Il direttore del Dipartimento sanità e socialità alla vigilia del nuovo approdo in Gran Consiglio
Ancora atti parlamentari sul dossier Unitas, l’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana finita sotto i riflettori della cronaca, e della politica, per le molestie sessuali commesse al suo interno da un ex alto dirigente dell’ente al beneficio di contributi anche pubblici. Durante l’ultima sessione di Gran Consiglio che si aprirà questo pomeriggio, il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa risponderà a tre interpellanze: una del deputato dei Verdi Marco Noi e due del granconsigliere del Movimento per il socialismo Matteo Pronzini. Abbiamo intervistato il consigliere di Stato prima della seduta parlamentare per fare il punto della situazione. ‘laRegione’ si è intanto appellata, in base alla Lit (la legge sull’informazione e la trasparenza) alla Commissione cantonale per la protezione dei dati e la trasparenza, per poter accedere all’audit commissionato dal Dss.
Perché questa volontà di tener blindato l’audit, rendendolo quindi inaccessibile all’opinione pubblica? Non è forse eccessiva questa segretezza?
Capisco questa richiesta di renderlo pubblico. Anche a me piacerebbe, nel principio, poterlo esporre e dargli la massima trasparenza. Però da subito abbiamo voluto tutelare le vittime e proteggere chi ha, anche spontaneamente, testimoniato un vissuto fatto di sofferenza. Personalmente, fintanto che c’è una sola vittima che chiede che non sia divulgato, sono per garantire la protezione della sfera personale. Un audit di cui ci siamo presi carico per dare la necessaria garanzia e tutela verso chi si sarebbe fatto avanti. Oggi sappiamo che si sono presentate circa una ventina di persone. Per noi è dunque essenziale poter non disattendere la fiducia che ci è stata riposta. È comunque importante ricordare che non è un’indagine che fa un Ministero pubblico con tutte le risorse e le competenze che ha, ma è una verifica esterna. Come è bene ricordare che la Procura non ha potuto aprire un procedimento penale in quanto le molestie sono a querela di parte, che va presentata nello spazio di tre mesi dai fatti. Nonostante tutti questi presupposti abbiamo ritenuto opportuno e doveroso riprendere il mandato dal comitato di Unitas e portarlo avanti nella maniera più seria possibile. Ciò detto, una sintesi delle principali risultanze dell’audit sarà resa pubblica dopo la restituzione da parte dell’avvocato Martinelli Peter all’assemblea.
La richiesta del Consiglio di Stato di sollevare il comitato di Unitas pare cozzare con la libertà concessa allo stesso comitato di ‘mettere naso’ sul nuovo presidente (ha infatti proposto Fabio Casgnola), sul consulente esterno (l’avvocato Luigi Mattei) e sui prospettati mutamenti di statuto. Un evidente conflitto, non crede? Pare quasi che il controllato voglia continuare ad essere nel contempo il controllore...
Capisco la domanda e capisco anche il senso. Però anche il margine di manovra di un Consiglio di Stato è limitato perché stiamo parlando di un’associazione di diritto privato che ha un’assemblea che è sovrana. Come Stato finanziamo la casa per anziani, attraverso un contratto di prestazione, il centro diurno e il Servizio tiflologico di Unitas attraverso un contributo fisso; inoltre diamo un piccolo contributo attraverso Swisslos per degli aiuti individuali e di consulenza. Sull’associazione, quindi, non abbiamo la possibilità di intervenire perché direttamente non la finanziamo e, soprattutto, perché non abbiamo una base legale. Se avessimo avuto un margine giuridico avremmo anche potuto valutare il commissariamento. A oggi il comitato ha ancora un potere ufficiale, decisionale e giuridico, fino a quando non viene implementata, con la prossima assemblea, la misura che noi abbiamo intimato, ovvero di un ricambio completo del comitato. Per il momento, ribadisco, ha potere di decisione. Il comitato in carica è sfiduciato da diversi soci e dal Cantone per non aver colto i segnali di disagio, per la scarsa attenzione, se non addirittura la banalizzazione, e archiviazione prematura (senza andare a fondo) delle segnalazioni. Però è lì, almeno fino al prossimo rinnovo. Poi capisco che sarebbe stato più semplice se si fosse potuto voltare la pagina di questa brutta storia in tempi più brevi, tutti avremmo preferito schiacciare un bottone e azzerare tutto. Oppure, e ci avrebbe sgravato, invitare chi ha segnalato ad andare dalla magistratura, ma sarebbe stata una presa in giro, considerata la prescrizione. Chiedendo le dimissioni del comitato di un’associazione, il governo si è spinto giuridicamente e politicamente avanti.
Può essere allora considerata ‘un’ingerenza’ la vostra richiesta di dimissioni?
