laR+ IL COMMENTO

Dossier Unitas: rapporto secretato, nebbia in aumento

La mancata pubblicazione, da parte del governo, dell’audit alimenta confusione e sospetti. Ci risiamo: trasparenza inesistente

In sintesi:
  • La non divulgazione, fin qui, del documento ha condizionato la discussione generale in parlamento
  • Le risposte del Consiglio di Stato alle interpellanze bis non hanno consentito di chiarire tutti gli aspetti
  • Intanto altri interrogativi. Per diradare la nebbia sul caso serve forse una Commissione parlamentare d'inchiesta
La discussione c’è stata, ma ci sono ancora aspetti da chiarire
(Ti-Press)
14 febbraio 2023
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C’è un problema di fondo nel dossier Unitas. È la non pubblicazione, perlomeno sin qui, del rapporto di audit da parte di chi ha ufficialmente disposto verifiche approfondite: il Dipartimento sanità e socialità. La mancata conoscenza completa dei contenuti di quel documento, stilato da un’avvocata e un avvocato, incaricati di fare piena luce sulla vicenda delle molestie sessuali in seno all’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana commesse per anni da un proprio ex alto dirigente, ha inevitabilmente condizionato la discussione generale di ieri in Gran Consiglio, spostandola non di rado su temi collaterali, seppur importanti, al caso che investe l’Unitas, ente beneficiario di sussidi statali. Il forte rischio è di alimentare nei cittadini (ulteriore) confusione e sospetti. E ad alimentarli – rendendo inaccessibile il rapporto di audit alla popolazione e a coloro che istituzionalmente la rappresentano, i parlamentari – è il governo.

"La comunicazione può essere migliorata", ha candidamente detto in Gran Consiglio il direttore del Dipartimento Raffaele De Rosa. Siamo d’accordo. La comunicazione del Consiglio di Stato può, anzi deve essere migliorata. Le sue note stampa e le sue risposte (scritte) alle interrogazioni di deputati sull’affaire Unitas non sono state esaustive. Nemmeno le risposte (orali), che hanno innescato la discussione generale, date alle interpellanze bis di Marco Noi dei Verdi e di Matteo Pronzini del Movimento per il socialismo hanno permesso di chiarire tutti gli aspetti sollevati dalle domande dei due granconsiglieri. Fra questi, la partecipazione del titolare del Dipartimento educazione cultura e sport Manuele Bertoli, vicepresidente e direttore dell’associazione prima di venir eletto nell’Esecutivo cantonale, alla seduta nella quale il Consiglio di Stato ha preso atto dei risultati dell’audit. Una presenza quantomeno inopportuna. A maggior ragione, come ha osservato in parlamento Tamara Merlo di Più Donne, dopo essere stato sentito, anche lui, dagli avvocati che hanno svolto gli approfondimenti. Sorprende pure il comportamento, nella circostanza, del governo. Che nulla ha eccepito su quella presenza inopportuna. Altri interrogativi rimangono in sospeso. Emergono dalle dichiarazioni di alcune vittime, raccolte e pubblicate in questi giorni dalla ‘Regione’, che venerdì scorso hanno avuto la possibilità di visionare il rapporto di audit. E secondo le quali il documento sarebbe ‘monco’, poiché il Dipartimento sanità e socialità avrebbe temporeggiato davanti alla richiesta degli autori della perizia di invitare a testimoniare persone informate sui fatti, in prevalenza dipendenti dell’Unitas.

Solo la lettura del rapporto (intero) consentirebbe di capire come stiano effettivamente le cose. Ma il Consiglio di Stato lo ha di fatto secretato. Non lo divulga per tutelare la privacy delle vittime. Prima obiezione: basta anonimizzare i dati personali, come fanno ad esempio i Tribunali della Confederazione quando pubblicano nei rispettivi siti online le motivazioni delle sentenze. La seconda: diverse vittime hanno sollecitato la pubblicazione del documento, ha ricordato in parlamento Angelica Lepori dell’Mps.

Ci risiamo. La trasparenza soprattutto sui dossier politicamente scomodi latita. Si impedisce così ai cittadini di conoscere e di controllare. Di esercitare il diritto di critica. Per diradare la nebbia sul caso Unitas non resta forse che istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta.