La commissione parlamentare spaccata sulla mozione di Biscossa. Udc e Lega nella maggioranza, Ps e Verdi in minoranza, Plr e Centro disuniti
La parità salariale non fa l’unanimità all’interno della commissione parlamentare ‘Costituzione e leggi’, creando divisioni anche all’interno dei partiti. Durante la riunione di ieri sono infatti stati firmati due rapporti, uno di maggioranza e uno di minoranza, sulla mozione ‘Coinvolgimento annuale del parlamento sull’avanzamento del Piano d’azione cantonale per le pari opportunità in Ticino e sull’analisi della parità salariale da parte del Consiglio di Stato’. Inoltrato nel 2021 dall’allora deputata socialista Anna Biscossa, l’atto parlamentare formula alcune richieste: il governo rediga annualmente un messaggio da sottoporre per discussione al Gran Consiglio inerente all’avanzamento del Piano d’azione; inserisca nel messaggio i risultati dell’analisi della parità salariale effettuata dal Cantone sul proprio personale; questa analisi non venga effettuata solamente per l’insieme dei dipendenti, ma anche per ogni singolo Dipartimento.
Il rapporto di maggioranza stilato dalla democentrista Lara Filippini – e sottoscritto, oltre che dai deputati/commissari dell’Udc, dalla Lega, dal Plr e da una parte dei commissari del Centro – insiste sul fatto che attualmente vi siano già tutti gli strumenti necessari per gestire la questione e invita pertanto il plenum del Gran Consiglio a respingere la mozione. Quello di minoranza redatto dalla liberale radicale Roberta Passardi – vi hanno aderito Ps, Verdi e Sabrina Gendotti e Nadia Ghisolfi del Centro –, ritiene invece che questo sia “un tema fondamentale di discussione, che deve coinvolgere tutti i livelli dello Stato, come pure l’economia e la società civile”.
La minoranza della ‘Costituzione e leggi’ evidenzia che, nonostante gli importanti progressi fatti negli ultimi decenni, la parità di genere e le pari opportunità “mancano ancora di una piena e completa realizzazione”. In tal senso, il rapporto di Passardi elenca alcuni dati presentati dal Piano d’azione cantonale per le pari opportunità – che ruota attorno a tre principali ambiti in cui applicare questo principio, ovvero nella sfera professionale, nel contesto formativo e nel settore pubblico e parapubblico – approvato dal Consiglio di Stato nell’aprile 2022: la presenza femminile nelle commissioni e nei gruppi di lavoro dello Stato si attesta per gli anni 2020-2023 al 26,7%, nelle posizioni dirigenziali dello Stato al 21% nel 2021, nei Consigli d’amministrazione degli enti pubblici al 31,7% nel 2022 e nelle direzioni degli stessi al 23,1%.
Il rapporto di minoranza considera anche i risultati dell’ultima analisi della parità salariale in seno all’Amministrazione cantonale svoltosi nel 2021. I dati indicano che “le donne guadagnano mediamente l’1,9% in meno degli uomini (divario che si riduce all’1,2% non considerando le indennità per picchetti, lavoro notturno e festivo)”. Se il Consiglio di Stato rimarca che questa percentuale “si attesta al di sotto della soglia di tolleranza del 5% prevista dalla Confederazione”, la minoranza commissionale ritiene che “l’implementazione di tale proposta possa apportare un beneficio conoscitivo utile”.
Nel rapporto di maggioranza, per contro, si sottolinea che, stando al messaggio del governo del maggio 2022, “sostanzialmente quanto richiede la mozione viene già fatto” e che “il Gran Consiglio dispone già degli strumenti adatti a discutere il tema qualora fosse necessario, in particolare per quanto riguarda l’ambito della gestione interna nell’Amministrazione”. Secondo la relatrice Filippini, non esiste “alcun dato che possa farci supporre che il governo stia andando contro la Costituzione cantonale o che non stia attuando politiche che cerchino di migliorare la situazione delle pari opportunità”: lo dimostra, scrive, l’avvenuta adozione del Piano d’azione cantonale per le pari opportunità. Un’indagine sulla disparità tra uomo e donna condotta dall’Università di San Gallo avrebbe poi rilevato che, delle 615 aziende esaminate, il 99,3% è in regola con quanto prevede la Legge federale sulla parità dei sessi.
Elencando tutta una serie di misure promosse negli scorsi anni, dalla flessibilizzazione delle condizioni lavorative e del tempo di lavoro all’aumento dei congedi per malattia dei figli o per i padri per la nascita dei figli, la maggioranza conclude che, “grazie a queste politiche, l’Amministrazione cantonale ha visto aumentare sensibilmente tra 2005 e il 2022 la percentuale di presenza femminile nelle posizioni quadro. Questo cambiamento culturale non è stato solo frutto del corso del tempo e delle rivendicazioni promosse da più parti, ma è dovuto anche a politiche mirate da parte del Cantone”.