laR+ IL COMMENTO

Manovra indigesta, ma per cambiare serve coraggio politico

L'anno si chiude con il fallimento dell'azione del Consiglio di Stato. Un Preventivo che non piace ai partiti e una società molto preoccupata per i tagli

In sintesi:
  • La storia del buon padre di famiglia ha stancato. Parsimonioso, certo. Purché non metta a pane e acqua moglie e figli
  • Il malcontento all'esterno del Palazzo è evidente
  • Intanto (anche) il ceto medio dovrà fare i conti con ulteriori rincari
Tagli di Palazzo
(Ti-Press)
23 dicembre 2023
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Il 2023 ticinese si chiude con il fallimento dell’azione politica del Consiglio di Stato. Preventivo 2024 e allegata manovra di ‘rientro’ – traduzione edulcorata di ‘tagli’ – non piacciono alla sinistra, al centrosinistra, al Centro, al centrodestra e neppure a quella destra che, con il decreto Morisoli, ha messo forbici e pallottoliere nelle mani dell’Esecutivo. L’assenza di convergenze in parlamento, che non si limita alla fisiologica dialettica tra maggioranza e opposizione, sul documento finanziario e programmatico più importante che un governo è chiamato a redigere in vista dei dodici mesi a venire, il Preventivo appunto, la dice lunga sulla qualità del lavoro svolto dai cinque ministri/ragionieri in carica, e di riflesso sul gradimento e la fiducia di cui godono.

Ma soprattutto i risparmi confezionati e prospettati dal Consiglio di Stato per raggiungere entro la fine del 2025 il pareggio dei conti preoccupano quei settori della società civile attivi nella presa in carico dei soggetti maggiormente vulnerabili: disabili fisici e psichici (adulti e minorenni, con un disagio giovanile sempre più diffuso), nonché anziani (con una popolazione che invecchia). Preoccupano quelle migliaia di cittadini del ceto medio che vengono esclusi dai sussidi per il pagamento dei premi di cassa malati, nonostante l’ennesima stangata e il profilarsi di ulteriori rincari: affitti, elettricità, farmaci... Preoccupano i dipendenti pubblici, che oltre a non vedersi riconoscere il carovita, vengono nuovamente chiamati alla cassa dall’ennesimo ‘contributo di solidarietà’ per risanare le finanze cantonali. Il malcontento è evidente e le numerose prese di posizione, con critiche anche dure, indirizzate in queste settimane alla commissione della Gestione del Gran Consiglio, sotto la cui lente sono Preventivo e manovra, lo attestano. E suonano come una pesante bocciatura politica del governo (che dovrebbe indurlo a cambiare rotta…).

Per giustificare i tagli il Consiglio di Stato ha posto l’accento, nuovamente, sugli aspetti contabili, parlando (conferenza stampa del 18 ottobre) di “perimetro” e di “paletti” – cioè del freno al disavanzo e soprattutto di quel decreto Morisoli avallato nel maggio 2022 dalla maggioranza di una minoranza di votanti, probabilmente non tutti in chiaro sugli effetti – non superabili. Invalicabili. Ma quali libri sacri sanciscono l’inviolabilità di tali perimetri e paletti? Quali le sanzioni penali comminate? Per proporre la revisione di determinati meccanismi della cosiddetta disciplina finanziaria, serve però coraggio politico. Una qualità che manca a questo Consiglio di Stato. Come peraltro ha confermato la campagna in vista della chiamata alle urne sul decreto Morisoli. In quell’occasione il governo rimase silente. E il paletto venne piantato.

Silenzi complici e narrazioni che hanno francamente stancato. Come la storia (tanto cara in particolare al presidente leghista della commissione della Gestione) del buon padre di famiglia parsimonioso. D’accordo, purché non metta a pane e acqua moglie e figli.

Passiamo quindi al Gran Consiglio, perché sarà chiamato nel 2024 ad avere il coraggio che il Consiglio di Stato ha dimostrato di non avere. Un Legislativo che supplisce ai compiti di un Esecutivo non è mai un bel biglietto da visita, ma è il segno dei tempi in cui viviamo. Nella lunga serie di tagli proposti dal governo, il Gran Consiglio qualche margine di manovra lo avrà. Un esempio su tutti, i sussidi di cassa malati. Certo, bisognerà capire davvero quale sarà la posta in gioco e se la priorità dovranno averla, per un pugno di milioni di franchi, le casse cantonali o le tasche di un ceto medio basso martoriato dal calo del potere d’acquisto e subissato da aumenti di ogni tipo.

La fiducia, lo ammettiamo, non è molta. Il parlamento dovrebbe essere l’espressione dell’intera società, farsi portavoce e testimone dei bisogni che non sono pretese, ma testimonianze di difficoltà alle quali la politica non può voltare le spalle. Non si tratta di ideologia, ma di semplice buon senso. Andare a tagliare con le cesoie in un momento di crisi porta con sé responsabilità molto più grandi del trito refrain della progettualità e del debito che non deve pesare sulle future generazioni. Prima di pensare all’eventuale debito pubblico pro capite, le future generazioni, siamo sicuri, vorrebbero poter studiare, crescere, diventare adulti e lavorare in Ticino senza dover andarsene da affetti e famiglia solo per poter arrivare a fine mese.

I voti popolari sul freno ai disavanzi e sul decreto Morisoli, al netto della partecipazione, della comprensione del tema e della furberia pinocchia di alcune dichiarazioni professate in campagna elettorale, sono indirizzi dati alla politica. Ma poi la politica deve agire, avendo come principale interesse la salute dell’intera società, per farla progredire nel suo insieme e dando a tutti pari opportunità di partenza nella costruzione del proprio futuro. E la smetta, la politica, di girare tremando da sola nei corridoi di Palazzo.

Buon Natale.