spesa, con il passare del tempo, sarebbero giunti dei tagli lineari».
«Sono allibita – commenta la deputata di Avanti con Ticino&Lavoro Amalia Mirante -. Una parte non trascurabile delle misure concepite dal Consiglio di Stato sono degli aggiustamenti contabili. Ma in generale è una manovra finanziaria studiata al buio, senza una strategia chiara, senza degli obiettivi chiari. Dove stanno le priorità, anche sul fronte degli investimenti? Non si possono fare investimenti come se non stesse accadendo niente. Quindi, pure a questa voce, bisognerebbe avere il coraggio di dire “rallentiamo, perché oggi non si può fare tutto quello che serve”». Secondo la granconsigliera ed economista, «è però soprattutto nella politica del personale che il governo manifesta debolezza, un’enorme debolezza. Siccome occorre chiedere sacrifici a tutti, si preleva dalla busta paga dei dipendenti cantonali il cosiddetto contributo di solidarietà e non si riconosce loro il carovita. Allora delle due l’una: o i tuoi collaboratori meritano il salario che percepiscono oppure non lo meritano. Se ritieni che non lo meritino, devi avere il coraggio di adottare altre misure». La conclusione: «Ancora una volta c’è un problema di metodo – rileva Mirante –. Il Consiglio di Stato non è in grado di fare un’analisi seria e indipendente della spesa per individuare le inefficienze e recuperare così le risorse finanziarie che servono. Questa manovra è l’ulteriore conferma della necessità di istituire anche in Ticino una Corte dei conti, che aiuti governo e parlamento in questa analisi».
Afferma il deputato del Movimento per il socialismo Giuseppe Sergi: «Anzitutto noi non condividiamo l’idea che bisogna tagliare la spesa pubblica per raggiungere a tutti i costi il pareggio di bilancio nel 2025. Il governo, poi, giustifica questa manovra di risparmi sostenendo che lo impone la Costituzione e la legge, le quali prevedono il meccanismo del freno al disavanzo, un meccanismo che noi consideriamo assurdo. Ma se il Consiglio di Stato ritiene che queste leggi limitino il suo raggio d’azione e lo costringano a varare misure anti-sociali, chieda allora al parlamento di modificare quelle norme. Altrimenti manca di coraggio politico. Questa manovra va contrastata e per farlo occorre costruire una vera e grande mobilitazione sociale, senza escludere uno sciopero da parte del personale cantonale o per opporsi alle misure che lo colpiscono. E che colpiscono anche chi opera per esempio nel settore socio-sanitario». L’Mps propone quindi la creazione di «una struttura unitaria e permanente» che possa «organizzare e coordinare le attività di opposizione alla politica anti-sociale del governo». Di qui «un primo incontro esplorativo». È in agenda per martedì 24 ottobre alle 18 alla Casa del Popolo a Bellinzona.
Dal canto suo anche Eliano Catelli, presidente dell’Associazione dei direttori delle case per anziani della Svizzera italiana (Adicasi), esprimendosi a nome della stessa manifesta preoccupazione per le misure di risparmio annunciate per il settore delle case per anziani sia nell’ambito del Preventivo 2024 che del Piano finanziario 2025-2027: «Pur comprendendo il momento delicato e la necessità di ognuno di fare la propria parte per contenere la crescita della spesa pubblica, le strutture per anziani del Canton Ticino si confrontano da tempo con una situazione di difficoltà, in cui gran parte dei costi riconosciuti dal mandato pubblico di prestazione non vengono da molti anni adeguati al costo effettivo della vita. A partire – evidenzia Catelli – dai costi del personale, che rappresentano oltre l’80% della spesa del settore, sino ad arrivare ai costi dell’energia, della manutenzione e del vitto. In tale contesto, in cui molte strutture, pur efficienti, non riescono già oggi a coprire i costi, ulteriori sacrifici rischiano di avere un grande impatto sul funzionamento delle case, con inevitabili effetti sulle prestazioni erogate ai cittadini».
«Siamo rimasti impressionati, anche se sarebbe meglio dire scioccati, nel vedere che sono stati tolti 11 milioni al settore del sostegno alle persone con disabilità». Non usa mezze misure Danilo Forini, direttore di ProInfirmis Ticino. «Così si mette in pericolo la possibilità di rispondere ai bisogni delle persone. Su questo bisogna essere chiari». Le ripercussioni ci saranno anche per i dipendenti. «Saremo costretti, poi ogni ente farà le sue valutazioni, ad applicare ai nostri collaboratori qualcosa di simile al contributo di solidarietà chiesto ai dipendenti pubblici». Tagli ai salari quindi. «Non so però se quanto fatto dal Cantone (2% a partire da 60mila franchi, ndr) sarà sufficiente per noi». A spaventare di più Forini è il rallentamento progressivo (da -2,7 milioni l’anno prossimo a -6,8 nel 2027) dei fondi per nuove iniziative e progetti. «Si tratta di misure che rispondono a bisogni concordate, tra l’altro, proprio con il Cantone negli ultimi anni. Un esempio: la strategia nuova per aiutare bambini con autismo ha attualmente una lista d’attesa di 70 famiglie. Ora rischia di congelarsi tutto».
«Che l’Esecutivo potesse andare a incidere su altre spese è chiaro e fa male sapere che siano anche i giovani a essere chiamati alla cassa». Quanto annunciato stamane va infatti anche a discapito delle politiche giovanili. Il responsabile regionale di Pro Juventute Ilario Lodi è però tutt’altro che sorpreso: «È inevitabile che il Consiglio di Stato sia giunto a questa conclusione – afferma –. Il Decreto Morisoli prima, il parlamento poi e il Paese in terza istanza non hanno lasciato al governo altra possibilità». Per Lodi quindi «non è l’Esecutivo a essere il problema, bensì un parlamento e un Paese che non vedono nelle politiche dell’infanzia e della gioventù l’importanza che dovrebbe essere loro riconosciuta nella società». E rimprovera: «Se il parlamento e il Paese decidono che è necessario risparmiare e basta, bisognerà che si assumano le conseguenze di queste decisioni, che saranno pesanti. Decisioni che ritengo del tutto insufficienti e probabilmente dettate da una competenza parziale in materia pedagogica».