Certo, ed è per questo che spero venga riconosciuto come il Consiglio di Stato abbia preso in mano questa verifica, questo audit, e che sia andato anche oltre alle proprie competenze. È l’assemblea, lo ribadisco, che è sovrana su questa decisione, però noi riprendendo questo audit abbiamo capito che nell’arco di vent’anni ci sono stati dei disfunzionamenti, passività e inadeguatezza su situazioni gravi legate ai casi di molestie sessuali che non devono più accadere, i vari tentativi di segnalazione non hanno ricevuto un adeguato intervento da parte del comitato. Non siamo in grado di dire se siano colpevoli tutti nella stessa misura anche se dall’audit abbiamo potuto capire che un po’ tutti – anche indirettamente – erano responsabili, per passività, superficialità o sottovalutazione delle situazioni e perché non hanno contribuito ad assicurare la necessaria vigilanza e ascolto delle criticità e delle segnalazioni ricevute. È venuto meno il rapporto di fiducia con l’autorità cantonale ma anche all’interno della stessa associazione. Un rinnovo da fare in due tempi, all’assemblea straordinaria di marzo (con le dimissioni del presidente e di tre membri, ndr) e all’assemblea ordinaria di maggio, quando dovranno uscire tutti gli altri. Poi si può sempre dire che non è soddisfacente, che sarebbe stato meglio fare altrimenti; però resta il fatto che siamo davanti a un’associazione di diritto privato.
Ma se non avessero fatto il passo indietro richiesto, cosa sarebbe successo?
A oggi non siamo davanti a questo scenario. Per il momento stanno dando seguito a tutte le indicazioni e misure che abbiamo intimato. Io spero che anche l’assemblea prenda consapevolezza, coscienza della situazione e segua quello che è stato richiesto.
Quali sono precisamente i cambiamenti richiesti inerenti agli statuti?
In particolare la possibilità di garantire la nomina del rappresentante dello Stato (Franco Lazzarotto, ndr) perché oggi i loro statuti non prevedono d’ufficio che la nomina del Cantone sia confermata senza bisogno di passare dall’assemblea. Quello che è successo con l’ultima rappresentante che peraltro non è stata rieletta dall’assemblea di Unitas. Aggiungo una cosa: la giurisprudenza dice che nei casi dove il rappresentante dello Stato non viene confermato, il Cantone può comunque far valere la propria rappresentanza scegliendo fra chi è stato votato dall’assemblea. Capite però che siamo rimasti molto delusi dal fatto che l’assemblea non ha votato la nostra rappresentante, e dunque non saremmo certo andati a scegliere il nostro rappresentante fra quanti scelti da loro, in un clima peraltro di questo tipo. Così abbiamo aspettato a indicarlo solo dopo le conclusioni dell’audit. Mi sento di respingere le accuse di melina. Ad aprile abbiamo ripreso l’audit, la prima versione del rapporto ha visto la luce a fine settembre, poi vi è stata la necessità di vederci più chiaro su alcuni nuovi elementi – come il testamento olografo di una dipendente – e si è giunti al rapporto finale a fine ottobre. In governo, per decidere i necessari provvedimenti, siamo andati a metà novembre. Per cui, tenuto conto della complessità del tema, non abbiamo certo perso tempo. Vorrei concludere questa risposta evidenziando che le modifiche statutarie dovranno poi essere ratificate dalla Federazione svizzera dei ciechi.
Perché accordare al vostro collega Manuele Bertoli la presenza nella discussione su Unitas all’interno del Consiglio di Stato: non era ed è in conflitto di interessi, considerato che è stato direttore e siede ancora all’interno di una fondazione strettamente legata ad Unitas e ai fatti contestati all’ex dirigente? Bertoli vi ha informato di essere stato sentito nel corso dell’audit?
L’articolo 15 del regolamento sull’organizzazione del Consiglio di Stato e dell’Amministrazione definisce i criteri per l’astensione ai dibattiti che è un interesse personale diretto. In questo caso credo sia difficilmente possibile da invocare. Che Bertoli sia stato in passato attivo in Unitas è un dato noto. In termini di opportunità, la questione va posta direttamente a lui.
Quali sono stati i criteri che vi hanno portato, come Consiglio di Stato, a designare Franco Lazzarotto come rappresentante del Cantone nel comitato Unitas?
È una persona che porta esperienza, che conosce bene le dinamiche del settore pubblico, ma anche di quello privato, è una persona di piena fiducia, integra e onesta. Ha anche assunto nell’ambito delle sue funzioni una certa competenza sulla gestione dei conflitti e sulle situazioni di crisi. A oggi abbiamo solo elementi positivi su Lazzarotto. Per cui nelle riflessioni che abbiamo fatto al nostro interno per l’individuazione di un o una papabile nell’assumere un ruolo estremamente delicato in una fase di transizione, che sarà difficile e complicata, dopo peraltro aver selezionato alcune candidature, di cui diverse si sono poi ritirate perché non è facile trovare persone con disponibilità di tempo e consapevoli di trovarsi mediaticamente sotto pressione, siamo arrivati infine a questa scelta.